Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto. Parte III. Busch, Anreiter, Helchis, Schulz e il contesto viennese

di Alessandro Biancalana

A Vienna sorge nel 1719 la manifattura di Claudius Innocentius Du Paquier (1679-1751), la seconda di porcellana dura in Europa, e alcuni degli artisti che vi hanno operato sono tra i principali nel Vecchio Continente nell’ambito del mondo della ceramica. Nel 1744 per insormontabili difficoltà economiche la fabbrica viene rilevata dallo stato divenendo la Wien Kaiserliche Privilegierte Porzellanmanufaktur.
Girovago e figura abbastanza ambigua che a Vienna lascia tracce certe del suo passaggio (e per questo lo inserisco a questo punto) è Christian Daniel Busch (1723-1797), che, come altri, spende la propria vita artistica toccando numerose manifatture (nota 1); è solo omonimo del canonico Otto August Ernst von Busch (1704-1779), hausmaler importante del quale parlerò in un prossimo contributo. Inizia la sua carriera a Meissen come apprendista nel luglio del 1741 per spostarsi a Vienna nel dicembre del 1745 (nota 2). Il 9 novembre 1746 esegue una tazza da cioccolata della Kaiserliche Porzellanmanufaktur, oggi al MAK di Vienna (inv. n. Ke 6907), con scene alla Watteau e “Farbenproben” (prove di colori) per il conte Philipp von Kinsky (1700-1749), con la dicitura “Porcell: Farb: v: Ihro Ex: Grav: Phil: v: Kynsky” (nota 3) e sotto la base la scrittura “Wien d: 9′ Novbr: ao: 17.46. 3. mal gebrant” [Figure 1, 1 bis e 1 ter].

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Figure 1, 1 bis e 1 ter. Tazza da cioccolata, porcellana, Kaiserliche Privilegierte Porzellanmanufaktur, decoro di Christian Daniel Busch, 1746. MAK Vienna.

Definita persona di dubbia moralità a Meissen, si converte al cattolicesimo a Vienna il 2 settembre 1746 e si sposa nel febbraio del 1747. Ma nel settembre dello stesso anno si registra la morte di sua figlia Katharina e nel 1748 è segnalato alla manifattura di porcellane di Neudeck ob der Aue, poi una prima volta a Bayreuth nel 1749. Nel 1750 è alla fabbrica di maiolica di Künersberg, un sobborgo di Memmingen, e poi ancora a Bayreuth e alla manifattura di maioliche di Göggingen sempre nello stesso anno. All’inizio del 1752 pare trovarsi nella bottega del pittore Georg Philipp Rugendas il Giovane (1701-1774) ad Augusta (nota 4) e sempre nel 1752 è a Strasburgo dove collabora con la manifattura di Paul Anton Hannong (1700-1760). Nel 1754, accompagnato dallo scultore Graf, si reca a Vincennes per proporre una formula per la produzione della porcellana dura per ritornarvi una seconda volta, poi, l’8 marzo dell’anno successivo, accompagnato in questa occasione da un certo Stadelmeyer. La manifattura accetterà la proposta fissando uno stipendio per Busch e Stadelmeyer e mettendo a disposizione i materiali richiesti, ma i risultati non saranno positivi e già nel marzo del 1758 i due non riscuotono più tanto da dover vendere mobili e vestiti per sopravvivere (nota 5). Tra il 1761 e il 1764 è direttore della manifattura di porcellane di Kelsterbach, dove viene definito “Herr Direktor Busch” (nota 6); di nuovo nel 1764 pare trovarsi a Sèvres, ma dal 1ottobre 1765 torna a Meissen come arcanista probabilmente solo di colori e vernici e come addetto ai forni per uno stipendio mensile di 38 talleri e 8 grossi.
Sviluppò a Meissen il colore bleu royal di fondo simile a quello di Sèvres. Nel suo breve periodo di permanenza a Bayreuth gli vengono ascritti i decori di figure cinesi di grandi dimensioni [Figura 2] sullo stile di von Löwenfinck, Dannhöfer, Stadler – a volte anche attribuiti a Johann Friedrich Metzsch (1706-1766) (nota 7) – in qualità di hausmaler su porcellana di Meissen, come la ciotola oggi al MET di New York con decoro eseguito a Bayreuth tra il 1748 ed il 1750 (inv. n. 42.205.53) e attribuito a Busch [Figura 3]. Dubito di questa ipotesi, anche perché non vi sono documenti che possano confermarla e pure perché si ritiene che Busch, a Meissen e a Vienna, avesse dipinto solo scene con figure galanti alla Watteau, paesaggi, battaglie e deutsche blumen, oltre a essere anche un arcanista per smalti e vernici e un esperto di forni (nota 8).

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Figura 2. Tazza, porcellana, manifattura di Meissen 1725-1730, decorato presumibilmente da Christian Daniel Busch a Bayreuth, 1750 circa. Mercato antiquario.

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Figura 3. Ciotola, porcellana, manifattura di Meissen 1725, decorata presumibilmente da Christian Daniel Busch a Bayreuth, 1748-1750. MET New York.

Non è da confondere con il fratello Johann Gottfried Busch (+1742), più volte rammentato come Carl Gottfried e anche come C.G. Pusche a Meissen e omonimo del padre (nota 9). Dal 1ottobre 1739 risulta come apprendista pittore a Meissen e dal febbraio 1741 “Maler, so das Gold aüftraget“. Dipinge fiori, insetti ed esegue decorazioni in oro solo per la manifattura di Meissen.
Pur se non così avventurosa come quella di altri artisti suoi coetanei, anche la vita di Carl Wendelin Anreiter von Ziernfeld (nota 10) risulta piena di interessanti risvolti: sempre al confine tra il pittore indipendente e l’ufficiale, tra arcanista, pittore e doratore. Nasce a Schemnitz (l’attuale Banska Stiavnica nella Repubblica Slovacca) nel 1702 (nota 11), dove il padre, Johan Baptist Anreiter (1660-1706), venne chiamato a ricoprire l’incarico di Segretario Camerale (Kays. Camer Secretar) tra il 1702 ed il 1703 (nota 12). Nel corso del 1703 la famiglia Anreiter ritorna a Longmoos nei pressi di Bolzano e Carl cresce nel maso di proprietà della famiglia, denominato Schindmann an der Rotwand, sull’altipiano del Renon. Alla morte prematura del padre non può raccogliere per la sua giovane età la gestione del maso di famiglia, che gli spettava di diritto in qualità di primogenito, ma la sua passione per l’arte lo spinge a staccarsi dalla tradizione e a seguire i suoi primi studi di pittura a Bolzano tra il 1716 ed il 1720 nella bottega di Franz Rottensteiner presso il quale più volte mangia e alloggia (nota 13); in questi anni può aver subito probabilmente anche gli influssi del pittore altoatesino e decoratore di stufe Christopher Schgachnes (ante 1675-post 1734) [Figure 4, 4a e 4b].

