L’arredo di una casa signorile a Milano tra gli anni Venti e Trenta del Novecento

della Redazione di Antiqua 

Alcuni documenti acquisiti di recente, provenienti da un archivio di famiglia, consentono di analizzare l’arredo completo di un lussuoso appartamento milanese eseguito a partire dal 1928.
Per motivi di riservatezza, omettiamo qualsiasi riferimento alla famiglia.
Come risulta da una lettera su carta intestata del prof. Francesco Ferrario indirizzata al committente, datata 28 dicembre 1928 [Figura 1], l’ambiente era stato realizzato dallo stesso Ferrario su progetto fornito “… dall’egregio Pitt. A. Armetti”, unitamente a un preventivo presentato in data 12 luglio dello stesso anno.

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Figura 1. Intestazione della carta da lettera del prof. Francesco Ferrario con indirizzo in Corso Sempione n. 75 a Milano.

Ecco come si presentava la sala da pranzo in due fotografie risalenti al 1930 circa [Figure 2 e 3].

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Figure 2 e 3. Sala da pranzo, progetto Adriano Armetti, realizzazione Francesco Ferrario, fotografia, 1930 circa.

Su Francesco Ferrario (1875-1946) si possono trovare numerose informazioni, anche in rete (nota 1). In sintesi, dopo anni di apprendistato, prima nella natia Caravaggio (Bg) e successivamente a Milano, apre a Milano un laboratorio di ebanisteria che produce mobili e arredi e che giunge ad avere nel 1927 una trentina di operai. È interessante riferire che nel 1914 assume l’incarico dal Ministero della Cultura di restaurare il coro ligneo di fra Giovanni da Verona nella chiesa veronese di Santa Maria dell’Organo e che nel 1938 svolge un ruolo attivo nella preparazione della mostra commemorativa di Giuseppe Maggiolini.
Quanto al “Pitt. A. Armetti”, crediamo lo si possa identificare nel pittore Adriano Armetti, nato a Milano nel 1907, dedicatosi, oltre che alla pittura, all’insegnamento e alle arti grafiche.
Come di ricava dalla lettera citata, la sala da pranzo si componeva di diversi pezzi: una grande credenza, un mobile vetrina, un mobile portaorologio, un tavolo, un tavolino, otto sedie, una poltrona, un mobile copricalorifero e altri arredi minori. La struttura di ciascun mobile è in compensato, impiallacciato in palissandro d’India dello spessore di mezzo centimetro, con specchiature in radica di olmo e motivi intarsiati sui pilastrini; la parte interna è in compensato di okumé con ripiani in legno di faggio.
Di quasi tutti i mobili, alcuni dei quali individuabili nelle Figure 1 e 2, siamo in grado di fornire delle immagini fotografiche scattate nel 2000, quando gli arredi sono stati dispersi [Figure 4-8].

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Figura 4. Grande credenza a tre scomparti con il piano superiore in marmo Polcevera a incasso con alzata architettonica in legno dorato, cm. 250 x 100 x 55.

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Figura 5. Mobile vetrina con ante vetrate e due cassetti sotto il piano, piano superiore in marmo Polcevera a incasso con alzata architettonica in legno dorato (nota 2).

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Figura 6. Tavolo allungabile sui lati di testa con gambe montate a crociera, cm. 200 x 110.

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Figura 7. Una di otto sedie e una poltrona in palissandro con rivestimento in velluto color nocciola.

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Figura 8. Copricalorifero con piano in marmo Polcevera a incasso e griglia in legno sagomato.

Della fornitura faceva parte anche la particolare tappezzeria della sala da pranzo che si vede nelle Figure 2 e 3 e che viene così descritta nella lettera del dicembre 1928: “Stoffa a muro, in velluto di cotone tinta nocciola; appeso a sandalina in giro alle pareti libere all’altezza di m. 2 dal pavimento. Pieghettato da 60 in 60 centimetri, affrancato alla base della zoccolatura ed appeso in alto nei ganci a muro in ferro battuto, espressamente eseguiti. Completata con una guarnizione di cordoni annodati …”.
Il costo complessivo, compresa la fornitura di un mobile porta orologio di 2 metri d’altezza e la realizzazione in palissandro di due contro stipiti sulle porte d’ingresso e 2 stipiti per le finestre, nonché di una zoccolatura, sempre in palissandro, alta 20 centimetri lungo le pareti libere, era stato preventivato nella misura di 24.000 lire (pari a circa 21.600 euro attuali).
Nelle stesse immagini delle Figure 2 e 3 si vedono anche gli strumenti di illuminazione, anch’essi menzionati nella lettera, più precisamente: sette lampade a braccio in ferro battuto, una lampada torciera a cinque candele e un tavolino con servizio per fumatori (che si intravede nella Figura 3 sulla destra), per un totale di 2.400 lire (pari a circa 2.100 euro attuali), a cui si aggiungono 5 plafoniere in vetro montate su supporti in legno lucidato in tinta palissandro per 1.100 euro (pari a circa 1.000 euro attuali) (nota 3).
La fornitura era completata da vari lavori di rifinitura e da soli due oggetti: il vaso Chini di cui si è riferito (vedi ancora nota 2) e una non meglio identificata “Coppa Vetro di Murano (Venini)” acquistata per 110 lire (circa 100 euro attuali).
Poco dopo, nel gennaio 1929, la sala viene completata con alcune vetrate “decorate a smalto cotto a gran fuoco, legate in piombo come da disegno, con telaio in ferro” relative a due finestre e a tre porte, ciascuna di due ante, fornite dalla ditta Tevarotto (nota 4), di cui mostriamo la carta intestata [Figura 9], per la cifra di circa 2.700 lire (pari a circa 2.400 euro attuali).

