Cassoni veneziani del cinquecento. Riserve dipinte o in marmo?
di Andrea Bardelli

Premessa
Questo articolo è il risultato dell’accorpamento di due articoli, il primo pubblicato con lo stesso titolo nel gennaio 2016 e il secondo pubblicato nell’aprile 2019 con il titolo “Ancora su un cassone veneziano del Cinquecento” che ne costituiva il proseguimento. Abbiamo sostanzialmente mantenuto la struttura di entrambe gli articoli, limitandoci a pochi poche e marginali modifiche e cambiando ovviamente la numerazione delle note e delle figure rendendole progressive.

In un capitolo dedicato ai rapporti tra cornici e mobili del volume sulle cornici “Sansovino recensito su Antiqua nel gennaio 2016 si pubblica un cassone veneziano della fine del XVI secolo appartenente alla National Gallery di Londra [Figura 1].

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Figura 1. Cassone in noce con intagli e parti dorate, cm. 48 x 168 x 54, Venezia 1570-1600, Londra, The National Gallery.

A proposito delle due riserve di forma ellittica che si notano sulla fronte circondate da una incorniciatura a cartocci tipica dello stile “alla Sansovino”, si precisa che i cassoni veneziani del Cinquecento erano decorati con piccoli dipinti, spesso eseguiti da importanti artisti, in genere rimossi e trasformati in dipinti autonomi da pinacoteca (nota 1).
Poiché molto spesso questi cassoni erano doni di nozze, i dipinti potevano raffigurare scene emblematiche e augurali inneggianti l’amore e la fedeltà.
Un cassone simile per quanto riguarda le riserve ellittiche e i mascheroni laterali, diverso per come è risolta la parte centrale [Figura 2], viene segnalato presso il Metropolitan Museum di New York, in un volume dedicato ai cassoni italiani nei musei dell’ex Unione Sovietica,  come termine di confronto per un frontale di cassone [Figura 3] conservato presso l’Hermitage di San Pietroburgo (allora Leningrado). Nella didascalia si specifica che “… i due pannelli non decorati di forma ellittica, circondati da disegni ornamentali in alto rilievo, erano probabilmente destinati ad accogliere pitture o intagli” (nota 2).

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Figura 2. Cassone in noce intagliato, Venezia seconda metà del XVI secolo, New York, Metropolitan Museum of Art.

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Figura 3. Frontale di cassone in noce intagliato, cm. 48 x 162, Venezia seconda metà del XVI secolo, Leningrado (San Pietroburgo), Ermitage, inv. n. M Ƃ 104.

Non possiamo quindi che definire, in prima approssimazione, arbitraria la sostituzione dei due ovali dipinti, che con tutta probabilità vi erano alloggiati, con due lastre di marmo tagliate in misura sulla fronte di un cassone intagliato veneziano della seconda metà del Cinquecento, per altro magnifico [Figura 4, nota 3].

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Figura 4. Cassone in noce intagliato, Venezia seconda metà del XVI secolo, Gazzada (Va), Collezione Cagnola, inv. MO.04 (foto Vivi Papi).

Tuttavia, ci si domanda, perché il marmo e non un semplice pannello di legno?
Sebbene i marmi non siano pertinenti, la loro scelta appare non del tutto peregrina.
A Venezia, nella basilica di Santa Maria della salute, si trovano diversi altari rivestiti in lamina dorata che richiamano la forma del sarcofago e ricordano quella dei cassoni cinquecenteschi.
Il confronto si fa stringente osservando che sulla fronte (paliotto) si aprono delle riserve con dipinte scene sacre [Figura 5 a], ma è ancora più interessante notare che in uno degli altari due riserve sono “colmate” con formelle in marmo [Figura 5 b].

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Figure 5a e 5b. Altari, Venezia, Basilica di Santa Maria della Salute.

Ciò rende plausibile o quanto meno nobilita l’idea del marmo collocato al posto di parti dipinte nel cassone in questione e il ragionamento non verrebbe meno qualora, anche nel caso dell’altare di cui alla Figura 5b, si trattasse di una sostituzione, circostanza questa che non è stato possibile verificare.
Del resto, osservando le facciate dei palazzi veneziani, notiamo talvolta dei “cammei” in marmo incastonati all’interno di cartocci di sansoviniana memoria [Figura 6].

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Figura 6. Veduta della facciata di un palazzo veneziano.

Fin qui l’articolo del 2016

Una successiva visita alla Fondazione Cini sull’Isola di San Giorgio a Venezia mi ha permesso di chiarire e approfondire alcune questioni inerenti il cassone di cui alla Figura 4.
Un cassone ivi conservato [Figura 7] ha la fronte scandita da due facce delimitate da tre paraste, decorata da intagli floreali a rilievo; il piano è sotteso da un profilo a dentelli e i piedi sono a mensola sagomata. Il mobile è di area veneta e, nonostante conservi un’ impronta manierista, è databile al XVII secolo. Al centro delle due facce si trovano altrettante formelle rettangolari con incastonate due lastre in marmo [Figura 7 a].

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Figura 7. Cassone in noce intagliato, Veneto, XVII secolo, Venezia, Fondazione Cini.

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Figura 7 a. Dettaglio della Figura 7.

