La scrivania “tommasina”

di Andrea Bardelli

Nello scorso aprile mi giunge da collezionista romano, affezionato visitatore del sito, la richiesta di conoscere la differenza tra uno scrittoio “sanfilippo” del Seicento lombardo-veneto e una “tommasina” e perché quest’ultima si chiama così.
Partiamo dalla “sanfilippo”, definizione diffusa, ma non scontata, che si attribuisce a uno scrittoio costituito da un tavolo il cui piano è corredato da un’alzata dotata di tiretti.
Ve ne sono di due tipi. Il primo, che potremmo definire “chiuso”, è caratterizzato da un piano a forma di scatola, apribile con un doppio movimento: alzando la parte anteriore del coperchio, incernierata a quella retrostante e facendo scendere la fronte del cassetto in modo da liberare il piano di scrittura vero e proprio e poter accedere ai tiretti interni [Figura 1, nota 1].

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Figura 1. Scrittoio, Lombardia, XVII secolo, Cambi marzo 2016 n. 338.

Nel secondo tipo, definibile come “aperto”, lo scarabattolo contenente i tiretti è “a vista”, confinato verso il fondo del piano che è fiancheggiato spesso da spalle digradanti [Figura 2].

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Figura 2. Scrittoio, Marche, XVII secolo, Boetto maggio 2006 n. 351.

Nel 1984 Augusto Pedrini ne pubblica uno del tipo “chiuso” collocandolo a Brescia e datandolo al XVI secolo, una sorta di prototipo [Figura 3, nota 1], ma la maggior parte è databile XVII secolo. La diffusione di questo genere si protrae anche nei primi decenni del secolo successivo prima di essere soppiantato dal cassettone a ribalta e quindi dalla scrivania vera e propria.

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Figura 3. Scrittoio, Brescia (?), XVI-XVII secolo, collezione privata.

Si ritiene che in Italia settentrionale prevalga il genere “chiuso”, mentre quello “aperto” sia comune in Italia centro-meridionale. Questa distinzione, tuttavia, non è rigida e si contano diverse eccezioni. Le gambe sono, in genere, “a lira”, spesso raccordate da una traversa che le collega in basso, come pure da due elementi sagomati in legno o in metallo – detti in gergo “saette” – che si uniscono sotto il piano. Traverse e saette possono essere variamente combinate. A cavallo tra XVII e XVIII secolo possiamo trovare solo traverse in basso a forma di “X” oppure le gambe a colonna rastremata verso il basso, tipiche dello stile Luigi XIV.
Mostriamo qui di seguito alcuni scrittoi abitualmente classificati come “sanfilippo” [Figure 4-9].

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Figura 4. Scrittoio “sanfilippo” del tipo chiuso con gambe a lira collegate da traverse sagomate in basso e in diagonale, Lombardia, XVII secolo, mercato antiquario.

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Figura 5. Scrittoio “sanfilippo” del tipo chiuso con gambe a lira collegate da una traversa sagomata in basso, Liguria, XVII secolo, Boetto, febbraio 2019 n. 135.

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Figura 6. Scrittoio “sanfilippo” del tipo chiuso con gambe a lira collegate da traverse sagomate in diagonale, Toscana, XVII secolo, Farsetti, ottobre 2010 n. 380. Se l’attribuzione alla Toscana è attendibile (come si presume visto che Farsetti è una casa d’aste di Firenze), avremmo la conferma che la forma chiusa non è una prerogativa dell’Italia settentrionale.

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Figura 7. Scrittoio “sanfilippo” del tipo aperto con gambe a lira collegate da una traversa liscia in basso, Italia centrale, XVII secolo, Farsetti ottobre 2017 n. 44.

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Figura 8. Scrittoio “sanfilippo” del tipo aperto con gambe a lira collegate da traverse diagonali in ferro, Napoli, XVII secolo, mercato antiquario.

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Figura 9. Scrittoio “sanfilippo” del tipo aperto con gambe sagomate collegate in basso da traverse sagomate a forma di “X”, Lombardia orientale (Brescia), inizi XVIII secolo, mercato antiquario; in questo caso, a conferma delle menzionate eccezioni, siamo in presenza di un mobile lombardo del tipo aperto, ossia con scarabattolo a vista.