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Figure 4, 4a e 4b. Stufe in maiolica con formelle decorate, XVIII secolo. Ubicazioni diverse.

Terminato l’apprendistato, nel corso del 1720 Carl lascia Bolzano per trasferirsi per qualche tempo a Innsbruck, dove viveva la sorella Anna Maria Polyxen, moglie di Anton Schuller, bancal-cancellist in quella città: in data 27 giugno 1720, infatti, si registra un pagamento in contanti ad un trasportatore di Bolzano per l’imminente viaggio di trasferimento di Carl da Bolzano ad Innsbruck (nota 14). La presenza di Carl Wendelin a Vienna è documentata già nell’agosto 1721 ed anche nell’anno successivo quando vengono inviate a Vienna da Bolzano somme di denaro (nota 15) per cui si può ritenere che abbia in qualche modo iniziato la propria collaborazione con la manifattura Du Paquier non appena giunto nella capitale austriaca. Un documento del 7 aprile 1725, che fa riferimento all’anno precedente (nota 16), definisce Carl Wendelin “freyen kunst maller” a Vienna in Austria (pittore d’arte libera), facendo così presupporre una sua attività indipendente dalla manifattura Du Paquier, o anche, o non esclusivamente, quella di pittore non necessariamente solo su porcellana. Nel 1725, però, è documentato che Carl Wendelin abitasse, come tutti i dipendenti della fabbrica Du Paquier, nelle vicinanze della manifattura (“im Preiner Garten in der Rossau”) e, successivamente nel 1737, “beim Winter, im Schmidischen Haus, beim goldenen Herz, beim grunen Rossl“, sempre in altre case del quartiere di Josephstadt (nota 17): questi suoi domicili potrebbero far pensare che in questo periodo fosse divenuto un dipendente fisso della manifattura viennese, anche nella duplice veste di pittore ufficiale e hausmaler. Un documento di questi anni della sua attività elogia la sua opera ed afferma che “si possono trovare in Europa pochi lavoranti capaci di eguagliarlo nell’arte e nella bellezza” (nota 18) senza ulteriori specificazioni.
Nel periodo della sua prima permanenza a Vienna l’Anreiter pare dipingere soprattutto in Schwarzlot e firma una serie di oggetti tra i quali una parte di servizio da tè e cioccolata con architetture e scene di fiumi, campagne e rovine [Figura 5], oggi conservato al MAK di Vienna (inv. n. Ke 4945-1/7), composto da due becher e due piattini di Du Paquier e due “Koppchen” con piattino di Meissen, come pure la teiera.
Quest’ultima presenta sotto la base per esteso la firma “CARL. W. Anreiter: VZ: Winn M:“, dove il significato della “M” è ancora da scoprire [Figura 5 bis], e un piattino porta la dicitura “CARL: W: Anreiter VZ. inon gold [?]: W: f.” [Figura 5 ter], mentre alcuni altri pezzi hanno solo la sigla “W:f:” (per “Wien fecit“).

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Figura 5. Parte di un servizio in porcellana di Meissen e Du Paquier, firmato in parte da Carl Wendelin Anreiter. MAK Vienna.

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Figure 5 bis e 5 ter. Firme di Carl Wendelin Anreiter rispettivamente sulla teiera (Meissen) e sul piattino (Du Paquier) secondo a sinistra in Figura 5.

Anche una notissima teiera in porcellana Böttger con figure cinesi di grandi dimensioni (MAK Vienna, inv. n. Ke 6311) porta per esteso “CARL: W: Anreiter: vz. Winn.” [Figure 6 e 6 bis].
Si può ritenere ancora legata alle sue prime produzioni viennesi, verso il 1725, un’altra teiera con scene di caccia sempre di produzione sassone decorata in Schwarzlot [Figura 7], che, pur non presentando firme, sigle o segnature, ha fortissime analogie con i pezzi sopradescritti (MAK Vienna, inv. n. Ke 1537).
Analogamente una teiera con figure di vita orientale decorata in Schwarzlot e dorature della Collezione Cagnola presenta analogie con la pittura di Carl Wendelin [Figura 8].

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Figure 6 e 6 bis. Teiera, porcellana, manifattura di Meissen 1725 circa, firmata da Carl Wendelin Anreiter. MAK Vienna.

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Figura 7. Teiera, porcellana, manifattura di Meissen 1725 circa, decoro attribuito a Carl Wendelin Anreiter. MAK Vienna.

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Figura 8. Teiera, porcellana, manifattura Du Paquier, 1730 circa, decoro nei modi di Carl Wendelin Anreiter. Collezione Cagnola, Gazzada (Va).

Di impostazione ben diversa dai precedenti e nella scia di altri hausmaler di area tedesca è una ecuelle con piatto della manifattura Du Paquier, già collezione Helmuth Rothberger, definita da Hofmann “tazza da ollio” (nota 19), dal nome di una bevanda nutriente a base di brodo di verdure con pesce o carne molto di moda e che di solito le puerpere consumavano tra un pasto e l’altro anche davanti alla toeletta, che presenta tralci policromi di fiori di pruno e la raffigurazione di due innamorati, oltre ad uno stemma della famiglia Anreiter nel corpo e sul coperchio in monocromo viola, il monogramma incoronato “AMAvZ” [Figure 9 e 9 bis].

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Figure 9 e 9 bis. Tazza da ollio con piatto, porcellana, manifattura Du Paquier, 1730 circa, firmata da Carl Wendelin Anreiter. MET New York.

Sotto la base dell’ecuelle la firma dell’autore in rosso ferro “J. Carl Wendelin Anreiter VZ: in Wien: feci:” e sotto il piatto “A:M: / A: VZ: W (VN?)” (MET, New York, inv. n. 54.147.85a – b, 86) [Figura 9 ter]. Pensata forse per un matrimonio o fidanzamento di uno dei figli di Carl Wendelin, probabilmente Anton (1727-1801), o per un dono alla sorella Anna Maria Polyxen che lo aveva ospitato a Bolzano, o, più probabilmente, per l’omonima figlia Maria Anna, della quale poco conosciamo (nota 20), o addirittura per la nipote Marianna, nata il 17 maggio 1733, figlia di Franz Michael (+1737).

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Figura 9 ter. Particolare della firma di Carl Wendelin Anreiter sotto la base dell’ecuelle di Figure 9 e 9 bis.

Lo stemma si può ricollegare a quello presente su un becher sempre della manifattura Du Paquier [Figure 10 e 10 bis], oggi in collezione privata, uno stemma in monocromo viola analogo a quello decorato su questa ecuelle e con una “Z” incussa sotto la base (nota 21).

