Il mobile Ottocento al tempo del Covid

di Andrea Bardelli

Durante i recenti mesi di isolamento forzato, tra marzo e aprile 2020, succede anche di intraprendere una fitta corrispondenza dedicata all’approfondimento di alcuni temi.
Quasi per caso è nato il contatto tra chi scrive e il sig. Michele Rodeschini, appassionato raccoglitore di mobili di varie epoche, e il conseguente reciproco scambio di immagini e di informazioni, preziose per me, al fine di arricchire i miei repertori con mobili di provenienza pressoché certa, e spero per lui alla ricerca di conferme di alcune sue (non superficiali) conoscenze. Ho deciso di sintetizzare alcuni passaggi di questo scambio epistolare a mezzo whatsapp iniziando da una carrellata di cassettoni dell’Ottocento organizzati per epoche, tutte validamente rappresentate.
Potrebbe essere l’occasione per un utile ripasso.

Riguardo al primo mobile [FIGURA 1] mi viene chiesto se può essere definito Direttorio.

Direttorio

Figura 1

Questa definizione, sebbene accolta sul mercato antiquario, non è corretta. Il Direttorio è una semplificazione dello stile Luigi XVI (ultimo quarto del XVIII secolo) con cui condivide sostanzialmente le forme, con particolare riferimento alle gambe, tuttavia ha caratteristiche specifiche (che qui è impossibile anche solo richiamare), è un  fenomeno prettamente francese, con poche ripercussioni altrove ed è di brevissima durata (tra la fine del XVIII secolo e l’inizio del successivo).
Per altro, i mobili come quello raffigurato sono molti numerosi sul mercato quindi, per non eludere la questione, la definizione più idonea sarebbe Tardo Luigi XVI, identificando una riproposizione dello stile Luigi XVI in una versione “rustica” che si protrae senza soluzione di continuità durante il XIX secolo, fino oltre la metà quando lo stile Luigi XVI torna in auge.
Questo avviene con particolare evidenza in Veneto dove, per ragioni connesse alla dominazione austriaca iniziata nel 1797, gli stili “francesi”, a cominciare dall’Impero, attecchiscono in modo del tutto sporadico.
Dopo averlo evocato, ecco lo stile Impero rappresentato in un tipico mobile dell’epoca [FIGURA 2].

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Figura 2

Forse più di ogni altro stile, l’Impero (1805-1815 circa) costituisce una rottura col passato, essendo stato costruito “a tavolino” sulla base di reminescenze e suggestioni egizio-romane.
E’ lo stile più riconoscibile, caratterizzato da forme squadrate, primo cassetto sotto il piano più basso e aggettante, colonne (spesso) ebanizzate, piedi a plinto. Questo è interessante per due aspetti legati alla colonna che non è piena (a tutto tondo) e priva del capitello e della base dorati (che possono essere in bronzo o in legno dorato). Al primo aspetto si lega la datazione che si sposta verso la fine dell’Impero, quando alla colonna intera tende a sostituirsi la “mezza colonna”, ragione per cui lo daterei al 1815-20 circa (nota 1); il secondo aspetto riguarda la provenienza geografica inducendoci a collocare il mobile verso il Veneto dove si seguono i dettami stilistici dello stile Biedermeier (per intenderci, in Piemonte, Lombardia ed Emilia, oltre ad alcuni segni distintivi peculiari meno evidenti, avremmo trovato colonne ebanizzate  e non, ma sempre con capitelli e basi dorate).

Dopo la fine dell’Impero, entriamo in un’ampia zona grigia dove i mobili mantengono le caratteristiche dello stile, assumendo forme più arrotondate.
E’ il caso di questo cassettone [FIGURA 3] in cui alla colonna “Impero” non è bastato trasformarsi in “mezza” colonna, ma ha assunto la forma di una sorta di ampio ricciolo rovesciato che in Piemonte viene significativamente definito “bretella”, anche se questo mobile è lombardo.
In tutti i casi di mobili con le caratteristiche formali dell’Impero, ma con particolari che temprano la rigidità dello stile, come le lesene incurvate al posto delle colonne, il piede a cilindro (nota 2), ecc., si parla di Tardo Impero, la cui estensione cronologica va dal 1815 al 1825 e oltre, sovrapponendosi di fatto alla Restaurzione che inizia ufficialmente dopo la caduta di Napoleone (1815). E’ una questione puramente definitoria, ma al posto di Tardo Impero si sente talvolta Restaurazione con Remenescenze Impero oppure Prima Restaurazione, oppure ancora Impero della Restaurazione. Sono tutte definizioni plausibili purché si sappia di quali mobili si stia parlando; sicuramente e stranamente non si sente parlare di stile Luigi XVIII, sovrano francese regnante dal 1814 al 1824, quindi perfetto in termini cronologici, ma tant’è.

