Alessandro cornuto

della Redazione di Antiqua

Dando alle stampe a Roma nel 1669 il volume Iconografia di Giovanni Angelo Canini, morto da tre anni [Figura 1], il fratello Marc’Antonio si rivolge al Lettore nell’introduzione (pagine XII e XVIII prive di numerazione) spiegando le ragioni dell’opera (nota 1).

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Figura 1. Canini Giovanni Angelo, antiporta di Iconografia …, incisione, ante 1666.

Egli scrive che Giovanni Angelo nelle pause che l’attività di pittore gli concedeva “… soleva per curioso diporto disegnare immagini d’huomini illustri, cavate da marmi antichi, da gioie, e da medaglie, similmente antiche …”.
Su suggerimento degli amici, ritenendo che detta fatica potesse giovare agli studiosi di antichità, fu deciso di ricavarne delle stampe. In occasione di un viaggio in Francia al seguito del cardinale Flavio Chigi, legato apostolico, il risultato di questo lavoro fu presentato a Luigi XIV nel palazzo di “Fontanablò” (Fontaibleau) dove ebbero modo di ammiralo anche Charles Le Brun, pittore e architetto (in realtà era soprattutto un arredatore d’interni) e Jean-Baptiste Colbet, ministro delle finanze del re. Incoraggiato dai complimenti ricevuti, una volta tornato a Roma Giovanni Angelo Canini si impegnò a perfezionare l’opera finché la morte non lo colse prematuramente.
Spetterà quindi al fratello Marc’Antonio curarne la pubblicazione.
Il risultato è bizzarro perché i tanti volti, quasi sempre di profilo, sono accomunati dalla circostanza di essere tratti da pietre e monete antiche per cui sono poste in successione figure personaggi storici, mitologici, poeti e scrittori, storici e filosofi senza alcun ordine apparente.
Tra la numerose teste, spicca quella di Alessandro Magno contrassegnata in esergo da una scritta apparentemente oltraggiosa: ALESSANDRO MAGNO CORNUTO [Figura 2]; l’incisione è firmata Valet (nota 2).

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Figura 2. Vellet Guillame (?), Alessandro cornuto, incisione, in C.A. Canini Iconografia …, n. 15, s. XIV p. 38.

La pagina accanto all’illustrazione, accompagnando il testo con precisi riferimenti bibliografici (nota 3), racconta che Alessandro, ritenendo inadeguata a lui la sola condizione umana, si disse figlio di “Giove” Ammone cingendosi la testa di corna di ariete conformemente al simulacro del dio [Figura 3].

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Figura 3. Testa di Giove Ammone, terracotta policroma, I sec. d.C, Roma Museo Barracco.

Fonti più moderne riferiscono che Alessandro, di indole superstiziosa, si fosse recato in visita all’oracolo della divinità egizia Ammon-Ra nel deserto Libico presso l’attuale oasi di Siwa.
Ammon-Ra era venerato anche dai Greci che lo denominarono Zeus-Annone e avevano per il suo oracolo la stessa considerazione riservata a quella di Delfi. Durante il viaggio però Alessandro e la sua scorta persero la strada, rischiando di morite nel deserto se Ammon-Ra, come riferisce Plutarco non avesse fatto piovere. Fu il filosofo Callistene, al seguito della spedizione, a narrare questa vicenda pervenuta fino ai giorni nostri.
Giunto presso l’oracolo Alessandro ricevette alcune rivelazioni circa la sua nascita e il suo destino; l’oracolo di Ammon-Ra lo aveva salutato come figlio, facendone quindi il figlio di Zeus-Ammone (nota 4).
In un’altra parte del libro Pagine XI-XV prive di numerazione), dove si elencano gli oggetti antichi (pietre, monete, ecc.) da cui sono tratte le teste, secondo un ordine alfabetico che fa riferimento ai soggetti rappresentati, viene specificato che l’incisione raffigurante Alessandro Magno cornuto riproduce una gemma come questa [Figura 4].

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Figura 4. Testa di Alessandro Magno, gemma (fonte e ubicazione ignota).

La gemma è a sua volta ricavata da un tetradramma coniata sotto Lisimaco tra il 354 e il 394 a.C. [Figura 5]. Dalla stessa moneta è tratto un cammeo conservato a Firenze nella Sala delle gemme di Palazzo Pitti [Figura 6], che possiamo considerare come ulteriore termine di riferimento.

