Una pace per il Vescovo di Monopoli

di Jeremy Warren

Original english version here belowe

Negli studi sulle placchette, le paci sono da tempo riconosciute come uno degli scopi funzionali più importanti per le placchette con soggetti devozionali. In effetti, è probabile che molte di quelle che compaiono all’interno di paci incorniciate fossero progettate a questo scopo, un esempio eccellente è la nota composizione del Moderno raffigurante il Cristo morto a mezzo busto, sorretto dalla Vergine e da San Giovanni e talvolta accompagnato da un bambino. La versione più pregiata e importante sopravvissuta è quella in argento conservata nel Museo Diocesano di Mantova, incastonata in una sontuosa cornice architettonica smaltata e madreperlata, commissionata da Sigismondo Gonzaga e datata 1513 [Figura 1], mentre esistono almeno altre due versioni in argento montate in paci che si ritiene risalgano al XVI secolo.

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Figura 1. Moderno (Galeazzo Mondella), Pace per il Cardinale Sigismondo Gonzaga, argento, 1513, Mantova, Museo Diocesano.

La pace, o osculatorium, ha storicamente svolto un ruolo importante nella cerimonia della Messa nella chiesa cattolica romana, come mezzo attraverso il quale il bacio della pace può essere trasmesso tra il sacerdote e la sua congregazione. Dopo che il sacerdote ha baciato l’immagine sulla pace, questa viene passata prima ai suoi concelebranti e poi alla congregazione, e ogni persona a cui viene passata bacia a sua volta l’immagine sulla fronte. Alcuni modelli di pace rinascimentali si sono dimostrati sorprendentemente longevi. Tra questi, il Cristo morto tra la Vergine e San Giovanni di Moderno che, come ha dimostrato Alessandro Ubertazzi, appare entro una cornice in stile rinascimentale in un catalogo di inizio Novecento pubblicato solo nel 1910 dai fornitori milanesi di arredi sacri Fratelli Bertarelli (nota 1).
Non sorprende quindi che datare singoli esemplari di pace possa essere un’impresa difficile e rischiosa. Fortunatamente, occasionalmente si trovano paci con iscrizioni o decorazioni sul retro, che spesso è lasciato in bianco e quindi offre ampio spazio. Una pace con la Crocifissione in una collezione privata reca la data 1509 incisa sul retro [Figura 2].

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Figure 2 e 2b. Italia del Nord, Pace con la Crocifissione, bronzo, 1509, collezione privata.

Sebbene un’iscrizione incisa non ci dica ovviamente quando un oggetto fu effettivamente realizzato, lo stile di questa pace corrisponde bene a una datazione dell’inizio del XVI secolo. La pace presenta due iscrizioni incise su strisce di niello applicate in alto e in basso: PAX-HV(I)C-DOMUI-ET-OMNES-HABIT e ADORAMUS*TE*CRIST* E/E*B, dove le ultime E e B potrebbero essere le iniziali del primo proprietario, oggi sconosciuto. Questa particolare pace è ancora più interessante in quanto il rilievo della Crocifissione è fissato alla superficie tramite una linguetta e può essere rimosso [Figure 2b e 2c].

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Figure 2b e 2c. La pace di Figura 2 smontata nei suoi componenti.

Diverse sono le possibili ragioni per cui ciò potrebbe essere stato fatto. Avrebbe potuto permettere al proprietario di variare il soggetto esposto ai fedeli sul fronte della pace; avrebbe anche permesso al creatore di questo particolare modello di pace di offrire ai potenziali clienti immagini diverse. Ma forse la soluzione più probabile risiede nelle scanalature che corrono lungo il retro, realizzate per alloggiare un’impugnatura oggi perduta, che sarebbe stata tenuta ferma con un piolo attraverso il foro della linguetta. In questo modo la pace poteva essere facilmente montata o smontata, forse per facilitarne l’imballaggio in vista del viaggio.
Alcune paci recano stemmi o iscrizioni che possono aiutare a collegare un particolare esemplare a un individuo e alla sua vita. Tra le più note c’è la pace del British Museum [Figura 3], la cui l’immagine principale è la nota placchetta raffigurante la Vergine col Bambino davanti a una nicchia a conchiglia, generalmente considerata l’invenzione di un artista della cerchia di Donatello, forse Michelozzo di Bartolomeo (1396-1472).

