Canterani a lambrecchini
di Andrea Bardelli

Il mobile “a lambrecchini”, una tipologia prettamente lombarda, deriva la sua denominazione da una fitta sequenza di elementi trilobati, quasi sempre dorati, che corre sotto il bordo del piano.
Il lambrecchino trova definizioni in campo architettonico, araldico, dei tessuti e in molti altri ancora; i più celebri e imitati sono quelli del baldacchino berniniano di san Pietro a Roma (1630), trasposti nei capo-cielo (struttura aerea a baldacchino sopra l’altar maggiore) di innumerevoli chiese barocche.
Sui mobili in questione possono essere giunti da fonti iconografiche di vario genere. Si sostiene giustamente che, in presenza di stilemi così diffusi, la provenienza del mobile non è dettata dall’origine del prototipo (altrimenti i mobili a lambrecchini sarebbero tutti romani), quanto si identifica nel luogo in cui, per motivi spesso ignoti, quel particolare elemento decorativo attecchisce con particolare vigore. Sull’epoca pare non vi siano dubbi: entro il primo quarto del Settecento, quindi più o meno corrispondente alla Reggenza francese.
Ma di quale luogo di provenienza stiamo parlando ?
Prima di rispondere, vediamo più da vicino questa tipologia e tentiamo di classificarla.
La prima immagine [Figura 1] mostra un esemplare caratterizzato da fronte leggermente mossa con un decoro filettato tripartito su ciascun cassetto.

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Figura 1. Cassettone, Lombardia (Cremona ?), primo quarto del XVIII secolo (mercato antiquario).

Lo spigolo ebanizzato con riserve in pastiglia dorata presenta, in sequenza, una foglia accartocciata e una serie di tralci vegetali (“serpentelli”), per poi terminare in un grosso piede a ricciolone. Se ne conoscono diversi, tutti assai simili tranne che in alcuni dettagli:
-fronte dritta (forse perché di epoca leggermente anteriore);
-fronte spezzata in senso verticale in tre campate;
-assenza di lambrecchini (forse frutto di un restauro)
-fronte del cassetto decorata con intarsio floreale stilizzato tripartito;
-decoro “alla Berain” sugli spigoli (al posto dei “serpentelli”).
Per la maggior parte di essi, è stata riscontrata la comune provenienza dal Lodigiano oppure dal Cremonese.
La fronte del cassetto decorata con intarsio floreale è riscontrabile anche in un secondo modello [Figura 2] che presenta qualche variante più significativa:
-spigolo aggettante in alcuni punti
-piede a mensola (come sopra, forse perché di epoca leggermente anteriore).

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Figura 2. Cassettone, Lombardia (Cremona?), primo quarto del XVIII secolo (Semenzato).

Non si esclude che la provenienza sia la medesima; forse appare più accentuata la dipendenza dall’ambito cremonese, anche per una serie di riferimenti ai cassettoni “Veneroni” [Leggi] e “post Veneroni” [Leggi].
L’elemento aggettante all’inizio dello spigolo è invece ripreso, con caratteristiche peculiari, in un altro modello [Figura 3]. La fronte è sempre leggermente mossa con un decoro floreale intarsiato tripartito su ciascun cassetto.

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Figura 3. Cassettone, Lombardia (Pavia?), prima metà del XVIII secolo (Milano, collezione privata).

Lo spigolo ebanizzato presenta, sempre in sequenza, un elemento aggettante sagomato, parzialmente dorato [Figura 3 bis], una riserva dorata con una serie di tralci vegetali, e termina con piede a mensola con tre “costolature” affiancate che richiama l’elemento aggettante.

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Figura 3 bis

C’è da chiedersi se questo modello, rispetto ai precedenti, sia semplicemente da collocare in uno stadio temporale più avanzato – ma sempre entro la prima metà del Settecento – oppure se sia da riferire a un diverso ambito locale. In proposito, ci limitiamo a registrare la comune provenienza di alcuni mobili di questa genere dalla provincia di Pavia. E’ importante memorizzare questo particolare elemento aggettante perché lo possiamo trovare sulla parte alta dello spigolo di numerosi cassettoni e ribalte lombardi d’altro genere (ad esempio decorati con le classiche cornicette ebanizzate) e questo ci consente quanto meno di azzardare qualche ipotesi sulla loro provenienza.
Tra Pavia e Novara troviamo canterani a lambrecchini che hanno più o meno le caratteristiche che abbiano fin’ora identificato, ma il piede termina con un’impronta ferina oppure a ricciolo. Si veda il proposito questo cassettone [Figura 4] il cui intarsio per qualità e disposizione non pone dubbi circa la sua origine “piemontese”.

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Figura 4. Cassettone, Novara (?), prima metà del XVIII secolo (mercato antiquario).

In base a quanto precede, possiamo collocare i cassettoni a lambrecchini del genere qui esaminato in diverse province della Lombardia occidentale. Alcuni dettagli ci possono aiutare a spostarli verso il Veneto (Brescia) oppure verso il Piemonte. Per ora ci si limiti a sapere che altri cassettoni a lambrecchini, con caratteristiche del tutto peculiari che esamineremo in seguito, sono invece da riferire alla zona dei Laghi (Varese, Como).
Pare invece quasi del tutto assodato che questa tipologia abbia un carattere provinciale e che non interessi quindi la città di Milano.
Di parere contrario è Giuseppe Beretti che pubblica un eccezionale tavolino con lambrecchini datato 1758 e firmato da Maggiolini ventenne (G. Beretti, Il mobile dei Lumi, p. 53 e ss., Imm. n. 45 p. 291).
Che dire di fronte a una prova così schiacciante?
Ricorro a un argomento suggerito dallo stesso Beretti che, nello stesso volume (p. 56), domandandosi come Maggiolini abbia potuto realizzare un tavolino così, sette anni prima di essere “scoperto” dal pittore Levati, accredita come primo maestro e consigliere di Maggiolini un certo Antonio Maria Coldiroli in base a quanto riferito da Mezzanzanica, l’antico biografo di Maggiolini.
Ora, il Coldiroli era un sacerdote, erudito eclettico e scienziato, ma, dato per noi non trascurabile, era di origine novarese. Non c’era bisogno di essere novarese o pavese per conoscere il baldacchino di San Pietro, ma forse sì, per avere una certa famigliarità con i mobili a lambrecchini.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, giugno 2011

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