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Figure 10 e 10 bis. Becher, porcellana, manifattura Du Paquier, 1725-1730, decoro con stemma Anreiter (?), forse successivo. Raccolta privata.

Si riferisce invece a Joseph Benedikt von Rost (1696-1754), vicario generale della cattedrale di Coira tra il 1725 e il 1728 (nota 22), e non alla famiglia Anreiter come già ipotizzato, lo stemma decorato su una ciotola presumibilmente della manifattura Du Paquier [Figure 11, 11 bis e 12] e attribuito in passato al pennello di Johann Carl (1730-post 1760), figlio di Carl Wendelin (nota 23), già collezione Ole Olsen a Hillerup (nota 24), firmata “CARL  ANREITER” (nota 25) e che presenta la sigla “I:B:S:R: / :I:P:E:C:” a contornare lo stemma (nota 26).

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Figure 11 e 11 bis. Ciotola firmata “CARL ANREITER“, porcellana, manifattura Du Paquier (?), 1725-1728 (già collezione Ole Olsen a Hillerup).

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Figura 12. Stemma famiglia Rost.

Stante il profilo temporale e nell’impossibilità di controllare la firma, credo sia ipotizzabile l’attribuzione di questo oggetto a Carl Wendelin nel suo primo periodo viennese e non al figlio omonimo. Rammento che è conosciuto un becher con interno completamente dorato e piattino di produzione Ginori che porta gli stemmi di due importanti famiglie tedesche, in ricordo forse, o per dono, in occasione del matrimonio tra Leopold Carl Freiherr von Palm (1701-1776) e Wilhelmine Sophie Strack von Weissenbach (1724-1780) avvenuto nel 1745 [Figura 13]. Nel 1735 Leopold Carl e altri membri della sua famiglia d’origine furono insigniti del Diploma di Barone Imperiale dall’imperatore Carlo VI di Asburgo (1685-1740) per i loro servizi alla corte viennese. Il becher e il piattino ci riportano allo stile di Carl Wendelin, come pure la completa doratura interna, tipica di altre realizzazioni del pittore di Bolzano, come già precedentemente sottolineato (nota 27).

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Figura 13. Becher e piattino, porcellana, manifattura di Doccia, 1745 circa, decoro attribuibile a Carl Wendelin Anreiter.

Anche su altro becher della manifattura Du Paquier, databile attorno al 1725 [Figura 14] si riscontra la sigla “I.C.W.v.A” che si è pensato, non senza qualche forzatura, di assegnare ad Anreiter.
L’oggetto presenta figure ed architetture con una non comune cromia in nero e rosso chiaro, utilizzata nelle prime produzioni della manifattura Du Paquier, come in una teiera al Gardiner Museum a Toronto, inv. n. G83.1.823.1-.2 [Figura 15] e in una serie di becher nella Collezione Cagnola [Figura 16].

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Figura 14. Becher con piattino, porcellana, manifattura Du Paquier 1720-1725, decoro attribuito a Carl Anreiter. Mercato antiquario.

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Figura 15. Teiera, porcellana, manifattura Du Paquier 1725 circa. Gardiner Museum Toronto.

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Figura 16. Becher con piattino, porcellana, manifattura Du Paquier 1725 circa. Collezione Cagnola, Gazzada (Va).

La sigla “I.C.W.v.A” non è posta sotto la base, ma nel corpo della tazza alla sinistra delle rocce; il piattino, invece, porta la solita lettera “Z” incussa, che in qualche modo si è voluta ricollegare a Carl Wendelin pur senza alcun riscontro documentale. Tale lettera, per altro presente su altri oggetti in qualche modo riconducibili all’Anreiter, non ritengo sia una marca o segnatura del pittore di Bolzano, in quanto veniva apposta nella pasta prima della pittura e della smaltatura. Dal 1737 Carl Wendelin sarà a Doccia a dirigere i pittori della manifattura Ginori e in questi anni almeno due volte risulterà a Vienna, dove tornerà definitivamente con la famiglia nel corso del 1746 per rientrare, forse, nella manifattura viennese (nota 28), o lavorare come hausmaler.
Interessante è notare che a Carl Werndelin viene attribuita la decorazione tra il 1746 ed 1747 di un boccale da birra della manifattura Du Paquier [Figure 17 e 17 bis] oggi al Gardiner Museum a Toronto (inv. n. G 96.5.12), con una scena di porto e di architetture molto simile anche nelle cromie a quella della ben nota tazza di Doccia (MAK Vienna, inv. n. Ke 8929) che porta l’inusuale e molto dubbio monogramma “C A” con le lettere sovrapposte [Figure 18 e 18 bis] e a quella miniata all’interno del coperchio di una tabacchiera al Museo Duca di Martina di Napoli (inv. n. 1664) in questo caso in monocromia rosso-arancio [Figura 19]. Se la datazione del boccale fosse corretta (nota 29) – e non ho motivo per dubitarne – avremmo la prova che il pittore atesino era rientrato a Vienna come hausmaler. Da notare che questo paesaggio già era stato eseguito da Anreiter in schwarzlot su un piattino e su una parte della teiera della manifattura Du Paquier nella sua prima esperienza viennese [Figura 20].

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Figure 17 e 17 bis. Boccale, porcellana, manifattura Du Paquier 1735-1740, decoro 1746-1747 attribuito a Carl Wendelin Anreiter. Gardiner Museum Toronto.

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Figura 18 e 18 bis. Becher, porcellana, manifattura Doccia 1740-1745. Monogramma “CA” attribuito a Carl Anteiter. MAK Vienna.

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Figura 19. Tabacchiera (interno del coperchio), porcellana, manifattura di Doccia, 1745 circa, attribuibile a Carl W. Anreiter. Museo Duca di Martina Villa La Floridiana Napoli.

Figura 20. Piattino, porcellana. Manifattura Du Paquier, 1725 circa, idem come sopra. MAK Vienna.

Figura 20. Piattino, porcellana. Manifattura Du Paquier, 1725 circa, idem come sopra. MAK Vienna.

Oltre a quelle precedentemente e potenzialmente attribuite, negli anni di permanenza a Firenze Carl W. Anteiter ci lascia alcune tazze prodotte in Cina a Dehua, periodo dinastia Quing (1690-1710), ma decorate in Italia, due delle quali firmate.
Mi riferisco ai due becher policromi con scene di genere di mercati e di feste di villaggio entro riserve, una oggi allo Slezské Zemské Muzeum (inv. n. U 145 P) a Opava in Repubblica Ceca, che porta nel corpo in rosso ferro “C: A: V:Z: Fierenze” (nota 30), e l’altra, già collezione Blohm, in raccolta privata che presenta, sempre nel corpo, la dicitura “CARLO Anreiter w.Z: / Fierenze” [Figura 21, nota 31].
Se ne conoscono anche altre, assai vicine al suo stile, sempre di produzione cinese che però non presentano alcuna firma o sigla [Figura 22).