Anche in questo caso possiamo pensare che in origine vi fossero delle tavole dipinte, ma le ridotte dimensioni sembrerebbero escluderlo. In ogni caso, abbiamo un mobile in più da aggiunge alla casistica dei cassoni decorati con inclusioni in marmo.

Esaminando il cassone di Figura 4 non mi ero soffermato su un altro aspetto, giudicandolo anch’esso il frutto di una manomissione, ossia la presenza di un coperchio caratterizzato da una patina molto difforme dal resto del mobile [Figura 4 a]e la testimonianza di una serie di fori lungo tutto il bordo del coperchio medesimo [Figura 4 b].

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Figura 4 a. Dettaglio della Figura 4.

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Figura 4 b. Dettaglio della Figura 4.

Avevo pensato alla sostituzione dell’antico coperchio con uno di epoca più recente, recuperato da una precedente destinazione che giustificasse la tracce dei chiodi. Contro quest’ipotesi gioca la constatazione che la connessione del coperchio al corpo del mobile mediante cerniere sembra a prima vista escludere che il coperchio sia stato cambiato, sia per la qualità delle cerniere, sia per la chiodatura che appare quella originale.Siamo in grado di fornire una spiegazione plausibile a riguardo, grazie a un secondo cassone della Fondazione Cini [Figura 8] che presenta il piano rivestito in stoffa [Figure 8 a, 8 b].

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Figura 8. Cassone decorato in pastiglia dorata e dipinto, Veneto (?), secondo quarto del XV secolo,Venezia, Fondazione Cini.

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Figura 8 a. Dettaglio della Figura 8.

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Figura 8 b. Dettaglio della Figura 8.

Il mobile è stato ampiamente rimaneggiato e ha subito diverse ridipinture al punto da essere considerato il frutto di una ricomposizione eseguita tra Otto e Novecento (nota 4). Ovvio inoltre che il velluto utilizzato per il rivestimento che oggi noi vediamo è stato applicato in epoca relativamente recente.
Tuttavia, anche in questo caso, ricaviamo una possibile indicazione di come potesse essere rivestito il piano del cassone di Figura 4, ossia da una leggera imbottitura foderata in stoffa fissata con chiodi borchiati lungo il bordo.

La riconsiderazione di questo mobile ci fornisce l’opportunità di fornire anche alcune indicazioni relative alle due figure intagliate all’interno di nicchie architettoniche collocate alle due estremità della fronte. La parte centrale è occupata da figure antropomorfe che appartengono al repertorio manierista e da due putti che reggono uno stemma di cui si è già detto.
Il personaggio sulla destra per chi guarda è l’Abbondanza [Figura 4 c], raffigurata come una donna che riversa il contenuto di una cornucopia tra le mani di un bambino. Della stessa iconografia si serve, ad esempio, Rubens nel dipinto ora a Tokio [Figura 9].

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Figura 4 c. Dettaglio della Figura 4.

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Figura 9. Rubens, L’Abbondanza, 1620, Tokio, Western Art Museum.

Meno intuitiva è l’interpretazione del personaggio di sinistra, una donna seduta con in braccio un animale [Figura 4 d]: si tratta della rappresentazione della Lussuria domata, raffigurata da una martora. Quello della martora tenuta in braccio, talvolta legata da una catenella d’oro era un motivo simbolico in voga all’epoca, come mostra un ritratto di Giulia Gonzada dipinto da Sebastiano del Piombo nel 1532 [Figura 10].

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Figura 4 d. Dettaglio della Figura 4.

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Figura 10. Sebastiano del Piombo, Ritratto di Giulia Gonzaga, 1532, Weisbaden Museum.

E’ quindi evidente il duplice significato di augurio (di felicità) e di ammonimento (costumi morigerati), caratterizzante l’iconografia di un cassone destinato a dono nuziale, presumibilmente in pendant con un cassone identico recante lo stemma dell’altro casato e altrettanti propositi figurati indirizzati allo sposo.

NOTE

[1] “… removed and converted into independent gallery paintings” (AAVV, The Sansovino frame, National Gallery, Londra 2015, p. 17, fig. 3).

[2] Cassoni italiani delle collezioni d’arte dei musei sovietici (a cura di Liubov Faenson), Editoriale Umbra, Foligno (Pg)-Aurora, Leningrado, 1983, n. 125-126.

Precisiamo che il cassone segnalato al Metropolitan non è stato rintracciato nel sito del museo.

[3] Orsi F. in AAVV, La Collezione Cagnola. Le arti decorative, Nomos Busto A. (Va), p. 129 n.4.
La scheda segnala che lo stemma posto al centro (Figura A) appartiene alla famiglia Bettoni.
I Bettoni sono una nobile famiglia di origine bresciana e questo si concilierebbe con la provenienza veneziana del cassone, essendo Brescia all’epoca sotto il dominio della Serenissima. Tuttavia troviamo solo qualche affinità con lo stemma Stefani Bettoni (Figura B) che è invece una famiglia fiorentina.

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Figura A

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Figura B

[4] AAVV, La Galleria di Palazzo Cini. Dipinti, sculture, oggetti d’arte, Marsilio, Venezia 2017, scheda n. 95.