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Figura 3. Italia, Pace per il vescovo Marino Tomacelli, circa 1490-1510, Londra, British Museum. © The Trustees of the British Museum. Licenza condivisa con Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International (CC BY-NC-SA 4.0).

Il modello risale quasi certamente agli anni Trenta del Quattrocento, ma la versione della placchetta presso il British Museo è fusa integralmente con una semplice cornice a timpano, con uno stemma in basso. Sul retro sono incisi lo stemma e il nome di Marino Tomacelli, vescovo di Cassano all’Ionio nell’Italia meridionale dal 1491 fino alla sua morte nel 1519. L’iscrizione MARINUS + THOMACELLUS + EPS. CASSAN conferma che il calco fu realizzato per Marino e non per Niccolò, presumibilmente suo fratello, vescovo di Cassano dal 1485 fino alla sua morte nel 1490 (Vedi). La pace fu quindi realizzata durante i tre decenni in cui Tomacelli fu vescovo prima della sua morte per avvelenamento nel 1519. Il modello doveva essere considerato piuttosto antiquato intorno al 1500, ma lo stesso si potrebbe dire per la pace del 1509.
In effetti, il conservatorismo stilistico sembra essere una caratteristica di molte paci, come possiamo vedere in un’altra pace realizzata per un vescovo dell’Italia meridionale [Figura 4], recentemente venduta dalla collezione del collezionista parigino Alain Edrei (1931-2021).

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Figura 4. Italia, Pace per il vescovo Ottaviano Preconio, circa 1546-1561, collezione privata.