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Figure 21. Becher, porcellana di Dehua, 1700 circa, firmato da Carl Wendelin Anreiter. Raccolta privata (già collezione Blohm).

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Figura 22.  Becher, porcellana di Dehua, 1700 circa, decoro attribuibile a Carl Wendelin Anreiter. Raccolta privata.

In un’altra tazza, oggi al British Museum (inv. n. 1924, 0717.1), sempre di produzione cinese con la decorazione monocromo arancio del Miracolo dei Pani e dei Pesci, si legge “Carlo Wendelin Anreiter di Ziernfeld Fierenze” [Figure 23 e 23 bis].

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Figure 23 e 23 bis. Becher, porcellana di Dehua 1700 circa, dipinto da Carl Anreiter, 1740 circa e particolare della firma. British Museum Londra.

Del tutto analoga a questa è la tazza, di produzione docciana questa volta (nota 32), conservata al Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia ed attribuita al pennello di Giuseppe Romei (1714-1785); a queste si potrebbe ricollegare il riferimento contenuto nell’inventario fatto a Doccia alla morte del marchese Carlo: “3 dipinte rosse a istorie sagre con infinità di figure” senza un riferimento al loro autore (nota 33), indicato nel Romei, appunto per un labile accenno in un pagamento al pittore toscano in data 14 febbraio 1746 “per la pittura ………. di 2 chicchere con figure” (nota 34).
Anche su una placchetta policroma “a bassorilievo istoriato” della manifattura di Doccia che rappresenta “il saettamento dei Niobidi” appare la firma “C: Anreiter” in nero e con una grafia non ferma (nota 35), forse a causa del piano non liscio dove è stata apposta [Figure 24 e 24 bis].

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Figure 24 e 24 bis. Placca a bassorilievo istoriato, porcellana, manifattura di Doccia, 1745 circa e particolare della firma di Anreiter. Raccolta privata.

Questa produzione su manufatti cinesi risulta molto strana: come è noto Carlo Ginori invia a Vienna nel 1740 l’Anreiter con le prove dell’attività della manifattura di Doccia per ottenere la sospirata privativa per la produzione della porcellana nei territori del Granducato di Toscana. Si trattava probabilmente solo di tazze che dovevano servire a dimostrare le capacità della fabbrica (nota 36) che aveva iniziato la produzione della porcellana solo nell’estate 1739 (nota 37).
Il rischio di portare a Vienna tazze cinesi e spacciarle per prodotti di Doccia era troppo alto in quanto la porcellana asiatica era ben conosciuta in Europa; si tratta allora di esempi che Anreiter ha decorato nell’attesa di poter utilizzare la porcellana dura prodotta a Doccia, oppure prove della sua abilità fornite al marchese Carlo?
Avrebbero avuto maggiore senso se fossero state decorate prima della sottoscrizione del contratto tra Ginori e Anreiter, che però venne stipulato a Vienna il 1 novembre 1737 (nota 38), ma, se ciò fosse accaduto, perché riportare il nome di Firenze accanto alla firma (vedi ancora figura 23 bis)? Sembrerebbe quasi il retaggio del suo passato di pittore indipendente a tornare alla luce.
Da considerare anche che, poco dopo il suo rientro in Austria nel 1746, Carl Wendelin inizia una trattativa con l’incaricato del governo bavarese a Vienna, Georg Joseph von Rosenfeld, per essere scelto come arcanista per impiantare a Neudeck ob der Au, presso Monaco di Baviera, la manifattura di porcellana che successivamente diverrà la fabbrica di Nymphenburg (nota 39).
A questo scopo Anreiter invia alla corte di Baviera alcune prove che testimoniano non solo le sue capacità pittoriche, ma anche la sua conoscenza dei segreti che stavano alla base della produzione della porcellana. Trasmette, infatti, anche oggetti da lui prodotti (nota 40); quali e dove?
Difficile ipotizzare che queste tazze eseguite a Firenze siano le prove da mandare a Monaco. La sua morte nel 1747 interrompe la trattativa, ma la sua vedova Eva Rosina Kolkenberger riceve nel dicembre del 1748 una somma di denaro cospicua per le porcellane che il marito aveva precedentemente inviato in Baviera (nota 41).  Ma c’è un altro fatto interessante: nel lasciare Firenze, l’Anreiter porta con sé, fra le altre cose, alcune casse di porcellane, forse bianche, in parte a lui donate da Carlo Ginori. Giungono a Vienna rotte, però, come riportato da Anton Anreiter, figlio primogenito di Carl Wendelin e raffinato pittore di porcellana: “inoltre, quando fu arrivata, la detta roba è in pezzi, non 3 oppure 4, dico più di cento []. le porcellane sono tutti scarti, in particolare i piattini non li vuole nessuno, e quel poco che v’è di meglio è mal accompagnato” (nota 42).
Sappiamo infine che Carlo Ginori incarica nel 1743 Gaspero Bruschi (1710-1780), a capo degli scultori, dei tornitori, magazziniere e, di fatto, una sorta di direttore artistico della manifattura di Doccia (nota 43), di tenere “un Libro Ricordi” dove “Quando ella consegnerà al signor Carlo Anreiter Porcellane per dipingersi, ne prenda nota nel suo Libretto Ricordi, e quando il medesimo gliene restituisca … dipinte, gliene faccia  L’opportuna ricevuta distinta in specie, e ne prenda nota al Suo Libro Ricordi in discarico delle consegne fattegli” (nota 44). Questo libretto, che purtroppo fino ad ora non è stato reperito nelle ricerche nell’archivio fiorentino Ginori-Lisci, potrebbe svelare non pochi misteri sulle opere realmente eseguite a Doccia da Carl Wendelin (e non solo) tra il 1743 ed il 1747.
Per Du Paquier, come osservato in passato (nota 45), si può fare una distinzione tra pittori che lavoravano in manifattura sia stipendiati dalla fabbrica sia decorando all’interno pezzi che vendevano per conto proprio, da quelli che, invece, avevano solo botteghe esterne e dipingevano usando forni di proprietà. Al primo gruppo potrebbe appartenere, in mancanza di documentazione certa, proprio Carl Wendelin [Figure 25 e 26].

Figura 25. Becher biansato, porcellana, manifattura Du Paquier 1725-1730, decoro attribuito a Carl Wendelin Anreiter. Mercato antiquario.

Figura 25. Becher biansato, porcellana, manifattura Du Paquier 1725-1730, decoro attribuito a Carl Wendelin Anreiter. Mercato antiquario.