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Figura 9. Intestazione della carta da lettera della ditta Tevarotto con indirizzo in Viale Premuda n. 34 a Milano.

Nel dicembre 1930, viene acquistato dalla fabbrica di pianoforti Colombo un pianoforte verticale “d’occasione” marca Pleyel di Parigi (meccanica Schwander) per 5.400 lire (pari a circa 5.000 euro attuali) [Figure 10 e 11].

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Figura 10. Intestazione della carta da lettera della ditta Colombo con indirizzo in Via Porlezza n. 4 a Milano.

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Figura 11. Pianoforte verticale Playel n. 156706 (meccanica Schwander), Parigi.

Il candeliere appoggiato sul pianoforte fotografato nel 2000 è lo stesso compare al centro del piano del mobile vetrina nelle Figure 2 e 3.
Non è registrato in alcun preventivo o fattura, bensì in un appunto manoscritto senza data, presumibilmente di pugno del proprietario, nel quale si annotano ulteriori acquisti di oggetti per l’abbellimento della sala, probabilmente sempre tramite il prof. Ferrario.
Il candeliere compare alla voce “Cappellini diversi” per una cifra di lire 1.125 (circa 1.000 euro attuali) che comprende però evidentemente anche altri oggetti.
Si tratta di un magnifico oggetto in vetro prodotto dalla MVM Cappellin & C. di Murano come si legge chiaramente sul marchio in trasparenza [Figure 12 e 12bis, nota 5].

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Figura 12. MVM Cappellin & c., candeliere, vetro, altezza cm. 20 circa, Murano 1930 circa, collezione privata (foto di Gianalberto Cigolini).

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Figura 12bis. Marchio MVM Cappellin Murano, leggibile in trasparenza alla base del cendeliere di Figura 12 (foto di Gianalberto Cigolini).

Sullo stesso appunto manoscritto di cui sopra si trova scritto anche “Cappellin elefante” a cui corrisponde la cifra di 350 lire (circa 1.000 euro attuali), facilmente identificabile nello splendido oggetto sotto raffigurato [Figura 13, nota 6].

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Figura 13. MVM Cappellin & c., elefante, vetro, Murano 1930 circa.

Purtroppo, la maggior parte di questi arredi, mobili e oggetti, è stata venduta sul mercato antiquario e si dubita resti qualcosa dell’allestimento originale con la “Stoffa a muro, in velluto di cotone tinta nocciola, appeso a sandalina in giro alle pareti libere…”. Sopravvivono i documenti e le immagini come preziosa testimonianza del gusto di un’epoca.

NOTE

[1] Si rimanda alla voce di Wikipedia [Vedi] e al sito tarsieferrario.info che contiene numerose informazioni e immagini [Vedi].

[2] Sul piano si intravede un vaso di Galileo Chini (1873-1956) fornito da Ferrario e così descritto: “… vaso opalescente in ceramica, dipinto a mano, dello Spett. Fabbrica del Pitt. Chini di Firenze (già esposto alla Biennale delle Arti Decorative di Monza) …”. Il vaso era proposto a 450 lire, pari a circa 400 euro (in base a uno dei tanti programmi di conversione storica lira-euro). Il committente, in dubbio circa l’acquisto, oppure forse ritenendolo caro, appone di suo pugno un punto interrogativo. A titolo puramente indicativo, un vaso Chini in ceramica decorato a motivi vegetali e volute, datato 1896, è stato venduto in asta da Sant’Agostino nel maggio 2018 a 1.800 euro (lotto 2) [Figura A].

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Figura A. Manifattura Galileo Chini, vaso in ceramica decorato a motivi vegetali e volute, 1896, Sant’Agostino nel maggio 2018 n.1A.

[3] Nella stessa lettera del dicembre 1928 erano contemplati varie opere di stuccatura relative alle pareti e al plafone per una spesa complessiva di circa 3.000 lire (pari a circa 2.700 euro attuali). Non è chiaro se nella descrizione “Esecuzione dello stampo e riproduzione di un esemplare del bassorilievo e posto in opera” si possa riconoscere il grande bassorilievo centinato raffigurante una Sacra Famiglia (?) che si vede in Figura 2 sopra la grande credenza.

[4] Angelo Tevarotto era il titolare di un laboratorio che ha prodotto vetrate artistiche su disegno di importanti artisti come Mario Sironi (1885-1961), come nel caso delle vetrate eseguire per la chiesa di Santa Maria dell’Annunciata che fa parte del complesso ospedaliero Niguarda a Milano.

[5] La MVM Cappellin & C. è stata una delle più importanti vetrerie artistiche di Murano (Ve), fondata da Giacomo Cappellin (1887-1968) nel 1925 e affidata inizialmente alla direzione artistica di Vittorio Zecchin (1878-1947) a cui subentra nel 1926 l’allora giovane architetto Carlo Scarpa (1906-1978). L’iniziativa ebbe vita breve e fallì nel 1932 per essere rilevata l’anno successivo dalla ditta Pauly & C. di Venezia.

[6] Per il candeliere, tuttora in collezione privata milanese e per l’elefantino, passato sul mercato antiquario dopo la dispersione degli arredi nel 2000, si può stimare per entrambi un valore di circa 4.000 euro ciascuno. Si possono vedere evidenziati in due dettagli della Figura 2 (Figure 2bis e 2ter).

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Figure 2bis e 2ter. Dettagli della Figura 2.

Marzo 2023

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