Viene comunemente accettato che il termine “sanfilippo” derivi da San Filippo Neri (1515-1595), vissuto prima dell’epoca in cui, come abbiamo visto, si diffondono gli scrittoi in questione. È quindi poco probabile che il santo ne possedesse uno (nota 3).
Nell’ambito della ricca iconografia riguardante la vita di San Filippo Neri, abbiamo reperito due immagini interessanti. La prima mostra il santo bambino intento a recitare i salmi con la sorella, seduto a un normale tavolo, tra l’altro completamente fuori epoca trattandosi di un mobile della seconda metà del Seicento [Figura 10, nota 4].

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Figura 10.  Pietro Antonio Novelli (disegni) – Innocente Alessandri (incisione), Vita di san Filippo Neri, S. Filippo recita Salmi con sua sorella, 1799, incisione a bulino e acquerello, Bassano del Grappa, Museo civico, Gabinetto Disegni e Stampe.

Nella seconda, si vede uno scrittoio rinascimentale, quindi filologicamente corretto, ma diverso da quelli che stiamo esaminando [Figura 11].

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Figura 11. Luca Ciamberlano, San Filippo Neri ode gli Angeli cantare, 1609-1614, incisione a bulino, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.

È quindi presumibile, come in altri casi, che non vi sia un nesso preciso tra una data tipologia di mobile e l’origine della sua denominazione quando legata a un personaggio storico.
Lo stesso credo si possa dire a proposito della “tommasina” (anche tomasina o tomassina).
Facendo una ricerca in rete, l’unica mobile così definito che è stato possibile reperire è uno scrittoio che sarà presumibilmente esposto in occasione della mostra di antiquariato che si terrà a Pennabilli (Rn) nel luglio di quest’anno [Figura 12].

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Figura 12. Scrittoio definito “tommasina”, Toscana, fine XVII secolo, mercato antiquario.

Apparentemente non si riscontra alcuna differenza rispetto ai mobili altrove definiti “sanfilippo”.
Troviamo una distinzione tra San Filippo e Tomassina espressa in un articolo pubblicato nel 1996 sulla rivista Antiquariato secondo cui lo scrittoio sanfilippo “nasce probabilmente come scrivania portatile da notaio, formata da una sorta di scatola, con frontale e coperchio ribaltabili a celare il piano di scrittura e i cassettini portadocumenti, munita di gambe incernierate che possono essere ripiegate rimuovendo gli sproni metallici che la fissano al piano. La Tomassina è l’evoluzione stanziale del San Filippo, privata del coperchio ribaltabile e con le gambe non più incernierate, ma fissate da sproni in legno sagomato come le gambe” (nota 5).
Una definizione certamente chiara che sembra identificare la “sanfilippo” come lo scrittoio di forma chiusa, cronologicamente precedente alla “tommasina” identificabile con la forma aperta.
Effettivamente, l’idea di un corpo superiore autonomo, magari dotato di maniglie per essere trasportato facilmente, e di gambe incernierate è in sintonia con il carattere “provvisorio” della mobilia rinascimentale.
Tuttavia, la distinzione sembra in contrasto con l’idea assai diffusa secondo la quale, come sopra riferito, la differenza tra forma chiusa e aperta sia da attribuire a un diverso ambito geografico. Inoltre, si ritiene da più parti che gli “sproni metallici” mobili, siano da collegare agli influssi dell’ebanisteria spagnola, ovviamente più forte dove la Spagna era dominante come in Lombardia e nel Sud Italia, piuttosto che a ragioni di funzionalità.
Al momento non abbiamo rintracciato altre fonti per cui l’alternativa che si presenta è di fare un distinguo producendo argomentazioni discutibili oppure di considerare sostanzialmente “sanfilippo” e “tommasina” come sinonimi.
Per quanto riguarda l’origine del nome “tommasina”, Manuela Carbone, che ringrazio, mi segnala che essa viene attribuita a un dipinto di Giovanni Francesco Barbieri, detto il Guercino (1591-1666), raffigurante San Tomaso d’Aquino nell’atto di scrivere l’inno del SS. Sacramento che si trova nella cappella del transetto destro della Basilica di San Domenico a Bologna [Figura 13].

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Figura 13. Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, San Tomaso d’Aquino nell’atto di scrivere l’inno del SS. Sacramento, 1662, Bologna, Basilica di San Domenico.