Si tratta di una versione di pace nota attraverso due versioni in collezioni francesi, conservate al Museo del Louvre (nota 3) e al Museo Nazionale del Rinascimento di Écouen, recentemente catalogata da Bertrand Bergbauer come opera dell’Italia settentrionale del 1500 circa (nota 4).
La composizione è una Pietà, con il Cristo a mezzo busto, posto entro un sarcofago, affiancato dalla Vergine Maria e da San Giovanni. Dietro Cristo si erge la Croce, sopra la quale è stata appesa la Corona di Spine. La funzione della pace è fortemente sottolineata dall’iscrizione PAX VOBIS.
Il soggetto è pressoché identico a quello della Pietà del Moderno, ma lo stile è arcaico al confronto, tanto più se si considera l’iscrizione sul retro che la versione Edrei della pace potrebbe essere stata realizzata addirittura verso la metà del XVI secolo. L’iscrizione, .FR. / OCTAVIANVS / PRAECONIVS . EPS . MONOPS, ci informa che il suo proprietario fu un certo Ottaviano Preconio (1502-1568), nato nel 1502 a Castroreale in Sicilia. Ordinato sacerdote nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, un ramo dell’ordine francescano, Preconio fu Ministro Provinciale del suo Ordine in Sicilia tra il 1534 e il 1537, e di nuovo dal 1541 al 1544. Fu nominato Vescovo della città pugliese di Monopoli da Papa Paolo III il 16 aprile 1546, incarico che ricoprì fino al 13 giugno 1561, quando fu nominato per un breve periodo Vescovo di Ariano. Il 18 marzo 1562 fu nominato Arcivescovo di Palermo da Papa Pio IV e morì a Palermo il 18 agosto 1568.
Preconio godeva della fama di predicatore di spicco e nel 1551-1552 partecipò alle sessioni del Concilio di Trento. Fu attivo come Vescovo a Monopoli costruendo il Palazzo Vescovile e contribuendo alla ricostruzione della Chiesa di San Francesco d’Assisi. Ulteriori ricerche preliminari suggeriscono che Preconio fosse ben istruito e anche ben introdotto, come dimostra una serie di lettere nella Biblioteca Nazionale di Spagna, che coprono gli anni 1548-1558, inviate dal vescovo Ottaviano ad Antoine Perrenot de Granvelle (1517-1586), Segretario di Stato del Sacro Romano Imperatore Carlo V, i cui vasti domini comprendevano l’Italia meridionale e Monopoli. Sappiamo anche che nella sua biblioteca personale Preconio possedeva libri di Erasmo. Nel 1563 Ottaviano Preconio fu il dedicatario di un libro che, forse un po’ sorprendentemente, non era un testo religioso. Si trattava invece del De morbo galllico, un trattato sulla prevenzione e la lotta contro la sifilide, scritto dal celebre anatomista Gabriele Falloppio (1523-1562), allora da poco scomparso, il cui nome sopravvive ancora oggi nelle tube di Falloppio e in altre parti dell’anatomia umana. Non è chiaro come un anatomista dell’Università di Padova potesse apparentemente conoscere così bene un ecclesiastico dell’Italia meridionale. Tuttavia, da giovane Falloppio era stato ordinato sacerdote prima di scegliere di studiare medicina.
Pur essendo potente nella sua immediatezza, questa pace deve essere considerata estremamente arcaica per un oggetto realizzato a metà del XVI secolo. È certamente lontana anni luce dalle sofisticate opere d’arte commissionate dal cardinale Granvelle ad artisti come lo scultore imperiale Leone Leoni. Ma la pace ci ricorda che esistevano mercati secondari al di là delle élite internazionali. Forse riflette anche i gusti più semplici di un uomo che, per quanto ne sappiamo, rimase orgoglioso della sua appartenenza all’Ordine francescano e fedele ai voti di povertà che aveva pronunciato. È possibile che la pace sia stata realizzata nell’Italia meridionale e quindi essere il prodotto di una bottega provinciale? È difficile dirlo e, naturalmente, potrebbe aver avuto origine in un altro centro, Roma ovviamente, o forse anche Trento, durante la partecipazione di Preconio al Concilio.

NOTE

[1] A proposito di un gruppo di paci derivanti dalla Pietà del Moderno (aprile 2018) [Leggi ].

[2] Renaissance Plaquettes and Paxes. The Alain Edrei Collection, Morton and Eden, London, 20 April 2023, lot 141.

[3] Inv. OA 3034, dal lascito del barone Charles Davillier.  Più recentemente, Philippe Malgouyres, De Filarete à Riccio. Bronzes italiens de la Renaissance (1430-1550). La collection du Musée du Louvre, Parigi 2020, p. 381, n. 311.

[4] Inv. Cl. 19999.  Bertrand Bergbauer, Images en Relief. La collection des plaquettes du Musée National de la Renaissance, Parigi 2006, n. 42.

