Caricature dispregiative di papi e cardinali della Chiesa del Cinquecento. Medaglioni, medaglie e medagliette sarcastiche di cultura luterana

di Alessandro Ubertazzi

Abituati come siamo a considerare l’Europa secondo l’aspetto che oggi manifesta (costituita cioé sostanzialmente dagli Stati che formano la cosiddetta Unione Europea), stentiamo davvero a immaginare e a ricordare come e quanto questa realtà socio-politica si sia progressivamente evoluta nel corso degli ultimi tre millenni.
Nonostante la (o, forse, grazie alla) moltitudine di differenze che essa è riuscita a contemperare e valorizzare, sospinta da una incoercibile capacità di crescere, l’Europa ha virtuosamente saputo far tesoro delle inaudite e talvolta perfino feroci conflittualità che le varie genti hanno localmente espresso, soprattutto invogliate dal denaro e dal potere.
Peraltro, se si prescinde dalla più nota frammentazione della penisola italica in un’ampia ma variabile configurazione di stati relativamente piccoli, la conoscenza di come si poteva presentare l’Europa centrale di cultura germanica fra la fine del 1400 e l’inizio del 1500, è questione che solo pochi storici sono in grado di percepire nella autentica articolazione politico-amministrativa, con gli specifici e differenti equilibri locali.
In quello stesso tormentato periodo storico, la Chiesa d’Occidente esprimeva in Roma dei sovrani che, avvolti da fasti leggendari, impersonavano uno straordinario riferimento ideologico e culturale per la gran parte del mondo allora conosciuto ma, al contempo, manifestavano certamente importanti interessi più terreni che spirituali.
Per la verità, già all’inizio del XIV secolo, Dante aveva stigmatizzato il comportamento di alcuni papi che avevano deviato dalla morale cristiana tanto da averli voluti collocare addirittura all’Inferno; più tardi, lo stesso Gerolamo Savonarola, l’appassionato monaco domenicano fustigatore dei costumi religiosi e censore della decadenza della Chiesa del suo tempo, tanto aveva infastidito il papato e i potenti che fu giustiziato e arso in un rogo a Firenze il 23 maggio 1498 [Figura 1].

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Figura 1. Giovanni delle Corniole (da?), Gerolamo Savonarola, placchetta, bronzo giallastro fuso, patina naturale, mm. 36,85 x 48,3, Firenze, fine del XV – inizio del XVI secolo.
Reca la scritta HIERONYMVS ∙ FERRARIENSIS ∙ ORD[INIS] ∙ PRED[ICATORUM] ∙ PROPHETA ∙ VIR / ET / MARTYR. Antica fusione probabilmente ottenuta da una placchetta originale a sua volta tratta dalla gemma incisa da Giovanni delle Corniole. Inedita (P1.36).

Non può perciò stupire che un intelligente e pervicace monaco agostiniano, Martin Luther, abbia cercato di evidenziare anch’esso alcune vistose incoerenze e devianze del papato e della struttura ufficiale della Chiesa rispetto alla Bibbia e, soprattutto, alla Parola di Cristo.
Egli aveva infatti formulato le sue famose “novantacinque tesi” cioè dei quesiti sostanzialmente finalizzati a discutere i modi con cui Giulio II e Leone X gestivano la Chiesa: il solerte cristiano intendeva così smascherare molte questioni fra le quali, ad esempio, l’aberrazione delle indulgenze rilasciate ai fedeli dietro compenso.
A tali questioni, di carattere sostanzialmente ideologico, la Chiesa ufficiale non seppe o non volle rispondere.
In attesa che il Cattolicesimo reagisse con orgoglio a simili provocazioni, attuando la Controriforma, il disprezzo (non immotivato) per le gerarchie romane e, in particolare, dei papi (che furono apertamente accusati di nefandezze), dilagò.
In quel clima politico fiorirono molteplici iniziative letterarie e vere e proprie, reciproche campagne diffamatorie.
In altri termini, il potere e la scandalosa condotta pubblica e privata dei pontefici, all’arguto monaco sembravano una grave aberrazione che, in verità, si sarebbe forse potuta dirimere affrontando dialetticamente e con adeguata sincerità le sue tesi. In realtà, in modo certamente non disinteressato, la politica dei margravi tedeschi si impadronì della questione sostenendo apertamente il pensiero e le opere di Lutero fino al punto di assecondare, di fatto, l’avvento della Riforma: questo movimento sfociò rapidamente nel Protestantesimo nelle sue diverse e consolidate facce odierne.
A margine del tormentato contesto politico-sociologico-culturale, agli inizi del XVI secolo, nella Germania ormai di matrice luterana, cominciarono a diffondersi medaglioni, medaglie e medagliette sarcastiche e dissacranti che avevano per obiettivo il discredito del papato di Roma e, più in generale, delle corrotte gerarchie ecclesiastiche.
Certamente sulla base di una cultura grafica di indole latina (si vedano, in particolare, i disegni grotteschi di Leonardo) ma indubbiamente stilate secondo il graffiante tratto degli incisori tedeschi (come, ad esempio, quella di Albrecht Dürer), quei curiosi documenti di proselitismo religioso furono declinati secondo alcune differenti tipologie compositive tutte sempre accomunate da una plateale derisione della Chiesa romana.