Figura 25. Becher biansato, porcellana, manifattura Du Paquier 1725-1730, decoro attribuito a Carl Wendelin Anreiter. Mercato antiquario.

Figura 26. Tazza, manifattura Du Paquier (?), 1720-25, decoro attribuito a Carl Anreiter. Mercato antiquario.

Se avesse continuato a Doccia questa sua doppia attività, almeno fino a quando la manifattura Ginori non fosse stata in grado di produrre la porcellana autonomamente, come già potrebbe aver fatto a Vienna, si spiegherebbero con maggiore facilità le tazze di porcellana cinese decorate molto probabilmente tutte a Doccia.
Se poi consideriamo che a Vienna non era ammessa, o quantomeno gradita, la firma su oggetti prodotti in fabbrica, se non per pittori che godevano delle guarentigie imperiali e per doni particolari a personaggi importanti che ne potessero far aumentare il valore in relazione al nome del pittore impiegato, dobbiamo ritenere che i pezzi firmati possano non essere attribuibili direttamente all’attività del Du Paquier e possiamo aggiungere, sempre in ipotesi, un altro elemento che identifichi anche il ruolo di Carl Wendelin Anreiter a Vienna e nei primissimi anni della sua permanenza a Firenze [Figure 27 e 27 bis, 28 e 28 bis, 29].

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Figure 27 e 27 bis. Tazza a cineserie policrome, porcellana, manifattura di Doccia 1745 circa, decoro attribuibile a Carl o Anton Anreiter. Raccolta privata.

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Figure 28 e 28 bis. Tazza, porcellana, manifattura di Doccia, 1745 circa, decoro attribuibile a Carl Anreiter. Raccolta privata.

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Figura 29. Teiera, porcellana, manifattura Doccia 1740 circa, decoro attribuito a Carl Anreiter. Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia Sesto Fiorentino.

Già nel confrontare gli oggetti che si possono assegnare al pittore di Bolzano con quelli a lui in qualche modo attribuibili, si notano numerose differenze, a volte anche macroscopiche. Di Anreiter, in sostanza, oggi ci restano rarissimi esempi indiscussi da porre in relazione sia alla sua attività di doratore, come i primi oggetti in oro graffito a Doccia (nota 46), sia perché firmati.
Le decorazioni sono su porcellana di Meissen e cinese nella migliore tradizione degli hausmaler e pochi su porcellana di Du Paquier e di Doccia, con tipologie spesso molto diverse tra loro.
Quindi molte delle attribuzioni fatte al suo pennello, alcune un po’ forzate, dovrebbero essere riconsiderate alla luce sia di analogie e similitudini nelle scene e negli ambienti riprodotti, sia al suo modo di dipingere che nel corso degli anni si va modificando: da linee nitide e precise a delimitare i disegni a una caratteristica fitta puntinatura e minor dettaglio specie nei visi, almeno nella parte finale del periodo italiano. Non va dimenticato, inoltre, che suo figlio Johann Carl era pittore di porcellana e che, quindi, potrebbe esservi anche qualche confusione su sigle e firme, come pure il primogenito Anton che già a Firenze lascia un tangibile segno della sua presenza con la decorazione di due splendide fruttiere baccellate con decoro policromo [Figura 30].

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Figura 30. Fruttiera, porcellana, manifattura Doccia 1745, decoro di Anton Anreiter, 1746, Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia Sesto Fiorentino.

Egli è probabilmente artefice, assieme al padre, quanto meno dei vassoi della serie dei “Turchi”, tratti dai ventuno disegni colorati a tempera della “Serie Ottomana” di Jacopo Ligozzi (1547-1627), forse ripresi dalle incisioni di Les navigations, peregrinations et voyages, faicts en la Turquie di Nicolas de Nicolai (1517-1583), edito da Willem (Guillaume) Silvius (1520-1580) ad Anversa nel 1576.
Pure complicate sono le vicende di un altro ragguardevole personaggio: il pittore triestino Jacobus, o Jakob, Melchior Helchis (attivo tra il 1730 ed il 1750), forse allievo di uno dei famosi hausmaler di Breslau dei quali parleremo più avanti. Il pittore, segnalato a Vienna presso la manifattura Du Paquier verso il 1730 [Figura 31], si trasferirà a Torino (nota 47) presso la manifattura Rossetti, tra il 1741 ed il 1742 (nota 48), come arcanista (?), assieme al pittore o “fabbricante di porcellaneAnton, o Philipp Magner, o Wagner (1689-post 1755), attivo fin dal 1718 presso la manifattura Du Paquier (nota 49). Faccio presente soltanto che un omonimo Wagner, ma di nome Peter Christian, è segnalato alla manifattura di Bayreuth nel 1757 (nota 50).

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Figura 31. Tazza e piattino in Schwarzlot., porcellana, manifattura Du Paquier, decoro attribuito a Jakob Helchis, 1730 circa. Raccolta privata.

Nel corso del 1742 si instaura una importante e seria trattativa con la corte di Napoli, che non troverà sbocchi a causa delle alte richieste economiche da parte dell’Helchis (nota 51) per andare in Campania assieme al Magner ad impiantare una manifattura di “vera” porcellana: lo stesso tentativo era stato fatto, ricordo, anche per portare Carl Anreiter a Napoli (nota 52).
Helchis torna a Vienna e va a vivere nella zona di Rossau, la stessa dell’Anreiter, dove era la manifattura Du Paquier, e sposa una vedova nel corso del 1746. Si reca, ancora una volta come arcanista, a Neudeck ab der Aue nel 1747, viene licenziato perché non in grado di produrre la porcellana, pertanto ritorna a Vienna nel 1748 in qualità forse di hausmaler dove è segnalato fino 1750 circa (nota 53). La sua pittura si basa per lo più su scene di caccia, animali [Figura 32], rappresentazioni mitologiche e di putti spesso contornati da ricchi fregi barocchi prevalentemente in Schwarzlot (nota 54), ma anche in rosso porpora, come il contenitore con scene di castelli e cavalieri, oggi conservato al British Museum a Londra (inv. n. 1930.0713.1 CR) [Figura 33].
Un becher biansato con un putto da una parte e un cervo dall’altra, già collezione Blohm, a lui attribuito (Museum für Kunst und Gewerbe, Amburgo, inv. n. B 93) riporta sulla trembleuse ovale che la accompagna, invece, i tipici “deutsche blumen” (nota 55) che molto si discostano dal suo tipico impianto ornamentale.
Anche una tazza a coppetta con una scenetta di una barca ormeggiata in monocromo viola, conservata al Hallwylska Museet a Stoccolma, è stata a lui attribuita pur suscitando non poche perplessità [Figura 34].

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Figura 32. Caffettiera, porcellana, manifattura Du Paquier, decoro attribuibile a Jakob Helchis 1735-1740. V&A Londra.