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Figura 5. Tetradrammo in argento, Macedonia 306-281 a.C., Cambridge, Fitzwilliam Museum.

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Figura 6. Testa di Alessandro Magno, agata con montatura in oro, bottega italiana, XVI secolo, Firenze, Palazzo Pitti, Sala delle gemme, inv. Gemme n. 954 (1921).

NOTE

[1] Il titolo completo dell’opera, stampata a Roma nel 1669 presso la Stamperia d’Ignatio de’Lazari, è: Iconografia, cioè Disegni d’imagini de famosissimi monarchi, regi, filosofi, poeti ed oratori dell’antichità, cauati de Giovan Angelo Canini da frammenti de marmi antichi …, con le proue dell’istesso autenticate da più classici autori di quei medesimi secoli. Data in luce con aggiunta di alcune annotationi, da Marc’Antonio Canini fratello dell’autore cauati de Giovan Angelo Canini da frammenti de marmi antichi, e di gioie, medaglie, d’argento, d’oro, e simili metalli, con le proue dell’istesso autenticate da più classici autori di quei medesimi secoli. Data in luce con aggiunta di alcune annotationi, da Marc’ Antonio Canini fratello dell’autore.
Di seguito alcune caratteristiche riscontrate nell’esemplare conservato nella Biblioteca di Villa Cagnola a Gazzada (Va) (BVC segnatura Oa 6):
p. I bianca
p. II Antiporta di C. A. Canini, incisione.
p. III Frontespizio
p. IV bianca
p. V-VI SIRE (dedica al re)
p. VII-VIII Al lettore
p. XIX-X LOUIS PA LA GRACE DE DIEU ROY DE FRANCE, ET NE NAVARRE (specie di dichiarazione di encomio)
p. XI-XIV Tavola delle Gemme Antiche, marmi antichi e medaglie d’oro, Argento & altri metalli similmente antichi l’m: significa medaglia in metallo.
Nota: le prime 16 pagine (qui numerate da I a XIV) sono prive di numerazione.
Seguono CIII schede costituite da un’incisione numerata (da 1 a 103) più una o più pagine da Tonsura (incisione 1, scheda I, p. 1) a Deità Silvestre (incisione n. 103, scheda CIII, p. 133).
Nota: due diverse incisioni n. 37 per una stessa scheda (Hierone), due diverse incisioni n. 46 e 47 per la stessa scheda (Sileno …), cinque diverse incisioni (nn. 56-60) per la stessa scheda (M. Antonio e Cleopatra), due diverse incisioni n. 101 per una stessa scheda (Baccante).
Seguono ancora nove incisioni di teste numerate da 104 a117 prive di testo, più un’ultima incisione priva di numerazione raffigurante una giovane e recante la scritta: VIRTUTES NON GEMMAE PULCHRITUDINIS DECUS
Su Giovanni Angelo Canini (1609 [1617 secondo altre fonti]-1666) di Antonella Pampalone – Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 18 (1975)[Leggi].

[2] Oltre che Valet (talvolta Vallet), le incisioni riportano le firme Picart, Ioseph Testana e M.A. Canini (ossia Marc’Antonio canini, fratello di Giovanni Angelo).
Il Dizionario degli incisori di Giorgio Milesi (Minerva Italica, Bergamo 1989) registra Vallet Guillaume (Parigi 1632-1704), Picart Bernard (Parigi 1673-Amsterdam 1734), Picart Etienne (Parigi 1632-Amsterdam 1721), Testana Giuseppe Maria (Genova 1648-Roma 1699 ca.), nonché lo stesso Giovanni Angelo Canini (non Marc’Antonio) per il quale propone come data di nascita il 1617.

[3] Vengono citati diversi autori e le loro opere che qui tentiamo di identificare in modo più preciso e dettagliato: Quinto Curzio (Rufo), Historiae Alexandri Magni Macedonis (Storie di Alessandro Magno il Macedone), Libro 4; Paolo Orosio, Historiarum adversus paganos libri septem (I sette libri di storie contro i pagani), Libro 3; (Marco Giuniano) Giustino, Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi libri XLIV in epitomen redacti (Storie filippiche di Pompeo Trogo redatte in sintesi), Libro 2; Diodoro Siculo, Bibliotheca historica, Libro 17, parte II; Aulo Gellio, Noctes Atticae (Notti Attiche), Libro 14, capitolo 4;

[4] Per un rapido approfondimento: [Vedi].

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, febbraio 2020

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