Su queste medaglie non esiste un’adeguata letteratura mentre sui principali testi di numismatica i riferimenti sono piuttosto scarsi e insufficientemente motivati.
In verità, l’unico saggio che tratta esplicitamente le rappresentazioni sarcastiche nei confronti della Chiesa cattolica in seno alla cultura centro-europea della metà del Cinquecento, risale a Christine Winkler, Die Maske des Bösen; Groteske Physiognomie als Gegenbild des Heiligen und Vollkommenen in der Kunst des 15. und 16. Jahrhunderts, Beiträge zur Kunstwissenschaft, Bd. 8, München, 1986, ISBN 3-9800671-8-1 (nota 1).
Si tratta di un testo sostanzialmente appartenente ai settori disciplinari della storia e della critica letteraria nel quale, infatti, la questione artistica ed espressiva concernente l’oggettistica che rientra nell’argomento è trattata quasi solo sotto il profilo concettuale filosofico-religioso e non in termini medaglistici in senso stretto: in un certo senso, assieme a una buona documentazione di espressioni artistiche varie, la presentazione di molte medaglie cosiddette “a due teste” è così quasi il sottoprodotto di un discorso più ampio, un’esemplificazione utile a circostanziare ulteriormente il fenomeno culturale connesso ai prodromi della riforma di matrice luterana.
Christine Winkler indaga sui significati storici del “buono” e del “cattivo”, del “bello” e del “brutto” e sul significato stesso di tali perentorie oltreché variabili antínomie: essa indaga altresì sulla duplicità e sulla reciprocità, sull’idea di un “mondo alla rovescia” come espressione perfetta di ciò che è irragionevole e irrazionale.
Essa, infatti, sostiene di aver voluto approfondire il «concetto di “brutto” nell’arte del XV e XVI secolo, delle sue giustificazioni iconografiche, storico-religiose e artistiche e delle sue contro-immagini: il sacro, il perfetto. In tal senso, gli scritti originali, che hanno accompagnato nel tempo il cambiamento nella interpretazione del brutto nell’arte pittorica, sono stati esaminati per comprendere le espressioni estetiche in relazione al sacro e al brutto e confrontati con lo studio sui monumenti. In realtà, tali considerazioni sono servite come prerequisito necessario per distinguere tra l’aspetto teologico e la visione artistica che, per quanto riguarda la connessione tra il sacro e il brutto, che si è sviluppato nel periodo umanistico».
La Winkler indaga quindi sull’evoluzione storica del concetto di “diavolo”, nella sua opposizione a Dio: la bruttura è così vista nei confronti della bellezza assoluta che compete, ovviamente, solo a Dio: in tal senso, il brutto rappresenterebbe l’espressione del male.
Non solo per mettere a fuoco il significato di “buffone” ma per ribadire ulteriormente la temperie culturale di una esigenza di maggiore aderenza alla religiosità tradizionale, la Winkler si riferisce poi ampiamente alla “Laus stultitiae” (elogio della follia), pubblicata da Erasmo da Rotterdam nel 1511. Si noti, fra parentesi, che il termine tedesco “Narr”, che ricorre nella trattazione della follia, può essere alternativamente tradotto con “pagliaccio, buffone, matto, folle, stolto, sciocco, stupido”.
La Winkler si concentra poi sull’avvento della “Devotio moderna” (la devozione moderna), il movimento ecclesiastico iniziato nei Paesi Bassi che sosteneva la necessità di una vita spirituale incentrata su Cristo. Tale movimento costituirà, difatti, la matrice culturale dalla quale sarebbe scaturita la “Imitatio Christi” (l’imitazione di Cristo), il famoso testo sulla spiritualità probabilmente stilato in ambito monastico forse dal frate agostiniano Tommaso da Kempis che costituì la più evidente premessa della lotta contro il decadimento religioso delle strutture ecclesiastiche del tempo.
Oltre a circostanziare con molti documenti il contesto artistico umanista che fornì i riferimenti culturali alla rappresentazione delle “figure a due teste”, il saggio della Winkler si diffonde infine ampiamente sullo snaturamento del comportamento dei papi di Roma.
Tutto ciò premesso, le cosiddette “medaglie a due teste”, che nacquero e si diffusero nel centro Europa, costituivano una vera e propria propaganda sarcastica nei confronti di Roma [Figure 2 e 2bis].