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Figura 33. Contenitore, porcellana, manifattura Du Paquier, decoro di Jacob Helchis 1730. British Museum Londra.

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Figura 34. Tazza, manifattura Du Paquier e decoro attribuito a Jakob Helchis (?) 1730 circa. Hallwylska Museet Stoccolma.        

Helchis viene spesso accostato ad un altro importante decoratore, forse anche lui nella duplice veste di pittore indipendente ed ufficiale: quel Christian Frey, pittore originario di Augusta tra i più apprezzati negli ultimi quindici anni di produzione della manifattura di Vienna, dove è segnalato tra il 1724 (nota 56) e il 1751.
Anche a lui sembra essere stato concesso di apporre la propria firma su alcune sue esecuzioni, come su una ecuelle con piatto siglata “C.F.“, probabilmente a lui riconducibile [Figura 35], oggi al V&A di Londra (inv. n. C.206 to B-1937) e una terrina policroma e dorata con la montatura in oro, diamanti e cammei, sempre con il solito monogramma nello specchio della base (nota 57), donata dall’imperatore Carlo VI (1685-1740) alla zarina Elisabetta (1709-1762) e oggi conservata presso la Camera del Tesoro del Museo di Stato dell’Hermitage a San Pietroburgo (inv. n. 1678).

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Figura 35. Ecuelle con piatto, porcellana, manifattura Du Paquier, 1735-1740, siglata “C.F.” per Christian Frey. V&A Londra.

Sempre a Frey si attribuisce inoltre una ecuelle della manifattura Du Paquier con tranquille scene policrome di animali al pascolo, oggi nella Frick Collection a New York [Figura 36].

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Figura 36. Ecuelle con piatto, porcellana, manifattura Du Paquier, decoro attribuito a Christian Frey 1735-1740. The Frick Collection New York.

Helchis, invece, ci ha lasciato la sua firma per esteso su una splendida ecuelle oggi al British Museum a Londra (inv. n. Franke 263), “Jacobus Helchis fecit“, come pure su altri pezzi conosciuti [Figure 37 e 37a e 37b e 37c].

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Figure 37 e 37a e 37b e 37c. Ecuelle, porcellana, manifattura Du Paquier firmata da Jacobus Helchis. British Museum Londra.

Si ha nozione di un certo numero di oggetti siglati “J.H.“, o “J.H.F.” tra i quali alcuni in tre importanti e imponenti servizi da tavola con scene di caccia tratte prevalentemente dalle incisioni di Johann Elias Ridinger (1698-1767) e differenti fregi ai bordi eseguiti verso il 1735 circa dalla fabbrica Du Paquier
Il primo servizio è di originari 126 pezzi, dei quali oggi ventiquattro sono conservati nelle collezioni dei principi del Liechtentein [Figura 38], il secondo è un dono dell’imperatore Carlo VI al nobile milanese Antonio Tolomeo de Galli Trivulzio, Principe di Musocco e governatore militare di Lodi (1692-1767) [Figura 39], il terzo probabilmente commissionato da Carlo VI e poi giunto alla figlia, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria (1717-1780), e da questa donato nel 1773 al convento di St. Blasien nella Foresta Nera (nota 58); dopo qualche peripezia, una consistente parte di questo (nota 59) venne acquistata nel 1925 dal Museum für angewandte Kunst di Vienna, dove ancora oggi si trova.

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Figura 38. Vassoio (“servizio Liechtenstein”), porcellana, manifattura Du Paquier 1735-1740. Gardiner Museum Toronto.

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Figura 39. Vassoio (“servizio Trivulzio”), porcellana, manifattura Du Paquier, 1735-1740. The Frick Collection New York.

Non la decorazione integrale di questi servizi, ma almeno un certo numero di queste vengono attribuite a Helchis: non senza qualche tentennamento per l’evidente presenza a dir poco di due mani diverse (nota 60). Anche sulla autenticità della sigla “J.H.” che appare su qualche oggetto a lui riferibile [Figure 40 e 40 bis] sono sorti alcuni dubbi in relazione alla minore qualità di alcuni di quelli che la riportano rispetto alle ecuelle che presentano la sua firma per esteso (nota 61), arrivando fino a ipotizzare che decorazione e sigla di alcuni di questi manufatti, in particolare una serie di becher da cioccolata decorati in Schwarzlot, potessero essere state eseguite e apposte anche alla fine dell’Ottocento (nota 62).

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Figure 40 e 40 bis. Particolari della sigla di Jakob Helchis “J.H.“.

Anche Anton Franz Jakob Schultz, a Vienna nel 1726 quando si sposa e dove è definito “Mahler in der Porcelain Fabrica” (nota 63), appare poi come pittore indipendente nel 1741 quando viene indicato come “selbstandinger Hausmaler und Emailleur” (pittore indipendente e smaltatore autonomo); i suoi ultimi riferimenti risalgono al 1768 (nota 64).
Ci ha lasciato alcuni oggetti firmati tra i quali una lattiera con riserve policrome a scene di paesaggio [Figure 41 e 41 bis], oggi al MAK di Vienna (inv. n. Ke 6208), firmata sotto la base “A.S. 1740 Die 15 May” (nota 65) e uno splendido boccale da birra con decoro a figure cinesi policrome su uno stile che si avvicina a quello di Stadler e von Löwenfinck [Figure 42, 42 bis e 42 ter], oggi al The Baltimore Museum of Art (inv. n. BMA 1938 – 734) con firma per esteso “ANTONIUS / SCHULTZ 1737” (nota 66).

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Figure 41 e 41 bis. Lattiera, porcellana, manifattura Du Paquier, firmata e datata 1740 da Anton Schultz. MAK Vienna.

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Figure 42, 42 bis e 42 ter. Boccale, porcellana, manifattura Du Paquier, firmato e datato 1737 da Anton Schultz. The Baltimore Museum of Art Baltimora.

Vi sono anche oggetti usciti dai forni Du Paquier e decorati quasi certamente fuori della manifattura che ad oggi non hanno ancora trovato un possibile autore degli ornati.
Rammento, tra gli altri, un fornello da pipa con la raffigurazione policroma di una coppia di giovani realizzati in maniera abbastanza infantile [Figura 43, nota 67] presumibilmente desunta dalle incisioni di Elias Baeck (1679-1742), e una ciotola esagonale con figure orientali di grandi dimensioni dipinte con grande maestria e custodita al Gardiner Museum a Toronto, inventario numero G. 83.1.0753 (nota 68).

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Figura 43. Fornello da pipa, porcellana, manifattura Du Paquier, 1740 circa, decoro di hausmaler non identificato. Mercato antiquario.

