Giuseppe Cairoli ebanista milanese dell’Ottocento

di Andrea Bardelli

Il nome di Giuseppe Cairoli è noto agli studiosi del mobile dell’Ottocento almeno dal 1969 quando la Cito Filomarino (nota 1) ne pubblicò un armadio da camera a tre campate in mogano e piuma di mogano con specchio centrale e intagli, datandolo al 1860 circa (a mio avviso stilisticamente anteriore) [Figura 1].
Risulta che egli tenesse una bottega di mobiliere in Strada della Vittoria a Milano, un tratto dell’attuale via De Amicis.

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Figura 1. Giuseppe Cairoli, armadio, prima metà del XIX secolo.

Lo stesso mobile è pubblicato da Enrico Colle, il quale nel suo volume del 2007 sui mobili dell’Ottocento in Italia arricchisce le notizie su Giuseppe Cairoli, introducendo anche Carlo, forse il figlio o un fratello. I due Cairoli, infatti, espongono insieme nel 1861 all’Esposizione Nazionale di Firenze e in quella internazionale di Parigi nel 1867 (nota 2).
La maggior parte dei lavori noti, tuttavia, si riferisce a periodi precedenti in cui si parla del solo Giuseppe, oppure de “il Cairoli”, spesso anche di una “ditta” Cairoli, senza specificare se oltre al titolare lavorassero altri esponenti della famiglia. Preferiamo quindi, anche laddove non sia espressamente specificato, fare riferimento al solo Giuseppe, sia in quanto singolo artefice sia in quanto ditta.
Tra il 1834 e il 1847, Cairoli fornisce mobili e arredi per Palazzo Fenaroli (ora Bettoni) a Brescia su progetto dell’architetto bresciano Rodolfo Vantini (nota 3).
Tra il 1854 e il 1856 partecipa alla fornitura, coordinata da Giuseppe Cima e in massima parte eseguita dalla ditta Cassina, di una serie di mobili, sempre disegnati dal Vantini per il palazzo (già Olofredi) di proprietà di Bernardo Bellotti a Brescia (nota 4).
Giuseppe Cima era un arredatore, tappezziere, mercante di mobili e complementi d’arredo, che aveva spesso il compito di coordinare il lavoro dei vari artigiani di concerto con l’architetto; è celebre per aver pubblicato a Milano, attorno al 1840, una raccolta di tavole da lui disegnate, largamente utilizzate dai fabbricanti di mobilia, dal titolo L’addobbatore moderno, ossia Raccolta di 300 tavole rappresentanti oggetti d’arte e manufatture desunte dalle più recenti mode originali e straniere. Per quanto riguarda i Cassina, si tratta di una famiglia di artefici del legno, probabilmente originaria di Meda (Mi) e della quale si hanno notizie dal XVIII secolo, la cui attività si incrocia spesso con quella del Cairoli.
Le vicende della fornitura Bellotti sono riferite anche da Rapaggi(nota 5) e da Colle. Quest’ultimo però aggiunge alcuni particolari riferitigli dallo studioso Bernardo Falconi, ossia che Vantini (morto in quello stesso anno) avrebbe a suo tempo inviato a Milano numerosi disegni a Cassina e Cairoli per ottenere dei preventivi (nota 6).
Attorno al 1855, vediamo i due in azione congiunta anche a Milano, sotto la direzione del celebre Lodovico Pogliaghi, cui era stato affidato dalla famiglia Crespi (Benigno e la moglie Giulia Morbio) il compito di allestire una sala da pranzo per il loro palazzo di via Pietro Verri [Figura 2, nota 7].

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Figura 2. Ditta Caroli e Ditta Cassina, sala da pranzo, 1855, già Milano, Palazzo Crespi (foto d’epoca, Milano, Castello Sforzesco, Civico Archivio Fotografico).

Colle pubblica una credenza facente parte di quell’arredo, attualmente presso la sezione mobili delle Civiche Raccolte d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano (Inv. MOBILI 1526), recante all’interno le firme del progettista, dell’ebanista Giuseppe Cairoli e dell’intagliatore G. Cassina. Claudio Salsi, direttore delle Civiche Raccolte, suggerisce si possa trattare di Giuseppe Cassina, originario di Meda, allievo di Brera insieme al Cairoli (ipotesi per la quale propendiamo) oppure di Giovanni Cassina, intagliatore premiato all’esposizione di Londra nel 1888 (nota 8).
Per quanto riguarda un giudizio critico sull’attività di Giuseppe Cairoli e della sua ditta, possiamo senz’altro sottolinearne che egli rientra nel novero degli artigiani scelti dai migliori architetti dell’epoca per eseguire, anche se spesso in compartecipazione, mobili di alta committenza, caratterizzati da uno studiato design e da una scelta accurata dei materiali impiegati.
Anche quando si impegna a produrre mobilie più “normali”, come quello raffigurato in Figura 1, la qualità esecutiva è piuttosto elevata; la scelta stessa del mogano e della piuma di mogano, rispetto al noce meno pregiato perché largamente disponibile, è indice di una produzione di alto livello.
E’ interessante notare a questo proposito che l’utilizzo del mogano in ebanisteria viene in genere associato a realtà come Genova, dove dal 1835 imperversava l’ebanista Henry Peters, oppure alla Toscana, in particolare Livorno, da sempre suggestionata dal gusto inglese.
Il mobile lombardo dell’Ottocento, invece, richiama quasi inevitabilmente l’uso del massello, della radica e della piuma di noce; un pregiudizio questo quindi da sfatare.
A coronamento di quanto precede presentiamo un mobili di notevole qualità di recente apparso sul mercato, una console con alzata realizzata da Giuseppe Cairoli in essenze lignee pregiate tra le quali legno di rosa, jacaranda ed ebano [Figura 3].

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Figura 3. Giuseppe Cairoli, console, metà circa del XIX secolo, mercato antiquario.

NOTE

[1] Cito Filomarino Anna Maria, L’Ottocento. I mobili del tempo dei nonni, Gorlich, Milano 1969, p. 100.

[2]
Colle Enrico, Il mobile dell’Ottocento in Italia, Electa, Milano 2007, p. 431.

[3]
Rapaggi Antonio, Rodolfo Vantini (1792-1856), Grafo, Brescia 2011, p. 190.

[4]
Fattori Costanza L., Rodolfo Vantini: architetto, 1792-1856, Fondazione Ugo Da Como, Lonato (Bs) 1963, p. 199.

[5]
Rapaggi, op. cit., p. 370.

[6]
Colle, op. cit., p. 44 nota 49.

[7]
Sala da pranzo di casa Crespi Morbio. Scheda [ Vedi].

[8]
Colle, op. cit., p. 328-329. La vicenda artistica dei Cassina appare piuttosto complessa per cui meriterebbe una trattazione adeguata che non è possibile svolgere in questa sede, ma che ci ripromettiamo di affrontare.


Prima pubblicazione: Antiqua.mi, febbraio 2014

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