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Figura 2. Artefice anonimo, Papa-demonio 666 / cardinale-pagliaccio (ecolesia perversa / sapientes stulti), medaglia, argento fuso, diametro mm. 35,9, prima metà del XVI secolo. Reca sul fronte la scritta ECOLESIA [sic] PERVERSA TENET FACIEM DIABOLI (la chiesa perversa mostra la faccia del diavolo), sul retro la scritta SAPIENTES STVLTI ALIQVANDO (talvolta i saccenti sono stolti); è circondata da una sottile cornice e sopra la tiara del papa a destra si legge 666 (il numero del diavolo), il corno del diavolo è tortile. Sconosciute a Christine Winkler, inedita (M7.4.).

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Figura 2bis. La stessa medaglia capovolta (ruotata di 180°).

La gran parte di queste ormai rare medaglie si caratterizza per il fatto di mostrare, sul fronte, la testa del massimo responsabile della Chiesa Cattolica unita per la bocca e per il collo a quella di un demonio mentre, sul retro, la testa di un vescovo o di un cardinale è unita per la bocca e per il collo a quella di un pagliaccio: esse venivano indossate con l’immagine dei rappresentanti della Chiesa in alto mentre le visioni sarcastiche si comprendevano solo girandole “a testa in giù”.
In altri termini, papi o vescovi erano rappresentati a mezzo busto: ruotati di 180º, però, essi rivelavano rispettivamente la loro vera identità satanica o la loro natura burlesca.
A questo proposito, ritengo utile sottolineare che, se i duplici personaggi sono uniti per la bocca, se cioè una sola bocca fa da cerniera fra le due identità dei personaggi dileggiati, questo fatto costituisce un’indicazione piuttosto chiara della loro doppia mentalità.
Tali medaglie e medagliette, fuse normalmente in bronzo o in ottone, talvolta erano dorate ovvero realizzate direttamente in argento; esse sono state prodotte e riprodotte presso varie botteghe del centro Europa. La consistente produzione di questi oggetti (sicuramente per corrispondere a un vasto mercato) non sempre ha però garantito loro un’adeguata risoluzione fusoria e una conseguente qualità estetica ma, d’altro canto, il gioco derisorio era comunque tanto conosciuto che, evidentemente, bastava un accenno per suscitarlo (nota 2).
Per maggiore completezza sul tema delle figure a due teste e sulla inveterata propensione a manifestare atteggiamenti ostili alla religione ufficiale, colgo questa occasione per mostrare anche un curioso e raro piccolo gruppo scultoreo (appartenente a un collezionista milanese) che, apparentemente, rappresenta la Vergine col Bambino mentre, in realtà, esso nasconde, all’interno, una seconda statuetta di “Papa-diavolo”. Scolpito in avorio, verosimilmente in ambito germanico, esso rientra effettivamente nella tradizione protestante critica nei confronti della Chiesa di Roma [Figura 3].

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Figura 3. Artefice anonimo, Madonna con Bambino con Papa-diavolo all’interno, avorio, altezza mm. 179 (219 compreso basamento), Germania (?), XVII secolo, Milano, collezione privata, inedito.

