Busto femminile (Afrodite?): marmo romano o manufatto d’epoca moderna? Un approccio empirico

della Redazione di Antiqua

Tutto ha avuto inizio con l’invio di alcune immagini relative a un busto femminile [Figura 1].

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Figura 1. Busto femminile, marmo, collezione privata.

L’esame della statuaria in marmo, soprattutto di quella antica, è una questione molto complessa che si basa su una serie di valutazioni sia stilistiche, sia tecniche.
Senza alcuna pretesa di sostituirsi agli esperti in materia, quali purtroppo non siamo, abbiamo tentato di sviluppare un ragionamento logico allo scopo di fornire alcuni strumenti di approccio preliminare al problema di stabilire l’epoca di un’opera del genere.
La prima impressione è che non si trattasse di una scultura d’epoca romana, come ci era stata presentata, bensì di una scultura ottocentesca di gusto neoclassico.
Sicuramente ottocentesca è la base su cui poggia. Si pensava che le sbrecciature all’attacco delle braccia fossero state create per dare la suggestione del reperto archeologico, non così la frattura ricomposta del collo, probabilmente frutto di un restauro.
Soprattutto però, ci si basava sulla convinzione, poi rivelatasi del tutto errata, che l’impostazione a mezzo busto con il retro incavato fosse un’idea tarda, incompatibile con la statuaria classica.
Successivamente, è stato possibile acquisire alcuni autorevoli pareri secondo i quali tutte le sculture romane hanno il retro scavato; quelle piene costituiscono un’eccezione, a meno che non si tratti di erme.
Viene quindi confermata la correttezza della datazione al II secolo d.C., a parte alcune integrazioni di restauro (naso), di un busto femminile che si conserva nella Collezione Cagnola di Gazzada (Va), per il quale si erano nutriti dei dubbi [Figura 2].

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Figura 2. Busto femminile, marmo, II sec. d.C., Gazzada (Va), Collezione Cagnola, inv. SC.01.

Mostriamo ora due busti femminili che sono stati sottoposti abbastanza di recente a restauro.
Il primo restauro, curato dai restauratori della soprintendenza, Francesco Lia e Anna Arcudi, coordinati dal funzionario archeologo Andrea Gennaro, ha riguardato un busto della fine del II secolo (180-187 circa), acquisito nel dicembre 2021 dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia [Figura 3].
Il secondo, eseguito da Cincotto Arte (Venezia), ha interessato un busto femminile denominato Giulia Mamea, risalente alla fine del II- inizi del III secolo d.C., conservato a Venezia presso il Museo Archeologico [Figura 4].

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Figura 3. Busto femminile (Crispina), marmo, fine II sec. d.C., Soprintendenza Reggio Calabria e Vibo Valentia.

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Figura 4. Busto femminile (Giulia Mamea), marmo, II-III sec. d.C., Venezia, Museo Archeologico.

Riprendendo il busto di Figura 1, vediamo raffigurata una giovane a seno scoperto, probabilmente una dea, Venere o Diana, oppure una ninfa o altro personaggio mitologico.
In ogni caso, a meno che non si tratti dell’improbabile ritratto di una prostituta, esso non rientra nei ritratti femminili di cui abbiamo appena fornito due esempi, riferiti a membri delle famiglie imperiali o a matrone dell’aristocrazia romana, rigorosamente vestite.
È abbastanza diffusa l’errato convincimento che le statue delle divinità fossero solo a figura intera e che i busti riguardassero solo ritratti di famiglia, fosse anche la famiglia imperiale con l’imperatrice talvolta raffigurata nei panni di una dea.
In realtà, abbiamo diversi esempi di busti romani, spesso copie di originali greci, raffiguranti delle divinità come quella di Demetra-Cerere [Figura 5] oppure di Era-Giunone [Figura 6].

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Figura 4. Busto di Demetra, marmo h cm. 70, Roma, Galleria Borghese inv. CCLVII.

