La congiura della gran guglia del Duomo

di Manuela S. Carbone

Nel corso dei miei studi sugli arredi lombardi mi sono imbattuta in un personaggio a me ignoto, Francesco Croce.
Nel tentativo di approfondirne vita e opere, ho trovato una bibliografia meno ricca di quanto mi aspettassi; fra i testi più importanti e degni di nota, ho apprezzato quello di Marica Forni (nota 1).
La svolta nelle mie ricerche è però legata alla lettura de Il caso Croce di Marco Castelli(nota 2).
In questo libro di poco più di 100 pagine, l’autore, fa notare al lettore che, sebbene tutti riconoscano nella Madonnina dorata posta sulla guglia più alta del Duomo il simbolo di Milano, in pochi sanno che la guglia stessa è un’opera ingegneristica di considerevole valore e che il suo artefice è proprio Francesco Croce [Figura 1].

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Figura 1.

Mostrerò che non si tratta di ignoranza diffusa. La mancata conoscenza del nome dell’autore della guglia maggiore è il risultato di un disegno ben ordito e Castelli, come in un giallo, ci guida, sulle tracce dell’assassino: chi ha ucciso la memoria di quest’uomo? Perché è stato commesso questo delitto mediatico? Quale era il movente, quali i complici?
Andiamo con ordine, facciamo un passo indietro.
Ritorniamo al Duomo e iniziamo col chiarire a cosa è dovuta la rilevanza ingegneristica dell’opera di Croce: la statua della Madonna, in rame dorato ed alta poco più di 4 metri, si eleva su una guglia di marmo alta circa 40 metri, dal peso complessivo di oltre 600 tonnellate [Figura 2].

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Figura 2.

Questa imponente struttura non poggia su pilastri, bensì su una cupola, il tiburio, posta ad oltre 60 metri dal suolo, ed è già il tiburio un’opera pesantissima poggiata esclusivamente su quattro pilasti costruiti nel Medioevo!
La tecnica costruttiva della guglia maggiore è molto moderna perché, nonostante l’altezza considerevole, è riuscita a garantire un’ottima resistenza a venti ed oscillazioni sismiche.
Si tratta infatti di una torre ottaedrica traforata, per esigenze di contenimento del peso, che, anticipando l’impostazione che sarà del cemento armato, combina marmo e ferro, tanto da poter essere considerata una struttura in ferro mascherata da un rivestimento di marmo [Figura 3].

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Figura 3.

Consideriamo ora il contesto storico nel quale si colloca la realizzazione dell’opera.
La costruzione del Duomo di Milano, iniziata nel 1386, ha richiesto vari secoli per essere completata. Nel progetto di Carlo Buzzidel 1646, noto in mezza Europa poiché riprodotto in varie cartoline illustrative dell’epoca, la cupola era sormontata da un’imponente guglia.
Oltre 100 anni dopo, attorno al 1760, mentre si discuteva ancora della realizzabilità della guglia maggiore, a Milano era in corso una battaglia politica per l’egemonia culturale fra l’impero asburgico, con Maria Teresa prima e con il figlio Giuseppe II poi, e la Chiesa ambrosiana, rappresentata dall’Arcivescovo Pozzobonelli (nota 3).
Così, quando a Milano venne promulgata una serie di provvedimenti che si ponevano l’obiettivo di mettere fine ad ogni commistione tra mondo laico e religioso, l’arcivescovo Pozzobonelli, nel tentativo evidente di riaffermare la centralità della Chiesa ambrosiana, rispose decidendo di innalzare sul tiburio, in un Duomo ancora quasi del tutto privo di guglie, la guglia maggiore che avrebbe dovuto raggiungere, con la statua, l’altezza vertiginosa di 108,5 metri.
Ma gli attori in gioco per l’egemonia culturale non si limitavano allo stato asburgico e alla Diocesi ambrosiana. Alla discussione, infatti, prese parte anche tutta l’intellighenzia milanese, che viveva in quegli anni un’epoca d’oro. Consideriamo che quello è proprio il periodo in cui Cesare Beccaria dà alle stampe Dei delitti e delle pene, manifesto dell’Illuminismo lombardo, e si diffondono i graffianti fogli del Caffè, su quale scrivono, oltre allo stesso Beccaria, pensatori del calibro dei fratelli Pietro e Alessandro Verri, Giuseppe Parini e del matematico Paolo Frisi.
Ebbene, per quanto oggi possa apparire bizzarro, dobbiamo sapere che questo circolo culturale avversò la costruzione della guglia. In primo luogo, contestò lo stile gotico, ritenuto inaccettabile in quanto legato al medioevo, epoca considerata incivile e barbara, che si tentava di superare alla luce dei nuovi valori illuministi. Per capire la durezza dello scontro, si pensi che Pietro Verri, in una lettera di al fratello Alessandro, definì l’opera una “deformità davvero ridicola”.
Oltre all’opera, era avversato lo stesso progettista e costruttore, Francesco Croce, in quanto esponente della cultura barocca, superata e da superare in favore di un nuovo codice estetico ispirato alle linee rette e semplici della classicità. Codice estetico che in seguito sarà definito stile neoclassico
Ma i contrasti andarono oltre le sole questioni di stile. Paolo Frisi attaccò Croce con un pamphlet, dapprima anonimo, intitolato Brevi considerazioni sopra la cupola del Duomo col quale lo si accusava di attirare tutti i fulmini della Pianura Padana.
Inoltre, per quanto possa oggi sembrare assurdo, Croce, realizzatore dell’elemento più rappresentativo del Duomo, si trovò contro, non solo il potere politico viennese e l’intellighenzia milanese, ma anche lo stesso Collegio degli Architetti e degli Ingegneri, che lo considerò sempre un elemento estraneo (nota 4).
Tutto ciò fa capire il contesto in cui si sono svolti i fatti e spiega il motivo per cui Croce non ricevette grandi onori per aver realizzato in soli tre anni un’opera attesa da oltre cento. Si consideri che la Madonnina venne posta in cima alla guglia senza una solenne cerimonia e che non esiste alcuna targa commemorativa.
Per finire e spiegare il motivo dell’attuale oblio, si deve sapere che Croce non fu attaccato solo in vita. Subito dopo la sua morte si attivò, infatti, attorno alla sua memoria una censura di stampo politico e culturale. Per comprovare questa tesi consideriamo gli scritti di Giovanni Bianconi, responsabile dell’accademia di Brera, carica di nomina governativa. Nonostante Croce fosse morto solo da qualche anno, Bianconi nella Nuova guida di Milano non ne fa menzione. Sia nella prima edizione nel 1783, sia in quella più ricca e completa del 1787, nella Guida si esalta la guglia ma non si fa alcun riferimento al suo progettista e realizzatore. Nella prima edizione, addirittura, si riportava l’illustrazione del progetto di Buzzi del 1646, in luogo di quello effettivamente realizzato!
Nelle figura 4 e 5 riporto i due progetti per consentirne il confronto [Figure 4 e 5].

