Antonella Rathschüler, Henry Thomas Peters e l’industria del mobile nell’Ottocento, Canneto Ed., Genova 2014, 200 pagine formato 15 x 21, euro 14,00.

E’ la prima monografia dedicata al celebre ebanista nato a Windsor nel 1792, attivo a Genova durante la prima metà dell’Ottocento, così famoso che il “mobile piter” [sic] designa in gergo antiquario una categoria a se stante. L’autrice, Antonella Rathschüler, è una storica dell’arte con diverse pubblicazioni dedicate all’antiquariato.
Henry Peters giunge a Genova dall’Inghilterra nel 1817 e vi svolge una fulminante carriera come mobiliere, anche grazie ad alcune innovazioni tecnologiche come l’utilizzo della macchina a vapore applicata alla lavorazione del legno e a notevoli – e per l’epoca inedite – doti di marketing. Sfortunatamente, una serie di vicende personali ne procurano la disgrazia economica che non gli risparmia il fallimento e il carcere, fino alla morte avvenuta nel 1852.
Il volume si suddivide in tre parti. La prima è dedicata alla biografia di Peters e descrive la sua rapida ascesa fino a diventare il protagonista indiscusso della scena genovese con committenze provenienti dalla borghesia cittadina, ma anche dall’aristocrazia e dalla corte sabauda. Viene anche messa in luce la sua sensibilità politica, quella di un uomo di idee liberali, profondamente connesso con l’epoca risorgimentale in cui ha vissuto e dotato di un senso della giustizia tutto britannico, il cui perseguimento ostinato sarà in parte causa delle sue sventure.
La seconda parte è dedicata alle questioni tecniche e stilistiche, ossia alle tipologie dei mobili prodotti dalla sua ditta, ai suoi riferimenti stilistici, alla questione del marchio e alle tecniche impiegate.
Infine, la terza parte è dedicata ai principali arredi che gli sono ascritti. L’autrice fa una scelta del tutto condivisibile, ossia di prendere in considerazione solo mobili inequivocabilmente di Peters perché marchiati o documentati. Quelli che gli assegna per via attributiva sono veramente pochissimi e le argomentazioni addotte assolutamente plausibili.
I riferimenti in nota, sia alla letteratura (vedi anche la bibliografia), sia ai documenti (alcuni riprodotti integralmente in appendice), ne fanno un testo di notevole valore scientifico, benché la lettura scorra piacevolmente. Troviamo a corredo numerose immagini (168), raggruppate al centro del volume, efficacemente richiamate nel testo.
Insomma, un libro di cui si raccomanda caldamente l’acquisto e la lettura, anche per premiare e sostenere coraggiose iniziative culturali e editoriali di questo genere.

… qui potrebbe terminare la recensione, ma intendo rivolgermi espressamente a quanti – antiquari, restauratori, semplici amatori – sono interessati al mobile dell’Ottocento e ad analisi molto approfondite dello stesso.
L’autrice scrive che Peters si rifà al Regency della sua madre patria, ai francesi Luigi XVIII e Carlo X, allo stile italiano della Restaurazione ed eccezionalmente al Luigi Filippo. Tuttavia, all’interno di una produzione che si svolge in un arco di tempo ben definito dal 1817 al 1852, non vengono identificati i vari passaggi stilistici, almeno secondo alcune convenzioni condivise nella prassi antiquaria e si ignorano le tante sottili distinzioni, forse oziose ma care a molti, tra Tardo Impero, Carlo X, Luigi Filippo, Tardo Luigi Filippo e inizio del Secondo Impero.
Il testo contiene però alcuni elementi che, basandosi su dati certi, finiscono col mettere in crisi proprio alcune delle suddette distinzioni, inducendo a riflettere e, in qualche caso, a rivedere le proprie convinzioni.
Ad esempio, si è soliti datare alla seconda metà dell’Ottocento i tavoli da pranzo tout court, in particolare quelli allungabili che poggiano su gambe tornite, affusolate o scanalate. Risale invece al 1833 un tavolo di questo genere [Figura 1] eseguito per Carlo Alberto, del quale reca intarsiate le iniziali, destinato al Castello di Pollenzo (ora in deposito presso il Museo Civico di Palazzo Madama a Torino).

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Figura 1.

Se il decoro appartiene ancora a uno stile Carlo X (1825-1831) che possiamo considerare ritardatario, seppur di pochissimo, la forma del tavolo anticipa di diversi anni i modelli che avranno tanta fortuna dopo il 1850. Ma non si tratta di un caso isolato, giustificato da una committenza di eccellenza. E’ infatti databile al 1837 un tavolo di gusto Regency ordinato a Peters per il Palazzo Reale di Genova. Pur considerando, in questo caso, la stretta derivazione dalla precoce ebanisteria britannica, è lecito anticipare entro la metà del secolo la presenza, se non proprio la diffusione su larga scala, di tavoli destinati alla sala da pranzo e non solo alle biblioteche e agli androni.
Ancora, non prima del 1848-50 sono in genere datati i cassettoni dotati di uno spigolo caratterizzato da due elementi cilindrici, rispettivamente all’altezza del primo cassetto (cui corrisponde un aggetto arrotondato sul bordo del piano) e subito prima del piede, raccordati o meno da una colonna tornita o affusolata. Orbene, della camera di palazzo Reale a Genova ordinata a Peters per la duchessa Maria Adelaide nel 1841, fa parte un cassettone con quel tipo di spigolo [Figura 2].

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Figura 2.

A dispetto del decoro Carlo X ormai fuori epoca, la forma del mobile risulta anticipatrice di circa 10 anni.
Per non parlare di alcuni mobili eclettici marchiati Peters, presenti sul mercato antiquario e databili attorno al 1850, che con i consueti criteri non esiteremmo a definire “umbertini” (A.B.).