Mostro altresì la bella medaglia coniata nel 1678 a Londra per ricordare Berry Godfrey (1621-1678), che riprende ancora esplicitamente la formula canzonatoria di matrice protestante [Figura 4 e 4bis] e una medaglietta del 1911, decisamente più tarda, di cultura “mangiapreti” [Figura 5]. Quest’ultima documenta, infatti, come l’anticlericalismo attivo abbia continuato e continui ad esistere non solo per motivi religiosi ma anche con obiettivi politici e ideologici.

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Figura 4. Artefice anonimo, Edmond Berry Godfrey assassinato / Ritratto satirico di un Papa, medaglia sarcastica, artefice anonimo, Londra 1678, argento coniato, diametro mm. 37,8, gr. 29,38. L’intrigante medaglia è stata emessa in occasione dell’assassinio di Edmond Berry Godfrey avvenuto nel 1678 nel pieno dei disordini connessi alle lotte di religione per lo scisma inglese.
Fronte: due mani stanno strangolando Godfrey rappresentato di tre quarti con la testa volta a destra; tutto attorno la scritta MORIENDO · RESTITVIT · REM · E · GODFREY (Edmond Berry, morendo, restituì l’anima).
Retro: due teste sono attaccate per la bocca e per il collo (una quella del Papa e l’altra quella del diavolo); tutto attorno la scritta ECCLESIA · PERVERSA · TENET · FACIEM · DIABOLI (la Chiesa perversa mostra la faccia del demonio), riprende la tipologia “papa-demonio / cardinale-pagliaccio”. Inedita (M7.32).

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Figura 4bis. Retro della medaglia di Figura 4 capovolta (ruotata di 180°).

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Figura 5. Artefice anonimo, L’asino ai suoi amici, medaglia sarcastica, bronzo rossiccio coniato, mm. 24,9 x 28,2 (con appiccagnolo), ambiente piemontese di cultura anticlericale, Torino (?) 1911.
Fronte: uno sgraziato e grasso papa che procede verso destra tenendo con fatica una cima; dietro di lui si vede un corvo; sotto l’esergo, si legge la scritta NEL XX ANNIVERSARIO / L’ASINO / AI SUOI AMICI / 1911.
Retro: il papa (al quale è caduta di testa la tiara) ruzzola per terra a seguito del calcio ricevuto dall’asino; a destra, dietro all’animale che scalcia, si nota un prelato intento a tenere l’asino per la cima, inedita (M7.33).

Personalmente ritengo che la presentazione del corpus di esemplari, che ho raccolto in questi anni attingendo soprattutto al mercato antiquario e al sistema delle aste, costituisca di fatto l’occasione per condividere argomenti che interessano i collezionisti e soprattutto per documentare un aspetto curioso e significativo della storia della cultura europea. In questo senso, se è vero che, a Roma, il Rinascimento regalava al mondo intero i suoi insuperabili capolavori artistici deviando però spesso da una dimensione religiosa universalmente condivisibile, nel centro Europa si ponevano le basi per una rinnovata etica sociale che induce il più alto rappresentante della Chiesa cattolica a promulgare oggi il fondamentale testo sulle oggettive problematiche dell’ambiente umano.
In realtà, il contesto umano progredisce sistematicamente nella dialettica anche beffarda delle vicende quotidiane e, di fronte al rischio di una incombente folata di oscurantismo, la cristianità, ancora oggi troppo suddivisa, dovrà ricompattarsi proprio sull’essenza dei suoi presupposti evangelici fondamentali; in tal senso, non mi stupirò se, un giorno relativamente vicino, lo stesso Martin Lutero verrà considerato anche dai cattolici alla stregua dei sinceri e illuminati dottori della Chiesa.

NOTE

[1] La versione italiana delle prime 63 pagine del saggio di Christine Winkler, curata da Alessandro Ubertazzi col titolo La maschera del male; la fisionomia grottesca come contro-immagine del sacro e del perfetto nell’arte del XV e XVI secolo, è disponibile on line sul sito democo.it [Vedi].

[2] Tutte le medaglie che compongono la collezione dell’autore (M7.1 – M7.31) sono riprodotte in pdf [Vedi].

N.B.
Il numero indicato accanto nelle didascalie relative alla placchetta e alle medaglie, nell’articolo e nel pdf di cui alla nota 2, corrisponde alla loro posizione in seno all’archivio della collezione Ubertazzi.


Giugno 2021

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