Placchetta in piombo con Amorini legati

di Attilio Troncavini

Nel volume del 1996 sulle Placchette del Museo nazionale del Bargello, Giuseppe Toderi e Fiorenza Vannel Toderi pubblicano una placchetta a cui danno il titolo di Due Amorini legati, classificandola come lavoro tedesco della fine del XVI secolo [Figura 1, nota 1].

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Figura 1. Due Amorini legati, piombo, diametro cm. 6,25, Germania fine XVI secolo, Firenze, Museo del Bargello inv. 497.

Gli stessi autori riferiscono un parere della Weber (nota 2) secondo la quale la placchetta sarebbe collegata a un’altra placchetta con tre putti legati eseguita negli anni 1600-1610 dall’orafo e medaglista Jan de Vos (1578-post 1619) attivo ad Augsburg [Figura 2].

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Figura 2. Jan de Voos, Tre putti, argento, diametro cm. 6, monogramma JVD, iscrizione sul bordo: FELICES. QUOS. CUM. PUERIZIA. PUERILITA’. DIMITITT (felici sono quelli che lasciano l’infanzia con l’infanzia), Berlino, Museo delle arti decorative.

La Weber – che pubblica anche la placchetta con due amorini di Figura 1 (nota 3), attribuendo anch’essa, seppur dubitativamente, alla cerchia di Jan de Vos attorno al 1600 – fornisce alla placchetta in argento di Figura 2 alcuni confronti.
Il primo è a una coppia di dipinti su tavola raffiguranti Tre putti, firmati da Henrich Göding (1531-1606) e datati 1582, per i quale non vengono fornite notizie se non che fungessero da pannelli per un soffitto in legno a cassettoni e che fossero conservati presso l’Historsche Museum di Dresda (nota 4). I due dipinti, identificati come Putti grotteschi, si trovano oggi presso le Collezione d’arte statale di Dresda (SKD) [Figure 3 e 4].

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Figure 3. Heinrich Göding, Putti grotteschi, olio su tela, montato su tavola, cm. 30,6 x 24,5, Dresda SKD, Museo dell’Armeria, inv. H 0002.

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Figura 4. Heinrich Göding, Putti grotteschi, olio su tela, montato su tavola, cm. 30,5 x 25, Dresda SKD, Museo dell’Armeria, inv. H 0003.

Il secondo confronto prodotto dalla Weber è allo stipo monetiere dell’arciduca Ferdinando del Tirolo (nota 5), lavoro della Germania del sud della seconda metà del XVI secolo, proveniente dal castello di Ambras a Innsbruck, oggi al Kunsthistorisches Museum di Vienna (KHM) [Figura 5, nota 6].

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Figura 5. Figura A. Stipo monetiere, ebano, avorio, bronzo dorato, cristalli di rocca, perle, vetri, altezza cm. 86, Augusta 1580 circa, Vienna, Kunsthistorisches Museum, Kunstkammer, inv. 3390.

La Weber precisa che il motivo dei putti gemelli compare anche su monete e medagli, ma con una configurazione diversa da quella in discorso.
Toderi e Vannel (vedi ancora nota 1) riprendono questi confronti estendendoli alla placchetta di Figura 1 e aggiungono un piatto di ceramica di Castelli, conservato nelle raccolte del Castello Sforzesco a Milano, dove compaiono due putti similmente legati tra di loro anche se privi di ali [Figura 6].

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Figura 6. Alzata con gemelli, maiolica diametro cm. 26,5, maiolica, Castelli d’Abruzzo 1635-1640, Milano, Musei del Castello Sforzesco, inv. 526.

Il piatto è stato pubblicato nel 1992 nello splendido catalogo della mostra su tre secoli di rapporti iconografici tra maiolica e incisione, in cui si dice che il soggetto è ripreso fedelmente, tranne una piccola variante di cui diremo a breve, da un’incisione di Diana Scultori, forse derivata da un disegno di Raffaellino da Reggio, riproducente la parte centrale del soffitto del Camerino degli Uccelli al Palazzo Ducale di Mantova. Nel testo si scrive che il soggetto, di non chiara interpretazione, potrebbe alludere al segno zodiacale dei Gemelli (nota 7).
L’incisione di Diana Scultori era stata pubblicata, capovolta, solo un anno prima per lo stesso editore Neri Pozza anche nel catalogo dell’opera incisa di Adamo e Diana Scultori curata da Paolo Bellini [Figura 7].

