Mirella Levi D’Ancona, Botticelli’s Primavera. A Botanical Interpretation, 98 pagine formato 24 x 17 cm., Olschki, Firenze 2022, euro 20.

Look carefully, sharper your mind, see the light (guarda attentamente, aguzza la mente, vedi la luce), così Mirella Levi d’Ancona (*) intitola la prima parte del suo scritto Botticelli’s Primavera del 1983, appena ripubblicato da Olschki nelle sue parti essenziali, con una prefazione del direttore degli Uffizi Eike Schmidt e un’introduzione di Lucia Tongiorgi Tommasi (Leggi).
Perché?
Lo spiega la Levi D’Ancona come l’effetto della combinazione di tre piante: l’Euforbia Elioscopia (che migliora la vista), il Giglio (che simboleggia la castità ma anche la capacità dell’intelletto di guardare alle cose eterne) e l’Antirrino (che rende attraenti e ha a che fare con l’iniziazione sessuale delle giovani donne).
Abbiamo qui una sintesi delle complesse relazioni tra le piante: virtù terapeutiche, simbologia sacra e profana, significato astrologico, ecc. di cui la stessa autrice aveva fornito un saggio nel precedente The Garden of Renaissance. Botanical Symbolism in Italian Painting, con prevalente riferimento ai dipinti religiosi, pubblicato nel 1977, sempre da Olschki.
Questo approccio “botanico” si applica a uno dei dipinti più celebri e più discussi della storia dell’arte rinascimentale, la Primavera di Botticelli, con la sua “caleidoscopica e talvolta esasperata ricchezza di significati”, come dice Eike Schmidt, il quale definisce “eroico”, in considerazione della mole di materiale prodotto, il compito di cui si fa carico la Tongiorgi Tommasi nel sintetizzare la produzione critica fiorita attorno all’opera.
La prima parte del testo inizia con il resoconto dei fatti che ruotano attorno al matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e di Semiramide Appiani, fissato per il maggio 1482 e slittato a luglio dello stesso anno per la morte di Lucrezia Tornabuoni, madre di Lorenzo il Magnifico cugino del promesso sposo.
La Primavera di Botticelli sarebbe stato appunto un dono di nozze, dipinto attorno al 1481, prima del viaggio a Roma di Botticelli, come sostiene gran parte della critica.
La Levi D’Ancona suggerisce, tuttavia, che il dipinto fosse stato concepito per celebrare l’amore tra Giuliano de’ Medici, fratello del Magnifico, ucciso nel corso della cosiddetta congiura dei Pazzi avvenuta nel 1478, e una certa Fioretta, forse madre del figlio di Giuliano, Giulio nato postumo.
Il ragionamento a supporto di questa tesi si sviluppa in diverse pagine in cui si alterna la minuziosa descrizione dei personaggi che popolano la scena a quella delle specie botaniche.
A un certo punto, compare il crescione, una pianta che deriva il suo nome dal verbo “crescere”; in sintonia con quanto scrive Marsilio Ficino nel suo libro Sopra lo amor o ver’ convito di Platone, si innesca una relazione tra la crescita del corpo, della libido, dell’istinto di procreazione … fino alla crescita dell’amore per Dio, fine ultimo dell’uomo. Nessuno avrebbe mai pensato che il crescione potesse significare tutto ciò; del resto, anche la Tongiorgi Tommasi ritiene l’esempio del crescione “emblematico” della pluralità di significati che si possono attribuire a una pianta.
Un altro esempio, non meno curioso, è quello dell’interpretazione della felce come una denigrazione (slur) di Lorenzo di Pierfrancesco a causa del detto fiorentino: “molte volte dal grano nasce la felce”, ossia che da una buona famiglia può nascere un frutto degenere.
Alla fine, l’autrice suggerisce anche di anticipare la datazione del quadro, ipotizzando che sia stato dipinto tra il 1476 e il 1481, possibilmente con un intermezzo nel 1478-1479 a causa della rivolta dei Pazzi. Valgano in proposito i riferimenti di cui il testo è disseminato, ma anche un’osservazione che rende testimonianza dell’attrazione di Botticelli per la botanica. Nel 1746 esce la traduzione italiana della Naturalis Historia di Plinio curata da Cristoforo Landino e nel 1481 viene pubblicato un commentario dello stesso Landino alla Divina Commedia con illustrazioni fornite da Botticelli.
La seconda parte è dedicata a quaranta specie botaniche, per ciascuna delle quali vengono indicati vari significati e riferimenti bibliografici e vien mostrata un’illustrazione tratta dalle incisioni che illustrano il libro di Mathias de L’Obel, pubblicato ad Anversa da Moretum nel 1591 (sicuramente si parla di Icones stirpium, seu plantarum tam exoticarum, quam indigenarum, in gratiam rei herbariae studiosorum in duas partes digestae. Cum septem linguarum indicibus, ad diversarum nationum usum, Anversa, ex officina Plantiana, Apud Viduam et Ioannem Moretum, 1591).
In definitiva di un libro esemplare che dimostra come si possano e debbano affrontare anche i capolavori assoluti senza inibizioni e timori reverenziali. Il testo è sempre stato pubblicato solo in inglese, ma è scritto in modo molto chiaro e risulterà di facile e piacevole lettura anche per chi possiede dell’inglese una conoscenza scolastica.
(*) Su Mirella Levi D’Ancona: https://intellettualinfuga.fupress.com/scheda/levi-dancona-mirella/466

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