Placchetta nota come l’Allegoria della Musica

di Luigi Athos Buttazzoni

Già pubblicata da Èmile Molinier nel 1886 come Allegoria della Musica di anonimo italiano degli inizi del XVI secolo, questa affascinante placchetta [Figura 1] è stata magistralmente studiata in diverse occasioni.

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Figura 1. Antonio Lombardo (ambito di), Apollo inventore della musica, fusione in bronzo con patina marrone forata in alto e con un foro in basso sul retro non passante, mm. 115,55 x 71,55, Venezia, fine XV inizio XVI secolo, collezione dell’autore.

L’ultimo contributo organico in ordine di tempo è di Jeremy Warren che attribuisce la placchetta a un artefice dell’Italia settentrionale, facendo notare, come già John Pope Hennessy (Pope-Hennessy 1965 p. 95 n. 356, fig. 296), una forte somiglianza con una figura presente nella placchetta col Trionfo di Nettuno [Figura 2] attribuita ad Alessandro Leopardi (Venezia circa 1465-1523), al punto da ritenere che le due placchette potrebbero essere uscite dalla stessa bottega (Warren 2014, vol. III, pp. 932-933 n. 395).

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Figura 2. Alessandro Leopardi, Trionfo di Nettuno, bronzo, diametro mm. 216 circa, Parigi, Museo del Louvre.

Francesco Rossi a proposito dell’esemplare della Collezione Scaglia, la colloca a Venezia nell’ambiente di Antonio Lombardo (1458-1516) (Rossi 2011 p. 115-117 n. III.11 tav. XVIII), proposta qui accolta. Propende, invece, per un’attribuzione alla cerchia del Riccio (1470-1532) Walter Cupperi al quale va il merito di aver suggerito l’identificazione del soggetto in Apollo inventore della musica (Cupperi 2005, p. 204 n. 230).
La maggior parte degli autori concorda sul fatto che l’impianto classico della figura sia derivato da un’incisione di Andrea Mantegna (1431-1506) dal titolo Baccanale con un tino, adattata alla tematica diversa della placchetta [Figura 3].

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Figura 3. Andrea Mantegna, Baccanale con un tino, incisione, cm. 29,9 x 43,7, New York, Metropolitan Museum, inv. n. 1986.1159.

Ma, soprattutto, è pressoché una unanime il consenso attorno a una datazione tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo.
Una voce critica a riguardo è quella di Mike Riddick il quale, nel commentare la vendita della collezione Edrei presso Morton & Eden a Londra il 20 aprile 2023 [Leggi], ha avanzato l’ipotesi che l’autore di una placchetta uguale alla nostra (lotto 77) possa essersi ispirato a un rilievo in lapislazzulo con Apollo e Calliope, databile tra il XVI o XVII secolo, transitato più volte sul mercato [Figura 4].

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Figura 4. Apollo e Calliope, lapislazzulo cm. 21 x 15, definito Italia XVII secolo, Kohn febbraio 2020.

Grazie alla scheda di Francesco Rossi (op. cit.), mi è stato possibile ricostruire i vari passaggi della placchetta prima di approdare nella collezione dello scrivente. Il primo è stato nella collezione Bardini a Firenze all’inizio del XX secolo. Una partenza fiorentina con una successiva lunga permanenza a Londra. In ogni caso la placchetta è appartenuta anche a Thomas Humphrey Paget che di mestiere disegnava e faceva coniare e fondere monete e medaglie per la Royal Mint – sue le effigi di Edoardo VIII principe di Galles e di Giorgio VI nel 1937 – quindi era senz’altro qualificato per verificare l’autenticità di un’antica fusione. Acquistai la placchetta all’asta londinese Bonhams della collezione Adams il 23 maggio 1996 (lotto n. 114), anche se si presentava con una patina nera di gusto ottocentesco poco rassicurante, rivelatasi colore a tempera e asportata con un semplice panno umido.
È anche curioso osservare che la placchetta in esame compare in quasi tutte le collezioni note e sempre con esemplari belli come questo e, più o meno, con la stessa dimensione (115,5 x 71,5); le piccole differenze dipendono probabilmente dal misuratore più o meno pignolo.
Inoltre, l’Apollo è un compendio miniaturizzato di tutte le rappresentazioni di bellezza virile del Rinascimento.
Alla luce di tutto quanto precede è lecito domandarsi: è l’opera di uno straordinario scultore contemporaneo dei grandi artisti dell’epoca o la visione postuma di un raffinato e colto imitatore dell’Ottocento che ha saputo condensare in pochi centimetri un ideale di bellezza classica che ogni collezionista di placchette ha voluto possedere?
Un’ultima considerazione in proposito: la placchetta ha sempre realizzato in asta risultati piuttosto modesti, circostanza che pensavo dipendesse dai tanti esemplari in circolazione. Ripensandoci credo che la placchetta sia sempre stata accompagnata da un certo sospetto da parte di tanti collezionisti.

Bibliografia
-E. Molinier, Les bronzes de la Renaissance. Les plaquettes, catalogue raisonné, 2 volumi, Parigi 1886.
-J. Pope-Hennessy, Renaissance bronzes from the Samule H. Kress Collections. Relief, plaquettes, utensils and mortars, Phaidon, Londra 1965 (PDF).
-W. Cupperi in AAVV, Pinacoteca Civica di Vicenza. Scultura e arti applicate dal XIV al XVIII secolo, Musei Civici Vicenza, Catalogo Scientifico delle Collezioni III, 2005.
-F. Rossi, La collezione Mario Scaglia. Placchette, Lubrina, Bergamo 2011.
-J. Warren, Medieval and Renaissance Sculpture. A Catalogue of the Collection in the Ashmolean Museum, Plaquettes, vol. 3. Ashmolean Museum Publications, Oxford 2014.
-M. Riddick, Commentary on the sale of Alain Edrei’s Collection, renbronze.com, 24.4.2023.

Maggio 2025

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