Pittura cinese e fiamminga (II)

della Redazione di Antiqua (*)

L’articolo uscito su Antiqua a settembre su ipotetici rapporti tra la pittura fiamminga del Cinquecento e quella cinese [Leggi] ha suscitato molto interesse e qualche obiezione.
La principale riguarda il fatto che il confronto è stato effettuato tra opere fiamminghe della metà circa del XVI secolo, segnatamente di Pieter Breughel (1525-1569), e opere di una pittrice cinese contemporanea Fang Zaholin, 1914-2006), la quale “dice” di essersi ispirata alla tradizione del suo paese.
Un approfondimento della questione ci ha non solo confermato che nella pittura cinese di tutti i tempi il riferimento al passato è costante, ma ha altresì rivelato alcuni autori cinesi di epoche lontane, nel cui solco i lavori di Fang Zaholin si inseriscono, che possono essere anch’essi confrontati con opere fiamminghe.
Diciamo subito che di grande aiuto è stata la riscoperta di un volume di Michael Sullivan, tradotto dall’inglese e pubblicato in Italia nel 1972 (nota 1), sfuggito alla precedente ricognizione bibliografica, dal quale sono tratte alcune delle immagini e delle notizie qui riportate.
La pittura coeva a quella fiamminga del XVI secolo è quella dell’epoca Ming che copre un arco di tempo ben più vasto che va dal 1368 al 1644.
Uno degli autori più interessanti ai nostri fini è sicuramente Tai Chin (1388-1462), attorno al quale fiorisce la cosiddetta scuola Chekiang (talvolta definita solo Che) dal nome di una regione cinese (nota 2). Non si tratta di una vera e propria scuola, quanto di una corrente artistica che, tra l’altro, risveglia l’interesse per il paesaggio e per la tradizione della pittura di epoca Sung dell’inizio del XII secolo. Il suo stile, secondo Sullivan, è “il più facile da comprendersi per il non specialista ed ancora oggi il più gradito al gusto occidentale” (op. cit. p. 76).
Di Tai Chin mostriamo due paesaggi [Figure 1 e 2].

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Figura 1. Tai Chin, Ritornando tardi da una passeggiata in primavera, rotolo da appendere, XV secolo, Taichung (Taiwan) Museo Nazionale del Palazzo.

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Figura 2. Tai Chin, Paesaggio autunnale sul fiume con barche da pesca, rotolo da appendere (part.), XV secolo, Washington, Galleria Freer.

Un altro pittore di epoca Ming, anzi una delle personalità di maggior spicco, è T’ang Yin o Tang Yin (1470-1523) di cui mostriamo un paesaggio roccioso con alcune persone in primo piano che guardano dall’alto una barca nel fiume sottostante [Figura 3].

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Figura 3. Tang Yin (1470-1523), Attesa di una barca in autunno, fonte: Sotheby’s.

L’inquadratura che non può non ricordare La caduta di Icaro di Breughel il vecchio (Bruxellex, Museo Reale di Belle Arti), mostrata nel precedente articolo a confronto con un dipinto di Fang Zaholin.
Abbiamo accennato sopra che gli artisti Ming guardano sovente al passato e ciò avviene anche come conseguenza di un periodo di decadenza che si verifica verso la fine del XV secolo.
Procedendo a ritroso nei secoli possiamo giungere al XIV secolo e trovare un pittore come T’ang Ti (1296-1340), i cui dipinti sono importanti per la storia dell’arte cinese in quanto il loro eclettismo influenza largamente proprio la pittura Ming (nota 3).
Di questo pittore mostriamo un paesaggio [Figura 4] dove si vedono dei gli uomini che tornano dalla pesca che ci piace mettere a confronto con un celebre ritorno dalla caccia in un paesaggio innevato del solito Pieter Breugel [Figura 5].

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Figura 4. T’ang Ti, Il ritorno dei pescatori lungo una riva ghiacciata, 1338, inchiostro e colori su seta, rotolo da appendere, Taichung, (Taiwan), Museo Nazionale del Palazzo.

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Figura 5. Peter Brueghel, Il ritorno dei cacciatori, 1565, olio su tela, Vienna, Kunsthistorisches Museum.

