Cammeo con scena di battaglia attribuito al Moderno

di Attilio Troncavini (*)

Nel febbraio 2019 ho scritto su Antiqua, senza firmarlo, un articolo dal titolo Una fonte da o per il Moderno in cui si partiva dall’illustrazione di una pietra incisa raffigurante una scena di battaglia [Figura 1] tratta dal volume La Mytologie dans l’artancien et emoderne di René Menard (1878).

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Figura 1. Una battaglia (da una pietra incisa), in Mènard René, La Mytologie dans l’art ancien et moderne, Librairie Ch. Delagrave, Paris 1878, p. 792 fig. 770.

Giungevo alla conclusione che doveva trattarsi di una pietra eseguita tra Sette e Ottocento traendo spunto da alcune placchette eseguite tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento dall’orafo veronese noto come il Moderno.
Rimando all’articolo nella sua interezza [Leggi] per le ragioni che avevano condotto a questa conclusione, riassumibili nel fatto che il volume del 1878 sopra citato non specificava trattarsi di una pietra “antica” (come invece rilevato per altre) e che il soggetto della battaglia ricalcava almeno due diverse placchette del Moderno, lasciando credere che queste costituissero la fonte di un manufatto di epoca successiva.
Qualche mese dopo, Micheal Riddick, esperto di placchette e bronzi rinascimentali, ha pubblicato sul suo sito Renbronze uno splendido articolo dal titolo Glyptics, Italian Plaquettes in France and their Reproduction in Enamel [Leggi] in cui mostra un cammeo che riproduce la medesima scena di battaglia di cui stiamo discutendo [Figura 2], attribuendolo per la prima volta allo stesso Moderno e al suo entourage.

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Figura 2. Moderno o Matteo del Nassaro (attr.), cammeo (conchiglia e oro), Verona 1500 circa, Sanpiertroburgo, Hermitage, inv. K-2129.

Essendomi ora nota la provenienza del cammeo, ho fatto una verifica sul sito dell’Hermitage dove è classificato effettivamente come un manufatto del XVI secolo.
Viene inoltre specificato che è stato acquisito per l’Hermitage da Caterina II, imperatrice di Russia, nel 1787 e che, in precedenza, faceva parte della collezione del “Duca di Orleans” (presumibilmente Luigi Filippo II, 1747-1793).
La stessa scheda indica la Francia come luogo di produzione, forse in considerazione della provenienza originaria.
Tuttavia, questa circostanza non è affatto incompatibile con l’attribuzione del cammeo al Moderno, dal momento che il Moderno ebbe modo di recarsi in Francia, lasciando numerose tracce del suo passaggio come spiega Riddick nel suo saggio.

Credo di aver reso un buon servizio segnalando il sito di Riddick ai pochi appassionati di bronzi antichi che ancora non lo conoscono, così come segnalo la sezione del sito del museo dell’Hermitage dedicato ai soli cammei che riproduce e scheda oltre 1500 pezzi.

* Questo articolo è stato pubblicato su Antiqua.mi nel marzo 2020 e firmato in fondo Andrea Bardelli.