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Figura 5. Busto di Era (detta Juno Pentini), marmo, Musei Vaticani, Museo Chiaromonti, Braccio Nuovo.

Per quanto riguarda l’esibizione del seno nudo, il busto di Demetra lascia poco spazio all’immaginazione, tuttavia i seni sono velati. Un seno nudo compare in un busto femminile, che potrebbe raffigurare Afrodite-Venere, oppure un’Amazzone [Figura 6].

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Figura 6. Busto femminile (Afrodite?), marmo, fine I sec. d. C., h. cm. 67, Mantova, Palazzo Ducale, Museo Accademia Belle Arti (la scultura è composita, testa e busto provengono da statue diverse anche se pressoché coeve).

Giunti a questo punto, non abbiamo argomenti di carattere storico, filologico o materiale per escludere che il busto femminile di Figura 1 sia di epoca romana: è scavato sul retro e raffigura una giovane donna a petto scoperto, divinità o ninfa, compatibile con alcuni soggetti della statuaria classica.
Tuttavia, il nostro busto sembra stilisticamente più prossimo all’interpretazione data all’antico nei secoli successivi, per diversi motivi. L’esibizione del seno nudo non manca certamente nelle raffigurazioni di Venere nella statuaria classica, ma nei busti si nota, in genere, una maggior castigatezza; inoltre, il tipo di acconciatura e la resa dei capelli non trovano, almeno in apparenza, confronti nei marmi romani antichi e, infine, si nota una certa levigatezza delle superfici rispetto alla “scabrosità” che si riscontra in antico.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, ciò dipende molto dal tipo di materiale usato, se marmo o pietra, oltre che dallo stato di conservazione. In genere, però, le sculture “tarde”, dal tardo Rinascimento in poi si riconoscono per una maggiore nitidezza e trasparenza.
Si veda, in proposito, un busto identificato come un ritratto di Artemide-Diana transitato sul mercato antiquario con una datazione al XVIII secolo [Figura 7].

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Figura 7. Busto di Diana, marmo, h. cm. 76, XVIII secolo, marcato antiquario.

Nessuno, anche a prima vista, potrebbe avere il dubbio che si possa trattare di un marmo di epoca romana. Basandoci sulla stessa prima impressione, troviamo nel busto di Figura 1 una certa impronta di “modernità” che ci induce a ritenere anch’esso un manufatto settecentesco.
Potremmo ottenere ulteriori conferme, analizzando come la scultura ottocentesca abbia elaborato gli stessi soggetti, secondo una linea stilistica che pare definitivamente tracciata [Figure 8 e 9].

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Figura 8. Harriet Goodhue Hosmer (1830-1908), Dafne, marmo, h. cm. 70, 1853-1854, New York, Metropolitan Museum, inv. 1973.133.

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Figura 9. Hiram Powers (-1837), Clizia (Clytie), marmo, h. cm. 66, 1867, ca. Washington, Smithsonian American Art Museum, inv. 1968.155.50.

Conclusione
Per orientarci in modo preliminare all’interno di una materia “insidiosa” come la scultura di soggetto classico, in assenza o in previsione di pareri resi da esperti, abbiamo messo a punto un percorso di tipo esplorativo, ponendo varie questioni e procedendo, talvolta, per esclusione.
Lo scopo era quello di determinare l’epoca di un busto femminile a seno scoperto.
In questo caso, non è stato possibile ottenere risultati decisivi sul piano dell’analisi materiale dell’oggetto, ossia delle tecniche realizzative, né sul piano filologico, con riferimento alla coerenza del soggetto rappresentato rispetto a quanto prodotto in epoca romana. Solo attraverso l’analisi stilistica e il confronto con manufatti di varie epoche, è stato possibile accostare il nostro busto a opere realizzate dal XVIII secolo in poi reinterpretando la statuaria più antica.


Tra i molti esperti consultati si ringrazia, in particolare, l’antiquario Walter Padovani di Milano.

Febbraio 2023
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