Se ormai risulta chiaro che il fenomeno degli hausmaler si sviluppa su piani diversi, comprendendo singoli artisti, botteghe, pittori impiegati anche come ufficiali alle dipendenze delle manifatture, artisti che si muovevano da una manifattura all’altra sviluppando un proprio canovaccio artistico, artigiani che lavoravano a cottimo, nobili dilettanti che si dilettavano nel dipingere – e pur non avendo ancora parlato dei decoratori della Boemia e della Slesia – il panorama dei pittori viennesi su porcellana si palesa in maniera differente da quella delle botteghe di Augsburg: sospesi tra attività indipendente e lavoro ufficiale in manifattura, in una città dove la porcellana cinese era stata già decorata nei primi anni del secolo diciottesimo [Figura 44, nota 69].

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Figura 44. Ciotola, porcellana Kang-shi (1622-1722), decorazione hausmaler, Vienna 1725 circa. Uměleckoprůmyslové Muzeum Praga.

Questi artisti non si discostano comunque quasi mai dalle tipologie decorative della fabbrica Du Paquier, fatte prevalentemente di temi legati al tardo barocco viennese, alle cineserie e alle fonti grafiche seicentesche centro e nord europee, con l’uso della monocromia e dello Schwarzlot in prevalenza.
Non vi sono che rari cedimenti all’ormai imperante stile Rococò ed alla frivolezza che lo accompagna, emblema di una Francia che aveva assunto il predominio culturale in Europa grazie all’aggressività della politica posta in atto a partire da Luigi XIV, il Re Sole (1638-1715).
Il cambiamento di gusto a Vienna si avrà solo all’approssimarsi della metà del secolo diciottesimo e un tangibile segno di questo mutato sentire, oltre che di una situazione psicologica non proprio ottimale, si percepisce in una nota di accompagnamento al dono che Maria Teresa fa del suo importante servizio di caccia in monocromo nero al convento di St. Blasien, al quale sopra ho accennato: “Il colore nero di questo servizio si accorda alla mia situazione, poiché annovera già me stessa tra i morti, per quanto ancora viva“.
Il nero è divenuto un colore lugubre (nota 70) e le decorazioni in Schwarzlot e “in nero di china” che avevano conosciuto il loro massimo splendore tra il 1730 ed il 1740, sono ritenute del tutto fuori moda e portatrici di negatività!

NOTE

[1] La grafia del suo nome risulta a volte Pusch o Pusche, come quella del fratello Johann Gottfried.

[2] RUCKERT 1990, p. 141.

[3] MRAZEK / NEUWIRTH 1970, p. 33; d’ALBIS 1999, pp. 8-9.

[4] RUCKERT 1990, p. 141.

[5] d’ALBIS 1999, p. 8.

[6] CHRIST 2004, p. 126.

[7] BRATTIG 2010, p. 287, cat. 131.

[8] RUCKERT 1990, p. 141.

[9] RUCKERT 1990, ibidem.

[10] BIANCALANA 2000, pp. 81-92.

[11] HAIDECKI 1908, p. 468.

[12] La madre è Maria Maddalena Harter, che muore a Bolzano il 12 ottobre 1754.

[13] Archivio Storico della Città di Bolzano – Stadtarchiv Bozen, Verfachbucher del Giudizio del Renon, Volume n. 139.

[14] Archivio Storico della Città di Bolzano – Stadtarchiv Bozen. Verfachbucher del Giudizio del Renon, Volume n. 139.

[15] Archivio Storico della Città di Bolzano – Stadtarchiv Bozen, Verfachbucher del Giudizio del Renon, Volume n. 141.

[16] Archivio Storico della Città di Bolzano – Stadtarchiv Bozen, Verfachbucher del Giudizio del Renon, Volume n. 144.

[17] HOFMAN 1930, p. 224.

[18] DUCRET 1962, p. 19.

[19] Claudia Lehner-Jobst, in Fragili Tesori 2018, p. 334, cat. 90.

[20] RASMO 1965, allegato “Albero Genealogico Famiglia Anreiter“. La sorella Maria Anna, coniugata in prime nozze con Jacob Maurer von Kronegg und Ungerhof (+1741) e in seconde nozze con Giuseppe Antonio de Rizzi (ante 1721-post 1751), capitano e vicario principe-vescovile a Fassa, muore a Vigo di Fassa nel corso del 1743.

[21] Claudia Lehner-Jobst, in Barocker Luxus 2005, p. 224, cat. 30.

[22] BECCHETTI 2010, p. 22, fig. 8.

[23] RASMO 1968, p. 87.

[24] PAZAUREK 1925, I, p. 240, tav. 209.

[25] Non sono riuscito a trovare immagini di questa firma.

[26] RASMO 1968, tav. XCIV.

[27] BIANCALANA 2021.

[28] RASMO 1965, pp. 96-105.

[29] Claudia Lehner-Jobst, Claudius Innocentius Du Paquier and the history of the first Vienna porcelain manufactory, in Fired by Passion 2009, I, pp. 210-211, tavv. 2.37 / 2.38.

[30] Alessandro Biancalana, in Fragili Tesori 2018, pp. 332-333, cat. 89.

[31] Andreina d’Agliano, in Barocker Luxus 2005, p. 378, cat. 235.

[32] LIVERANI 1967, tav. XXIV, p. 65.

[33] AGL, I, 2, f. 37, Fabbrica delle Porcellane di Doccia. Scritture e Documenti, fasc. 6, p. 7.

[34] AGL, Ginori Senatore Carlo. Quaderni di Spese Quotidiane 1737-1747, Libri di Amministrazione n. 210, G, c. 231.

[35] GINORI LISCI 1963, tav. XIII.

[36] AGL, VII, 0, f. 35, Ginori sen. Carlo. Affari di Governo, c. 21.

[37] BIANCALANA 2009, p. 27.

[38] AGL, I, 2, f. 39, Fabbrica delle porcellane di Doccia. Scritture e documenti, cc. 1-2.

[39] HOFMAN 1923, II, p. 270.

[40] HOFMAN 1930, pp. 230-231, che riporta i documenti dello Staatsarchiv Munchen, Berichte Rosenfelds, vol. 1747, 23/2.

[41] HOFMAN 1930, p. 232, che riporta il documento dello Staatsarchiv Landshut, Repertorium XXXVII, f. 1, fasc. 74.

[42] AGL, XV, 2, f. 137, II, Manifattura di Doccia. Documenti vari, cc. 513-514.

[43] BIANCALANA 2011, p. 18.

[44] AGL, XV, 2. f. 138, Manifattura di Doccia. Documenti vari, cc. 220-221.

[45] Claudia Lehner-Jobst, in Barocker Luxus 2005, p. 371, cat. 226; Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, I, p. 501.

[46] BIANCALANA 2021.