Maggio 2025

© Riproduzione riservata

Pax for the Bishop of Monopoli

by Jeremy Warren

Paxes have long been acknowledged in plaquette studies as one of the more important functional purposes for plaquettes with devotional subjects.  Indeed, it is likely that many of those plaquettes that appear within framed paxes were designed for this purpose, an excellent example being Moderno’s well-known half-length composition of the Dead Christ  at half length, supported by the Virgin and Saint John and sometimes accompanied by a small boy.  The finest and most important surviving version is the one in silver in the Museo Diocesano in Mantua, set within a sumptuous enamelled and mother-of-pearl architectural surround, commissioned by Sigismondo Gonzaga and dated 1513 (Fig. 1), whilst there are at least two more silver versions mounted in paxes with a claim to date from the sixteenth century.
The pax, or osculatorium, has historically played an important role in the ceremony of the Mass in the Roman Catholic church, as a means by which the kiss of peace may be transmitted between the priest and his congregation.  After the priest has kissed the image on the pax, it is passed firstly to his acolytes and then to the congregation, each person to whom it passes likewise kissing the image on the front.  Some Renaissance pax designs have proved astonishingly long-lived.  These include Moderno’s Dead Christ between the Virgin and Saint John which, as Alessandro Ubertazzi has shown, appears within a Renaissance-style frame in an early-twentieth-century catalogue published as recently as 1910 by the Milanese suppliers of church furnishings, Fratelli Bertarelli (1).
It is hardly surprising therefore that dating individual examples of paxes can be a difficult and hazardous business.  Fortunately, paxes can occasionally be found with inscriptions or makings on their backs – which are often left plain and so have plenty of space.  A pax with the Crucifixion in a private collection has the date 1509 incised into the back (Figs. 2 e 2a).  Whilst an incised inscription does not of course tell us when an object was actually made, the style of this pax matches well with a date early in the sixteenth century.  The pax has two engraved inscriptions on niello strips attached top and bottom: PAX-HV(I)C-DOMUI-ET-OMNES-HABIT and ADORAMUS*TE*CRIST* E/E*B, the final E and B possibly the initials of the now unknown first owner.  This particular pax is even more interesting in that the relief of the Crucifixion is fixed into the surface by means of a tang and can be removed (Figs. 2b e 2c).  There are various possible reasons why this might have been done.  It could have permitted an owner to vary the subject displayed to congregations on the front of the pax; it would also have allowed the maker of this particular model of pax to offer prospective customers different images.  But perhaps the most likely solution lies in the grooved channels running up the reverse, made to slot in a now lost handle, which would have been held firm with a peg through the hole in the tang.  In this way the pax could be easily assembled or dis-assembled, perhaps for ease of packing for travel.
A few paxes bear coats-of-arms or inscriptions which can help to date a particular example to an individual and his lifetime.   Among the best-known of these is the pax in the British Museum (Fig. 3), on which the principal image is the well-known plaquette depicting the Virgin and Child before a shell niche, generally considered to be the invention of an artist working in the circle of Donatello, perhaps Michelozzo di Bartolomeo (1396-1472). The design almost certainly originated in the 1430s, but the BM version of the plaquette is integrally cast with a simple pedimented frame, with a coat-of-arms at bottom.  On the back are engraved the arms and the name of Marino Tomacelli, who served as Bishop of Cassano all’Ionio in southern Italy from 1491 until his death in 1519.  The inscription MARINUS + THOMACELLUS + EPS. CASSAN confirms that the cast was made for Marino rather than Niccolò, presumably his brother, who served as Bishop of Cassano from 1485 until his death in 1490 (See).  The pax was therefore made sometime during the three decades that Tomacelli served as Bishop before his death by poisoning in 1519. The design must by the years around 1500 have been considered quite old-fashioned, but the same could be said for the 1509 pax.
In fact, stylistic conservatism seems to be a feature of many paxes, as we can see in another pax made for a southern Italian Bishop (Fig. 4), recently sold from the collection of the Parisian collector Alain Edrei (1931-2021) (2).
This was a version of a pax known through two versions in French collections, in the Musée du Louvre (3) and the Musée National de la Renaissance, Écouen, recently catalogued by Bertrand Bergbauer as North Italian work from around 1500 (4). The composition is a Pietà, with the half-length figure of Christ, placed within a sarcophagus, flanked by the Virgin Mary and Saint John.  Behind Christ stands the Cross, over which has been looped the Crown of Thorns.  The function of the pax is strongly emphasised through its inscription, PAX VOBIS.  The subject is more or less identical to that in Moderno’s Pietà, but the style is archaic in comparison, all the more so when we realize from the inscription on its back that the Edrei version of the pax may have been made as late as around the middle of the sixteenth century.  The inscription, .FR. / OCTAVIANVS / PRAECONIVS . EPS . MONOPS, tells us that its owner was one Ottaviano Preconio (1502-1568), born in 1502 in Castroreale in Sicily. Ordained a priest in the Order of Friars Minor Conventual, a branch of the Franciscan order, Preconio was Provincial Minister for his Order in Sicily between 1534 and 1537, and again 1541-1544.  He was named Bishop of the Apulian city of Monopoli by Pope Paul III on 16 April 1546, serving in this post until 13 June 1561, when he was briefly appointed as Bishop of Ariano.  On 18 March 1562, he was made Archbishop of Palermo by Pope Pius IV and he died in post in Palermo, on 18 August 1568.  Preconio had a reputation as an outstanding preacher and in 1551-52 attended sessions of the Council of Trent.   He was active as Bishop in Monopoli, building the Bishops’ Palace and instrumental in the rebuilding of the Church of San Francesco d’Assisi.  Further preliminary research suggests that Preconio was well-educated and also well-connected, evidence for this a series of letters covering the years 1548-58 in the National Library of Spain from Bishop Ottaviano to Antoine Perrenot de Granvelle (1517-1586), Secretary of State to the Holy Roman Emperor Charles V, whose vast domains encompassed Southern Italy and Monopoli.
We also know that in his personal library Preconio had books by Erasmus.  In 1563 Ottaviano Preconio was the dedicatee of a book which, slightly surprisingly perhaps, was not a religious text.  It was instead De morbo galllico, a treatise on the prevention and combatting of syphilis, written by the celebrated and then only recently-deceased anatomist Gabriele Falloppio (1523-1562), whose name survives to this day in the Fallopian tubes and other parts of the human anatomy.   Quite how an anatomist at the University of Padua should seemingly have been quite closely acquainted with a churchman in southern Italy is unclear.  However, as a young man Falloppio had first been ordained as a priest before opting to study medicine.
Whilst powerful in its directness, this pax must be regarded as extremely archaic for an object made in the mid-sixteenth century.  It is certainly a world away from the sophisticated works of art being commissioned by Cardinal Granvelle from artists such as the Imperial sculptor Leone Leoni.  But the pax reminds us that there were secondary markets beyond the international elites.  Perhaps it also reflects the simpler tastes of a man who, so far as we know, remained proud of his membership of the Franciscan Order and faithful to the vows of poverty he had taken.  Could the pax have been made in southern Italy and therefore be a product of a provincial workshop?  This is difficult to say and, of course, it could have originated in another centre, Rome of course, or even perhaps Trent, during Preconio’s attendance at the Council.