Andando ancora indietro nel tempo, troviamo forse il pittore più interessante ai fini del nostro discorso: Chang Tse-Tuan o Zhang Zeduan, un pittore vissuto nel XII secolo di cui non si sa pressoché nulla.
Egli è il fautore di un accentuato realismo che, secondo Sullivan “… non trova riscontri nella storia della pittura cinese” (nota 4).
Di questo pittore mostriamo un particolare di uno straordinario dipinto [Figura 6] oggetto di frequenti repliche da parte di pittori di epoca posteriore [Figura 7].

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Figure 6. Chang Tse-Tuan, Lungo il fiume durante la festa del Ch’ing-ming, 1120 circa, rotolo da appendere (part.), Pechino, Museo del Palazzo.

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Figura 7. Imitatore di Chang Tse-Tuan, La festa del Ch’ing-ming, epoca Ming, rotolo da appendere (part.), New York, MET, coll. A. W. Bahr.

Credo sia innegabile che si possa trovare un confronto tra queste opere e alcuni dipinti fiamminghi brulicanti di personaggi … e non siamo gli unici a pensarla così.
Questo è il commento che abbiamo trovato in un interessante blog dedicato al nostro dipinto: “A pensarci, precede artisti del calibro di Hieronymus Bosch o più similmente Pieter Brueghel il Vecchio di oltre 300-400 anni” (To think, it predates the likes of Hieronymus Bosch or more similarly Pieter Brueghel the Elder by over 300-400 years) [Leggi].
Paradossalmente, troviamo maggiori affinità con la pittura fiamminghe in opere cinesi del XII secolo, forse proprio per il realismo che le caratterizza con particolare riferimento alla rappresentazione delle attività umane.
A questo proposito aggiungiamo che anche le cime delle montagne che compaiono nei dipinti cinesi non sono frutto della fantasia, ma corrispondono a vedute reali, come dimostra un’immagine dei Monti Huangshan, una catena montuosa della provincia dell’Anhui, nella Cina orientale [Figura 8]. Non possiamo dire altrettanto dei pittori fiamminghi, i quali si ispiravano alle Alpi o ai Pirenei incontrati durante qualche viaggio.

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Figura 8. Monti dello Hang-Shan, foto.

Potremmo fermarci, ma se siamo arrivati fin qui possiamo ulteriormente sbrigliare la fantasia e accarezzare la suggestiva ipotesi che a giungere in Europa siano stati proprio i dipinti dei pittori cinesi del XII secolo, fin dai tempi dei viaggi di Marco Polo alla fine del XIII secolo.
Magari qualche rotolo potrebbe essere giunto nelle Fiandre nel contesto degli scambi commerciali con Venezia via mare attraverso le cosiddette mude tra il XIII e il XVI secolo (nota 5), oppure lo stesso Breughel potrebbe aver visto qualcosa in occasione del suo viaggio in Italia tra il 1552 e il 1554 durante il quale è assai probabile che abbia fatto tappa a Venezia (nota 6).

NOTE
[1] Sullivan Michael, Arte cinese e giapponese, vol. 9 della collana Il libro d’arte, Grolier, Milano 1972.
[2] L’identificazione degli artisti cinesi è sempre complessa: Tai Chin (Tai è il cognome) è noto in Occidente anche come Dai Jin.
[3] Non è questa la sede per un approfondimento, ma, a dimostrazione di questi continui corsi e ricorsi nella pittura cinese, T’ang Ti è ricordato per aver fatto rivivere, insieme ad altri, il cosiddetto stile Sung del Nord, impersonato in particolare dal pittore Kuo Hsi (1020-1090). Quest’ultimo è importante perché echi della sua pittura si trovano in un altro celebre pittore come Hsia Kuei, vissuto agli inizi del XIII secolo e negli stessi pittori Ming.
[4] Prosegue Sullivan: “Dopo la fuga della corte verso Sud nel 1126, il benefico influsso del realismo andò esaurendosi, per non risorgere più – nella pittura cinese – se non nel XX secolo” (op. cit. p. 51).
[5] Sull’argomento vedi il saggio di Michela Dal Borgo intitolato La “muda” di Fiandra in Non solo spezie. Commercio e alimentazione fra Venezia e Inghilterra nei secoli XIV-XVIII, Lineadacqua, Venezia 2016 (catalogo della mostra presso la Biblioteca Marciana) [Leggi].
[6] Segnalo, fresco di stampa: Manfred Sellink, Nel segno di Brueghel, Skira, Milano 2019.

* Questo articolo, come il precedente (settembre 2029) è uscito su Antiqua.mi nel settembre 2019 a firma Michele Ruggeri (nome di fantasia).