Si vede il teologo domenicano nell’atto di scrivere un testo appoggiato su un tavolo. Il tavolo può essere classificato come un arredo bolognese della metà circa del XVII secolo, quindi contestuale non certo all’epoca di San Tommaso (1225-1274), bensì a quella del Guercino, pertanto coevo agli scrittoi di cui stiamo parlando, ma non appartenente a questa specifica tipologia in quanto mancante dell’indispensabile “scarabattolo” a tiretti.
È tuttavia plausibile che, in assenza di un riferimento puntuale, si sia deciso di associare i nostri al tavolo raffigurato dal Guercino, comunque adibito a scrittoio, attribuendo loro il nome del santo (nota 6).
Un’altra ipotesi sull’origine del nome “tommasina”, tutta da verificare, è stata suggerita dalla lettura della voce Scrivania redatta da Luigia Tosi nel 1936 per l’Enciclopedia Treccani. Vi si legge che la scrivania si trova rappresentata “con molte varianti in dipinti specialmente dal secolo XIV in poi” e si citano, tra gli altri, gli affreschi “di Tommaso da Modena in S. Niccolò di Treviso” (nota 7).
Tommaso Barisini, pittore e miniatore meglio conosciuto come Tommaso da Modena (1326-1379), affresca la sala capitolare del convento domenicano di San Niccolò a Treviso realizza a più riprese, a partire dal 1352. Proprio alla prima fase risalgono i quaranta ritratti di domenicani, ciascuno impegnato in attività di studio a un proprio scrittoio [Figure 14 e 14a].

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Figura 14. Tommaso da Modena, ritratti di padri domenicani, affresco, Treviso, Convento San Niccolò, Sala del Capitolo.

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Figura 14a. Tommaso da Modena, ritratto del cardinale di Rouen, 1352, affresco, Treviso, Convento San Niccolò, Sala del Capitolo.

Possiamo pensare che questa notevole sequenza di scrittoi li abbia fatti diventare scrittoi per antonomasia e, sebbene non vi sia alcuna somiglianza tra questi e i mobili di cui stiamo trattando, qualcuno abbia pensato di battezzare questi ultimi con il nome dell’autore degli affreschi, ossia Tommaso (nota 8).

NOTE

[1] Con un movimento analogo, nel canterano il cui primo cassetto poteva fungere da scrittoio (discutibilmente considerato l’esemplare maschile di una coppia) si accedeva al vano interno [Figura A].

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Figura A. Cassettone, Veneto, XVII secolo, mercato antiquario.

[2] A. Pedrini, L’ambiente il mobilio e le decorazioni del Rinascimento in Italia, Itala Ars, Firenze 1925, Lib. Ed. Fiorentina, Firenze 1948, p. 166.

[3] Non è infrequente che ad alcuni mobili siano attribuiti nomi di personaggi illustri, in qualche caso nella convinzione che un esemplare gli sia appartenuto, come nel caso della “petrarchesca” o della “ariostea”; in altri casi l’accostamento appare più arbitrario come nel caso della “savonarola” o della “dantesca”.
Alla possibilità, in questo caso giustificabile, di battezzare un tipo di seggiolone con il nome di Gerolamo Fracastoro ci siamo intrattenuti in una precedente occasione [Leggi].

[4] L’incisione è contenuta in un bell’articolo intitolato Una vita per immagini. Note sulla Vita di San Filippo Neri del Museo Civico di Bassano del Grappa, scritto da Federica Vettori per Figure, rivista della Scuola di specializzazione in beni storico-artistici dell’Università di Bologna (n. 2, 2014 pp. 79-91).

[5] Paola Franceschini e Francesca Giarratana, Aristocratica classica Lira, Antiquariato, gennaio 1996, pp. 85-91.

[6] Questo non sarebbe l’unico caso di una denominazione assegnata a una tipologia di mobili in base a un dipinto. Ai sedili citati in nota 3 si aggiunge la sedia “Andrea del Sarto” in quanto la si (intra)vede in un ritratto di giovinetta dipinto da Andrea d’Agnolo di Francesco di Luca di Paolo del Migliore Vannucchi (1486-1530) detto Andrea del Sarto, conservato agli Uffizi di Firenze; in questo caso, a fornire il nome è l’autore del dipinto e non il personaggio raffigurato.

[7] Luigia M. Tosi, Scrivania, Treccani, Enciclopedia Italiana, 1936, ad vocem. [Leggi].

[8] Uno dei ritratti di pensatori domenicani, quello di Ugo di Provenza, è celeberrimo e più volte utilizzato come immagine perché, per la prima volta nella storia dell’arte, è rappresentato un paio di occhiali [Figura B].

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Figura B. Tommaso da Modena, ritratto di Ugo di Provenza (particolare), 1352, affresco, Treviso, Convento San Niccolò, Sala del Capitolo.

Ringraziamo il signor Giampietro Riccarelli di Roma per aver fornito lo spunto per questa ricerca e invitiamo chiunque a fornire notizie e approfondimenti sull’argomento trattato.

Luglio 2022

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