Mario Comincini, Il Caravaggio e il periodo milanese, Centro Studi Storici della Geradadda, 2017, 70 pagine formato 23 x 16, eur0 12,00

Desideriamo far conoscere un piccolo volume scritto da Mario Comincini, sia perché Caravaggio è un argomento che desta immediato interesse, sia perché una precedente diffusione, forse inadeguata, ha generato un “caso” di cui si parla in apposita Appendice.
Questo volume costituisce infatti la quarta edizione, preceduta da tre edizioni dal 2004 al 2006 in ambiti locali. E’ stata ripubblicata integralmente perché ancora attuale, fatta eccezione per la scoperta della data di nascita di Caravaggio (Milano, 29 settembre 1571), effettuata nel 2007 presso l’Archivio Diocesano di Milano da Giorgio Pirani, ex dirigente aziendale appassionato di ricerche archivistiche, qui solo circoscritta e congetturata.
Come si capisce dal titolo, la ricerca fatta da Comincini si limita al periodo milanese (1571-1592) e si fonda su alcuni documenti da lui ritrovati che si rivelano di grande interesse.
Ne cito uno per tutti datato 28 novembre 1591 in cui Caravaggio rimette una querela a carico di un certo Claudio Bernadiggio. Poiché la remissione (oggi diremmo il “ritiro”), di una querela si poteva fare solo se maggiorenni, se ne deduceva che Caravaggio era nato almeno vent’anni prima, ossia prima del 28 novembre 1571 e non entro il marzo 1572 come ritenuto fino a quel momento.
Se questa congettura risulta oggi superata dal ritrovamento della data di nascita precisa, come sopra riportato, il documento resta interessante perché testimonianza di un inedito giovane Caravaggio, litigioso, ma non al punto da non accettare compromessi.
Anche il caso sollevato in Appendice, che nulla ha a che vedere con la biografia di Caravaggio, presenta motivi di interesse.
Comincini se la prende con Giacomo Berra, un altro studioso di Caravaggio, reo di avere pubblicato in un testo edito sotto l’egida della Fondazione Longhi, alcuni documenti già da lui resi noti senza riconoscergli, pur citandolo, il merito della scoperta, almeno non esplicitamente.
E questo un problema che affligge da sempre la ricerca.
A chi spetta la progenitura di un ritrovamento o anche l’affermazione di un concetto?
Di fatto a chi ne scrive per primo in un contesto autorevole e ampiamente diffuso, mettendo in subordine che ne aveva già discusso in una conferenza, chi ne aveva scritto in contesti marginali, per non dire di chi, imprudentemente, si era confidato con un “collega”.
Pensiamo sia lecito che, scrivendo di qualunque argomento, possano sfuggire argomentazioni rese precedentemente da altri in riviste a carattere locale oppure in corso di pubblicazione, con il risultato di essere ignorate nei contenuti e non citate in bibliografia come dovuto.
Sono accettate buona fede e normale diligenza.
Paradossalmente, le uniche fonti che non possono sfuggire al vaglio di ogni ricercatore siano quelle messe in rete, ineludibili poiché a disposizione di tutti.
Diverso è il caso in cui una fonte sia nota, ma non venga citata in modo corretto come lamentato da Comincini.
Va detto che Giacomo Berra ha ammesso, come registrato in Appendice, la sua leggerezza e promette di rimediare in una prossima occasione …
Intanto diamo il nostro minimo contributo a ridare a Cesare quel che è di Cesare.

La pubblicazione può essere richiesta direttamente all’autore (mariocomincini@tiscali.it) al costo di 12 euro comprensivo di spese postali.

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