ENDNOTES

[1] A proposito di un gruppo di paci derivanti dalla Pietà del Moderno (aprile 2018) [Read].

[2]

Renaissance Plaquettes and Paxes. The Alain Edrei Collection, Morton and Eden, London, 20 April 2023, lot 141.

[3] Inv. OA 3034, from the bequest of Baron Charles Davillier. Most recently, Philippe Malgouyres, De Filarete à Riccio. Bronzes italiens de la Renaissance (1430-1550). La collection du Musée du Louvre, Paris 2020, p. 381, no. 311.

[4] Inv. Cl. 19999.  Bertrand Bergbauer, Images en Relief. La collection des plaquettes du Musée National de la Renaissance, Paris 2006, no. 42.

FIGURES

Fig. 1
Moderno (Galeazzo Mondella), Pax for Cardinal Sigismondo Gonzaga, 1513.  Mantua, Museo Diocesano.

Figs . 2 e 2a
North Italian, Pax with the Crucifixion, 1509.  Private Collection

Figs. 2b e 2c
The pax components disassembled.

Fig. 3
Italian, Pax for Bishop Marino Tomacelli, c. 1490-1510.  London, British Museum. © The Trustees of the British Museum. Shared under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International (CC BY-NC-SA 4.0) licence.

Fig. 4
Italian, Pax for Bishop Ottaviano Preconio, c. 1546-61. Private Collection.

Maggio 2025

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