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Figura 4. Il progetto di Carlo Buzzi.

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Figura 5. Il progetto di Francesco Croce.

Oggi, non essendo coinvolti nelle accese polemiche politiche e culturali del tempo, riuscendo quindi a leggere gli eventi col dovuto distacco emotivo, desidero rendere un seppur postumo omaggio ad un uomo che ha contribuito a rendere grande Milano. Mi piace immaginare una targa commemorativa all’interno del Duomo:

Chi fece la guglia si chiamava Francesco Croce. Iniziò l’opera quando aveva 69 anni.
Nonostante fosse non più giovane, non si è mai risparmiato,
salendo giornalmente lassù sul tiburio, a 64 metri d’altezza.
La finì poco prima di morire, all’età di 77 anni.
Fu il canto del cigno di un uomo di coraggio.

NOTE

[1] Marica Forni, Il palazzo regio di Milano a metà Settecento, Civiche Raccolte d’Arte Applica ed Incisioni, Castello Sforzesco, Milano 1997.

[2] Marco Castelli, Il caso Croce, un delitto mediatico all’ombra della Madonnina, Edizioni Ares, Milano 2009.

[3] “Alla guida dell’arcidiocesi di Milano [Pozzobonell] inaugurò una linea diplomatica favorevole al governo austriaco: per meriti d’ambasceria tra Stato della Chiesa ed Impero d’Austria e grazie all’amicizia col governatore austriaco di Milano, il conte Carlo Giuseppe di Firmian, venne insignito della più alta onorificenza austriaca, la gran croce dell’Ordine Reale di Santo Stefano d’Ungheria, in occasione delle nozze tra la duchessa Maria Beatrice d’Este, figlia di Ercole III, e l’arciduca Ferdinando, per mano dell’imperatrice Maria Teresa in persona nel 1771. Questi meriti non gli impedirono però di opporsi fervidamente ad alcune riforme illuministiche dei governi di Maria Teresa prima e di Giuseppe II poi (giuseppinismo), che prescrissero la soppressione di alcuni ordini religiosi in Lombardia, contrastando in particolare quelle riforme che si proponevano di eliminare parte delle esenzioni e dei privilegi del clero.” (fonte: wikipedia).

[4] Croce nacque nel 1696 da un artigiano idraulico. Non avendo natali illustri, pur avendo fatto una carriera brillante, gli fu sempre precluso divenire ingegnere e architetto collegiato. Nel 1733 gli fu concessa l’iscrizione al Collegio degli Ingegneri e Architetti milanesi ma solo come agrimensore.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, marzo 2019

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