Crocifisso in avorio appartenuto al cardinale Minoretti

della Redazione di Antiqua

Il proprietario di un bel Crocifisso in avorio [Figure 1, 1a, 1b, 1c] si è rivolto al nostro sito nel desiderio di storicizzarlo meglio e, possibilmente, di avanzare un’attribuzione.

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Figure 1, 1a, 1b, 1c. Crocifisso in avorio, altezza cm. 22, collezione privata.

Relativamente a questo oggetto già possiamo disporre di alcune preziose notizie, forniteci dallo stesso proprietario, ossia che esso, in precedenza, era appartenuto al cardinale Carlo Dalmazio Minoretti (1861-1938), arcivescovo e, successivamente, al suo segretario particolare mons. Francesco Marchesani.
Il corpus era affisso ad una croce lignea ebanizzata, sormontata dal cartiglio INRI in metallo dorato lavorato a sbalzo [Figura 1d], dalla quale è stato rimosso per essere ricollocato nella sua teca originale, eseguita da Alberto Issel a Genova [Figure 1e e 1f].

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Figura 1d. Particolare della croce in legno ebanizzato (rimossa).

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Figure 1e e 1f. Alberto Issel, teca contenente il Crocifisso di Figura 1, Genova, inizi XX secolo, collezione privata.

Come è noto, Alberto Issel (1848-1926) si affermò soprattutto come pittore, finché nel 1880, a seguito di una malattia agli occhi, rivolse il suo interesse alle arti applicate, dedicandosi prima alla ceramica, quindi alla produzione di mobili. Dopo la sua morte, la bottega genovese, trasformata nel frattempo in una vera e propria fabbrica, venne gestita dal figlio Arturo fino al 1942 quando venne distrutta da un bombardamento (nota 1).
Ancora: dietro la croce c’è un’etichetta recante la scritta “Luca Canepa, Gioielleria, Genova”. Su questo esercizio abbiamo reperito poche notizie, tranne che era sicuramente attivo negli anni Trenta del Novecento (nota 2).
Per completezza di informazione, il proprietario si era rivolto a un sito specializzato che aveva definito il Crocifisso “… un manufatto dei primi del Novecento” (nota 3).
I nostri esperti esitavano a pronunciarsi sull’epoca, ancor più a sbilanciarsi su una possibile attribuzione. Infatti, sono pochissimi gli autori conclamati – ossia di cui sono noti pezzi firmati – ai quali far riferimento per un confronto. Inoltre, la maggior parte degli artefici imita i modelli di Giambologna o dell’Algardi, quindi è difficile distinguere un artefice italiano, da un fiammingo, da un tedesco, ecc.
Siamo tuttavia riusciti ad acquisire una serie di pareri informali che, pur prescindendo da un esame dal vero dell’oggetto, sempre raccomandabile, concordano sul fatto che il crocifisso non sia antico, bensì eseguito all’inizio del Novecento, forse di provenienza francese.
A questa conclusione, che sottoscrive sostanzialmente quanto dichiarato dagli esperti del sito di cui sopra, aggiungiamo, a ulteriore conferma, una considerazione di tipo filologico.
Il cardinale Minoretti divenne arcivescovo di Genova nel 1925 ed è probabile che l’acquisizione dell’oggetto sia avvenuta in questo contesto, commissionata dallo stesso prelato oppure frutto di un dono. Come sappiamo, il Crocifisso reca l’etichetta della bottega di Luca Canepa a Genova che risulta fosse un gioielliere e non un antiquario, quindi è meno probabile che trattasse oggetti antichi.
Poiché l’avorio è considerato un materiale prezioso, i Crocifissi in avorio hanno sempre fatto parte dell’offerta di alcune gioiellerie (più che dei negozi dediti all’arte sacra e alle forniture ecclesiastiche) e questi Crocifissi venivano eseguiti da laboratori specializzati, molti dei quali ubicati in Francia, con esiti artistici spesso di grande rilievo.
C’è poi da considerare la teca eseguita, sempre a Genova, da Alberto Issel, il quale, come abbiamo visto sopra, si dedica alla produzione di arredi lignei – nell’ambito dei quali possiamo far rientrare la teca – solo dopo il 1880.
Insomma, tutto converge verso l’identificazione di un Crocifisso in avorio, eseguito all’inizio del Novecento, in vendita presso la gioielleria Canepa, collocato in una teca coeva ad opera della bottega Issel.
L’ipotesi che possa essere di provenienza francese deriva dalla considerazione che in Francia, segnatamente a Dieppe in Alta Normandia, si era concentrata dal XVII al XIX secolo e oltre una intensa produzione di oggetti in avorio, tra cui numerosi Crocifissi, che venivano esportati in tutta Europa.
Poco o nulla cambierebbe se il Crocifisso fosse stato eseguito a fine Ottocento in Italia, Germania o altrove. Ciò che conta, in questi casi, a parte ogni considerazione di carattere affettivo, è la qualità dell’oggetto, condizione che ci pare possa dirsi rispettata.

NOTE

[1] Su Alberto Issel esiste una letteratura piuttosto ampia; in rete: [Vedi].

[2] Risulta operante in via Orefici 41-71 a Genova nell’Annuario genovese guida amministrativa, commerciale, industriale e marittima, ecc. s.d. (reperibile su books.google, dove un commento lo farebbe risalire al biennio 1936-37). Era sicuramente ancora attivo nel 1938 come documenta una cartolina intestata [Figura A].

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Figura A. Verso di una cartolina con l’intestazione della Gioielleria Canepa.

[3] Si tratta del sito Ecrandenuit [Vedi] da noi raccomandato in altre occasioni.

Novembre 2021

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