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Figura 7. Diana Scultori, Due gemelli attaccati tra loro, incisione diametro cm. 19,4, 1557, iscrizioni sul bordo: DIANA INCIDEBAT ROMAE 1577; RAPHAEL REGIENSIS INVENTOR; A GEMINIS, GEMINOS NATOS NOS DIXIT AB OVIS PRISCA SENUM SERIES SIC GEMINASSE IUVAT (Disse che siano nati gemelli da uova gemelle; è piacevole (?) essere diventati doppi); SED QUIA SUB CAELI NUNC SYDERE CONDIMUR UNO MISCUIT ALTERIUS CORPORA CORPORIBUS (ma poiché ora siamo posti sotto un’unica costellazione, il corpo dell’uno è mescolato a quello dell’altro).

Il gemello di profilo tiene tra le mani una scatola rotonda di cui soleva il coperchio, l’altro ha nella mano sinistra un uccellino legato a una corda sottile tenuta nella mano destra, diversamente dai gemelli corrispondenti sull’alzata di Figura 6 che, rispettivamente, non hanno in mano nulla e un pesce.
In questo testo curato da Bellini erano già presenti sia i riferimenti al soffitto di Palazzo Ducale a Mantova, sia all’alzata di Castelli del Castello Sforzesco di Milano, nonché l’allusione al segno zodiacale dei Gemelli. Tuttavia, egli precisa che l’autore dell’affresco – in cui i due gemelli sono alati e non sono visibili la scatola e l’uccellino – è Anselmo de Granis, un allievo di Giulio Romano su disegno di quest’ultimo. L’ipotesi più plausibile è che Raffaellino da Reggio, chiamato a Guastalla da Cesare Gonzaga attorno al 1567, si sia recato a Mantova e qui abbia eseguito un disegno del soffitto in discorso e che Diana Scultori lo abbia successivamente inciso ritenendolo una sua invenzione (nota 8).
Del più volte citato soffitto affrescato del Camerino degli Uccelli a Mantova abbiamo reperito due belle immagini nel Catalogo Generale dei Beni Culturali [Figure 8 e 8bis].

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Figura 8. Soffitto affrescato del Camerino degli Uccelli, 1577-1587, Mantova, Palazzo Ducale.

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Figura 8bis. Particolare di Figura 8.

Nella relativa scheda, compilata da Giulia Marocchi nel 2017, si riporta il parere di Renato Berzaghi (nota 9) secondo il quale, contrariamente a quanto sostenuto da Bellini (vedi ancora nota 8), è il dipinto del Camerino ad essere stato tratto dall’incisione di Diana Scultori su invenzione di Raffellino da Reggio e che l’anno 1577 potrebbe quindi costituire un termine post quem per la realizzazione dell’intero apparato decorativo della volta.
Non è di questo avviso Luciana Arbace che, nel redigere nel 2000 la scheda dell’alzata di Figura 6 per il catalogo delle ceramiche del Castello Sforzesco, ribadisce la paternità di Anselmo de Granis dell’affresco mantovano e la derivazione da questo dell’incisione di Diana Scultori mediata da un disegno perduto di Raffellino da Reggio. Inoltre, le figure sull’alzata di Castelli sarebbero state trasferite dall’incisione con la tecnica dello spolvero (nota 10).

Riassumendo
Secondo alcuni pareri, l’invenzione dell’immagine spetterebbe a Giulio Romano che l’avrebbe fornita ad Anselmo De Ganis autore dell’affresco sul soffitto del Camerino degli Uccelli a Mantova; qui, Raffaellino da Reggio ne avrebbe ricavato un disegno, successivamente inciso da Diana Scultori nel 1577. Secondo altri, spetterebbe allo stesso Raffaellino l’invenzione del soggetto che Diana Scultori avrebbe inciso e da cui sarebbe derivato l’affresco del Camerino degli Uccelli, eseguito nel decennio 1577-1587.
Nessun dubbio sul fatto che l’alzata in maiolica di Castelli sia stata decorata partendo dall’incisione.
Aggiungiamo, come contributo inedito al dibattito, che l’esportazione in ambito tedesco di questa iconografia, certamente di carattere “giuliesco”, si debba a Anna Caterina Gonzaga, mantovana di nascita e andata sposa nel 1582 all’arciduca Ferdinando II, al quale è appartenuto lo stipo monetiere di Figura 5 (nota 11). Questo spigherebbe la sua applicazione nei dipinti Henrich Göding, datati 1582 e nelle placchette qui esaminate, di poco successive.