[47] Segnalo l’importante raccolta di porcellane Du Paquier conservata a Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica a Torino, appunto, donata da Emanuele d’Azeglio (1816-1890) alla città.

[48] BROSIO 1973, p. 24.

[49] MRAZEK / NEUWIRTH 1970, p. 43.

[50] HOFMAN 1928, p. 64.

[51] Claudia Lehner-Jobst, in La porcellana in Piemonte 2015, pp. 45-51.

[52] BIANCALANA 2009, p. 122; FRANCHI 1925, p. 43.

[53] JEDDING 1974, p. II/74.

[54] Johann Kräftner, The Triumph the Baroque Vienna, in Fired by Passion, I, pp. 28-138.

[55] SCHMIDT 1953, p. 64, tav. 21/68 / JEDDING 1974, p. III/187, tavv. 542a/b/c.

[56] MRAZEK / NEUWIRTH 1970, p. 36.

[57] DUCRET 1962, pp. 142-143, cat. 47.

[58] Katharina Hantschmann, in Du Paquier contra Meissen 1994, pp. 77-94.

[59] Si tratta di 54 pezzi.

[60] Claudia Lehner-Jobst, in La porcellana in Piemonte 2015, p. 47.

[61] SCHLOSSER 1952, p. 42; Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, p. 528, tav. 6.24.

[62] SCHLOSSER 1952, fig. XII.

[63] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, p. 518.

[64] JEDDING 1974, p. II/169.

[65] CHILTON / LEHNER-JOBST 2009, cat. 47.

[66] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, pp. 520-521, tav. 6.16.

[67] LEHNER-JOBST 2009, p. 101, cat. 31.

[68] Claudia Lehner-Jobst, in Barocker Luxus 2005, p. 350, cat. 195.

[69] Sebastian Kuhn, The Hausmaler, in Fired by Passion, 2009, I, p, 501, tav. 6.1: la ciotola è oggi consevata a Praga al Uměleckoprůmyslové Muzeum, inv. n. 79.357.

[70] Claudia Lehner-Jobst, in La porcellana in Piemonte 2015, p. 51, nota 9.

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Du Paquier contra Meissen. Frühe Wiener Porzellanservice, Bayerisches Nationalmuseum. Monaco di Baviera, 9 dicembre 1994 – 5 marzo 1995, catalogo a cura di K. Hantschmann / N. Kasakewitsch / S. Rott-Freund / A. Schommers, Monaco di Baviera 1994
– d’ALBIS 1999
d’Albis Antoine, Les tentatives de Vincennes, in Sèvres 1756 – 1783. La conquete de la porcelaine dure – histoire inedite de la manufacture au 18eme siecle, in Dossier de l’art N° 54 1999, pp. 6-11
– BIANCALANA 2000
Biancalana Alessandro, Johann Karl Wendelin Anreiter von Ziernfeld (1702-1747).
Neue biografische Hintergründe eines Tiroler Porzellanmalers von europäischer Bedeutung, in Der Schlern 74/2000, Heft 2, pp. 81-92
– CHRIST 2004
Christ Alexa-Beatrice, Kelsterbacher Porzellan. Grossherzoglich-Hessische Porzellansammlung Darmstadt, Dettingen 2004
Barocker Luxus 2005
Barocker Luxus Porzellan. Die manufakturen du Paquier in Wien und  Carlo Ginori in Florenz, Lichtenstein Museum Vienna, 9 novembre 2005 – 29 gennaio 2006, catalogo a cura di J. Kraeftner  / A. d’Agliano  / C. Lehner-Jobst, Bad Vislau 2005
– BIANCALANA 2009
Biancalana Alessandro, Porcellane e maioliche a Doccia. La fabbrica dei marchesi Ginori. I primi cento anni, Firenze 2009
– CHILTON / LEHNER-JOBST 2009
Chilton Meredith / Lehner-Jobst Claudia (a cura di), Fired by Passion. Viennese Baroque Porcelain of Claudius Innocentius du Paquier, 3 Voll., Stoccarda 2009
– LEHENER -JOBST 2009
Lehner-Jobst Claudia, Glanz und Farbe. Die Porzellansammlung Rudolf von Strasser, Bad Voslau 2009
– BECCHETTI 2010
Becchetti Luca, Sigilli Vescovili della Diocesi di Coira, in Archivum Heraldicum 1-2010, pp. 16-24
– BRATTIG 2010
Brattig Patricia (a cura di), Meissen Barockes Porzellan, Brackenheim 2010
– BIANCALANA 2011
Biancalana Alessandro, La scultura della Fabbrica dei marchesi Ginori a Doccia. Le fonti culturali e artistiche e le figure più rappresentative nel XVIII secolo. Gaspero Bruschi e suo nipote Giuseppe, in Palazzo Madama. Studi e notizie, Torino 2011, pp. 15-39
La porcellana in Piemonte 2015
La porcellana in Piemonte (1737-1825). Le manifatture Rossetti, Vische, Vinovo, Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, catalogo a cura di A. d’Agliano / C. Maritano, 30 gennaio – 28 giugno 2015, Milano 2015
Fragili Tesori 2018
Fragili Tesori dei Principi, La via della porcellana tra Vienna e Firenze, Palazzo Pitti – Tesoro dei Granduchi, Firenze, 13 novembre 2018 – 10 marzo 2019, catalogo a cura di R. Balleri / A. d’Agliano / C. Lehner-Jobst, Livorno 2018
– BIANCALANA 2021
Biancalana Alessandro, Gli hausmaler su porcellana: un fenomeno complesso e ancora poco conosciuto. Parte I: La nascita del fenomeno e le botteghe di Augsburg, in www.antiquanuovaserie.it – gennaio 2021 [Leggi].

Referenze Archivistiche
– AGL, Firenze – Archivio Ginori Lisci Firenze
– Archivio Storico della Città di Bolzano – Stadtarchiv Bozen
– Staatsarchiv Landshut
– Staatsarchiv Munchen

Musei
– British Museum, Londra
– Gardiner Museum, Toronto
– Hallwylska Museet, Stoccolma
– MAK – Museum für Angewandte Kunst, Vienna
– MET, Metropolitan Museum of Art, New York
– Museo Civico di Arte Antica, Palazzo Madama, Torino
– Museo di Stato dell’Hermitage, San Pietroburgo
– Museo Duca di Martina, Villa La Floridiana, Napoli
– Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia, Sesto Fiorentino
– Museum für Kunst und Gewerbe, Amburgo
Slezské Zemské Muzeum, Opava
– The Baltimore Museum of Art, Baltimora
– The Frick Collection, New York
– Uměleckoprůmyslové Muzeum, Praga
– V&A – Victoria and Albert Museum, Londra
– Villa Cagnola, Gazzada Schianno (VA)

Giugno 2021

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