AAVV, Il mito di Diana nella cultura delle corti. Arte Letteratura Musica, Olschki, Firenze 2018, 458 pagine formato 24 x 17, euro 39,00.

E’ il secondo volume della collana La civiltà delle corti prodotto dal Centro Studi delle Residenze Reali Sabaude – il primo era Le cacce reali nell’Europa dei prìncipi – e rappresenta gli esiti di due convegni tenutisi presso la Reggia della Venaria Reale (To).
Sono stato indotto a recensirlo sia per il fascino che il personaggio di Diana ha esercitato sulla cultura europea, sia per l’approccio interdisciplinare promesso nel titolo.
Le speranze sono state e soddisfatte in buona parte, anche se il testo non si presta a una lettura “facile”, come era lecito aspettarsi dagli atti di un convegno.
Alcuni saggi in francese e inglese e brani anche corposi di testo in latino, all’interno di quelli in italiano, non vengono tradotti. A costo di risultare poco dotto, addirittura provinciale, mi sento di dire che i propositi di divulgazione non ne beneficiano.
Come tutte le opere collettive, ciascun autore ha il proprio stile narrativo e le proprie idee su come articolare il testo, rendendo arduo il compito del recensore che per ogni saggio deve fare un diverso sforzo per entrarvi. Va da sé, d’altro canto, che nell’esprimere un giudizio ci si lascia influenzare dallo stato delle proprie conoscenze e dai propri interessi specifici.
In questa personale prospettiva, nella sezione Dall’antichità alla civiltà delle corti, mi è parso illuminante il saggio di Stefano Lapenta Metamorfosi iconografiche di Diana dall’antichità al Rinascimento che spiega benissimo l’evoluzione della figura di Diana e il suo recupero in chiave classicista, dopo la parentesi medioevale, alla luce di testimonianze sia archeologiche, sia letterarie antiche e contemporanee.
Nella successiva sezione Le corti italiane e la corte di Francia, Elisabetta Fadda, dopo aver fatto nelle prime pagine alcune utili dichiarazioni programmatiche, identifica molto efficacemente alcuni aspetti degli affreschi del Parmigianino a Fontanellato (Pr).
Nella sezione La Reggia di Diana alla Venaria Reale Giovanna Barbieri Squirotti Giovanni Barberi Squarotti, una delle curatrici curatore del volume con Annarita Colturato e Clara Goria, analizza il progetto iconografico di Emanuele Tesauro nel quale si assiste alla moralizzazione del mito del mito di Diana, restituito non tanto come evocazione dell’antico quanto per i suoi significati allegorici ed encomiastici nei confronti della dinastia Sabauda; i soggetti sono vari e talvolta inconsueti e le fonti antiche sono spesso rielaborate e integrate con invenzioni moderne.
Nel successivo saggio di Clara Goria, altra curatrice, emerge l’attività della caccia come emblema della capacità di condurre la guida di un paese in pace e in guerra, circostanza resa ancor più significativa per il fatto che nei decori della Venaria domina l’universo femminile, almeno fino all’arrivo di un nuovo pittore di corte, il fiammingo Jan Miel.
La stessa sezione ospita un interessante saggio di Sara Martinetti sugli stuccatori Giacomo e Andrea Casella.
Non ho competenze musicali tali da poter giudicare i saggi della sezione Diana in Musica, molti dei quali in lingua originale, ma mi ha colpito l’inizio fulminante del saggio di Michele Curnis con una sorta di “inno alla smemoratezza improvvisa”, tratto dalla terza giornata del Dialogo sopra i due massimi sistemi … di Galileo. La citazione galileiana non è peregrina perché Giacomo Francesco Parisani, l’autore della piece teatrale Diana schernita (Roma 1629) di cui si parla rende un esplicito omaggio all’Adone di Giovan Battista Marino dove Galileo è definito “novello Endimione”.
La contaminazione tra le figure di Endimione e Atteone e i numerosi riferimenti a Galieo e alla cultura del suo tempo che il saggio ospita non si possono riassumere in poche righe.
Complesso ma originale è il saggio di Febo Guizzi che introduce alle “altre Diane”, ossia alle rappresentazioni della dea aventi a che fare con il mondo notturno e della magia, secondo la tradizione popolare … e da qui al frastuono rituale e alla sfrenatezza che caratterizza le manifestazioni sonore di questa tradizione (e giustifica l’inserimento nella sezione musicale).
L’ultima sezione Sguardi tra Sette e Novecento raccoglie alcuni saggi di carattere sia letterario sia figurativi, dai titoli di per sé eloquenti.
Come si può notare, ce n’è per tutti i gusti e, temendo di aver trascurato gli interessi specifici di qualche lettore, possibilmente ben rappresentati in qualche saggio da me non espressamente richiamato, riproduco l’indice del volume [vedi].
A.B.

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