Significato dell’immagine
Al momento attuale non è possibile interpretare l’immagine dei putti legati in modo convincente. L’ipotesi che si tratti della rappresentazione del segno dei Gemelli cozza, ad esempio, con il contesto dell’affresco della volta del Camerino degli Uccelli che non ha carattere zodiacale (vedi ancora Figura 8). Inoltre, la porzione di scritta sull’incisione di Diana Scultori dove si legge SUB CAELI … SYDERE, viene tradotta nel testo di Bellini come “sotto un’unica costellazione”, inducendo ad associarla alla costellazione dei Gemelli, ma una traduzione letterale, altrettanto valida, potrebbe essere “sotto lo stesso cielo”, escludendo un riferimento allo Zodiaco. Infine, non si spiegherebbe la stessa immagine dove i putti legati tra loro sono tre come nella placchetta di Figura 2. Purtroppo, anche la scritta su questa placchetta appare del tutto sibillina. La presenza di tre putti escluderebbe anche l’interpretazione fornita dalla coppia Toderi-Vannel secondo i quali “Per gli umanisti del Rinascimento il duplice Cupido simboleggiava il dualismo fra l’Amor sacro e l’Amor profano”.

Un’ultima considerazione
Le difficoltà a identificare il significato dell’immagine dandone interpretazioni discutibili e facilmente confutabili deriva anche dall’impermeabilità delle fonti nei vari comparti. Infatti, se il testo del 1992 sui rapporti iconografici tra maiolica e incisione (vedi nota 7), costituisce un raro e ottimo esempio di interdisciplinarità, nei testi relativi alle placchette non si fa cenno agli affreschi mantovani e a tutto quanto vi ruota attorno, così come nei testi che parlano di questi ultimi le placchette vengono completamente trascurate.

NOTE

[1] Toderi-Vannel 1996, p. 224 n. 400.

[2] Weber 1975, p. 335 n. 778, tavola 217.

[3] Weber 1975, p. 338 n. 779, tavola 217.

[4] La Weber cita J. Böttiger, Philipp Hainhofer e il gabinetto d’arte Gustav Adolf a Uppsala, III, Stoccolma 1910, p. 35f.

[5] Si tratta di Ferdinando II (1529-1595), sposato con Anna Caterina Gonzaga (1566-1621).

[6] Pensiamo che la Weber si riferisca a questo perché nel castello di Ambras esiste tutt’ora uno stipo simile per forma, ma realizzato in marmo, alabastro e altri materiali [Figura A].

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Figura A. Stipo monetiere, alabastro, marmo, legno, argento, bronzo, pietre semipreziose, altezza cm. 65, Augusta fine del XVI secolo, Innsbruck, Castello di Ambras, inv. PA 904.

Nella scheda sul sito del castello di Ambras si legge: “Un oggetto molto simile per uso e struttura, realizzato ad Augusta, si trova ora nella Kunstkammer del Kunsthistorisches Museum di Vienna (n. inv. KK_3390)”. Il numero di inventario è lo stesso che contrassegna lo stipo monetiere di Figura 5 e, sebbene non venga specificata la provenienza di quest’ultimo dallo stesso castello di Ambras, riteniamo si tratti di quello citato dalla Weber.

[7] Biscontini Ugolini-Petruzzelli Scherer 1992 pp. 122-123 n. 42.

[8] Bellini 1991 pp. 223-224 n. 37 fig. 262.

[9] Citato Berzaghi 1992 senza ulteriori indicazioni.

[10] Arbace 2000, p. 396 n. 462.
La tecnica dello spolvero consiste nel praticare piccoli fori lungo le linee di un disegno o di una stampa, attraverso i quali viene trasferita sulla superficie da dipingere una traccia delle stesse linee mediante polvere colorante.

[11] Per quest’ultimo, abbiamo conservato nella didascalia (vedi ancora Figura 5) la datazione al 1580 circa fornita dal Kunsthistorisches Museum, anche se, alla luce di quanto sopra, la si dovrebbe rettificare come “post 1582”.

Bibliografia citata
-Ingrid Weber, Deutsche, Niederländische und Französische Renaissance-plaketten 1500-1560, Munchen 1975.
-Paolo Bellini, L’opera incisa di Adamo e Diana Scultori, Neri Pozza, Vicenza 1991
-Renato Berzaghi, Il Palazzo ducale di Mantova, Electa, Milano 1992
-Grazia Biscontini Ugolini-Jaqueline Petruzzelli Scherer, Maiolica e incisione. Tre secoli di rapporti iconografici, Neri Pozza, Vicenza 1992.
-Giuseppe Toderi-Fiorenza Vannel Toderi, Placchette secoli XV-XVIII nel Museo nazionale del Bargello, SPES, Firenze 1996.
-Luciana Arbace in AAVV, Museo di Arti Applicate. Le ceramiche, vol. I, Electa, Milano 2000.

Ringrazio Luigi Athos Buttazzoni per la collaborazione.

Maggio 2025

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