Potiche cinese in stile Imari

di Irene Di Paola

Una gentile visitatrice ci ha inviato un oggetto alcuni oggetti di famiglia da esaminare, tra cui un “piccolo vaso cinese con coperchio”, forse acquistato verso il 1950 in Cina da un cugino della nonna che era missionario [Figura 1].

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Figura 1. Potiche in porcellana, altezza cm. 13, Cina, prima metà del XX secolo. Collezione privata.

Si tratta di un piccolo vaso con il corpo globulare (potiche), normalmente usato come contenitore per tè, zenzero, incenso e altre spezie.
Lo stile del pezzo in questione non è catalogabile, ma si avvicina ai modi dello stile Imari (nota 1) per il numero limitato di colori. Sua caratteristica è il blu “sotto coperta” con disegni floreali in rosso su base bianca e ornamenti in oro [Figura 2].

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Figura 2. Piatto in porcellana, Cina, 1720 circa, New York. Galleria Michele Beiny.

Incontrando molto il gusto occidentale, lo stile fu imitato anche dai giapponesi che però non raggiunsero la perfezione di colore e di fattura dei cinesi, pur esportando tantissimo con la Compagnia delle Indie olandese.

Nel vasetto di Figura 1, all’interno della “riserva” (spazio delimitato da un decoro), si vedono due donne, una è seduta sui piedi, mentre l’altra, un’inserviente, la ripara con un ombrello.
Questa raffigurazione personificata è inusuale nello stile Imari che predilige la decorazione di tipo naturalistico, spesso stilizzata. Pertanto, se i colori si possono definire Imari, non altrettanto si può dire della scena rappresentata.
Tuttavia, anche la colorazione è approssimata e a chiazze.
La presenza di sfumature nella colorazione, che gli antichi non praticavano, farebbe pensare a un oggetto prodotto e decorato nel secolo scorso, quando questa tecnica era ormai abituale anche per i cinesi.
Il sigillo riporta gli ideogrammi di Cina (Zhong Guo) e un nome proprio (Yang Diao) nella calligrafia corsiva [Figura 1bis].

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Figura 1bis. Marchio sul fondo del vaso di Figura 1.

Siamo quindi in presenza di un manufatto “made in China” di fattura novecentesca ispirato allo stile Imari; anche il sigillo imita i sigilli apposti sulla ceramica antica, come d’uso nel Novecento, ma anche ora (nota 2).
Più in particolare, è possibile che l’oggetto, comunque di pregevole fattura, risalga proprio al soggiorno in Cina del parente della proprietaria attorno agli anni Cinquanta del Novecento.

NOTE

[1] Questo stile deriva il nome dal porto giapponese da cui partivano i carichi per l’Europa, durante il periodo di embargo dei porti cinesi dal 1656 al 1684 a causa delle ribellioni interne che la dinastia Qing cercava di sedare, combattendo contro gli ultimi seguaci della dinastia precedente Ming (decaduta definitivamente nel 1644). La grande cava di Jindezheng, con forni annessi, era stata incendiata e distrutta, costringendo ad una forzata sospensione della produzione e dei commerci dalla Cina.

[2] Capita talvolta di trovare dei sigilli su cui si legge letteralmente, ad esempio: “Qian Long dinastia Quing” che non va inteso come indicativo di quell’epoca (1735-1796), quanto piuttosto va interpretato come “manufatto in stile Qian Long”, eseguito in epoca successiva.
Pertanto, la classificazione di un oggetto non può basarsi solo sulla decifrazione del sigillo, ma va completato con un’analisi tecnico-stilistica.

Marzo 2022

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