3. Tardo Impero 20200503 130848

Figura 3

L’eventuale definizione di Prima Restaurazione sopra accennata viene adottata per differenziarla dalla Piena Restaurazione, di cui diremo tra breve.
Molto interessante è il cassettone successivo [FIGURA 4] che presenta numerosi caratteri del Tardo Impero, ossia l’impostazione Impero e le lesene incurvate ormai trasformate in una sorta di “citazione”, un ricciolo accorciato.

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Figura 4

Ciò che salta all’occhio è la forma del piede, il plinto che caratterizza Impero e Tardo Impero ha lasciato il posto a un piede “a pigna”, caratteristico, come vedremo subito, della Restaurazione più matura. In questo (raro) caso, forse, potremmo parlare di Restaurazione con Reminescenze Impero, ma preferisco suggerire che si tratta di un mobile di transizione tra Impero e Restaurazione, databile al 1820-30 circa. Detto per inciso, le maniglie e le copri bocchette non sono pertinenti, essendo caratteristiche del primo Novecento; è probabile che il mobile ne fosse privo e che il cassetto si aprisse (assai spesso nei mobili Impero e Tardo Impero) tirando la chiave inserita nella bocchetta.

Veniamo quindi alla Piena Restaurazione (cui sopra abbiamo accennato anche come Restaurazione matura) caratterizzata dalla definitiva perdita di alcune stigmate dell’Impero (primo cassetto aggettante, colonne di qualunque tipo, piedi a plinto) e dall’adozione di spigoli arrotondati e piedi spesso a forma di pigna. Anche il bordo del piano si arrotonda in prossimità degli spigoli senza dar luogo a forme di aggetto che saranno peculiari della seconda metà del secolo.
Ne è un esempio abbastanza eloquente questo comodino [FIGURA 5].

5. Restaurazione IMG 20200427 WA0006 1

Figura 5

Le immagini di dettaglio consentono di apprezzare la  marcata arrotondatura ai lati estremi del primo cassetto (con una lievissima svasatura, preludio all’imminente stile Luigi Filippo), che si prolunga lungo tutto lo spigolo [Figura 5bis] e il più volte citato piede a pigna [Figura 5ter].
All’interno della (piena) Restaurazione si distingue l’inconfondibile stile Carlo X, qui non documentabile visivamente (nota 3).

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Figura 5bis

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Figura 5ter

Il cassettone successivo [FIGURA 6] è rappresentativo dello stile Luigi Filippo (1830-1850 circa), la cui principale caratteristica è la svasatura del montante in corrispondenza del primo cassetto in alto  che viene definita in gergo “tulipano” e che assume forme diverse a seconda dell’ambito regionale.

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Figura 6

Nel cassettone lombardo qui rappresentato la svasatura è piuttosto sottile, poco accentuata e  riguardante solo lo spigolo vero e proprio, per poi proseguire verso il piede con una sorta di “costolatura”, ossia un profilo arrotondato [Figura 6bis]. Una declinazione tipicamente lombarda (oserei dire “milanese”) dello stile Luigi Filippo, che la Figura 6bis consente di cogliere con evidenza, è il primo cassetto che si allunga fino al “tulipano” sormontando in parte la lesena laterale che si presenta piuttosto stretta. In altri contesti, come vedremo, all’interno del montante, la lesena è più larga e fa tutt’uno con la svasatura ai lati del primo cassetto che risulta perfettamente allineato con quelli sottostanti.
Un’altra caratteristica inaugurata dallo stile Luigi Filippo è il piede “a trottola” [Figura 6ter], destinato a ripetersi fino alla fine dell’Ottocento e oltre e anch’esso soggetto a varianti di tipo regionale.

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Figura 6bis

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Figura 6ter

Una terza caratteristica meno evidente, che possiamo riscontrare anche in qualche esemplare della piena Restaurazione, è una leggera rientranza dell’insieme dei cassetti più grandi rispetto alla fronte, marcata da un profilo modanato. La si può notare nel cassettone appena presentato dove i due cassetti risultano lievemente arretrati rispetto al primo cassetto in alto e alla fascia di base e profilati da una sagoma (“sgolatura”), facente parte della struttura del mobile, lungo l’intero perimetro che li delimita entrambi.

Quest’ultima peculiarità viene meno nel prossimo cassettone [FIGURA 7] che pure è contraddistinto dalla svasatura ai lati del primo cassetto e da piedi a trottola. Possiamo pensare che ciò sia dovuto a una fattura più rustica, di cui è indice l’uso del massello di noce anziché della lastronatura, oppure che siamo in presenza di un mobile ritardatario, ossia prodotto in stile Luigi Filippo oltre la metà del secolo. Potrebbero essere entrambe le cose e qui, come in altri casi, diventa fondamentale l’esame dei criteri costruttivi (nota 4).

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Figura 7

Limitandoci a considerazioni di tipo stilistico, non possiamo che confermare che il mobile in discorso può essere considerato Luigi Filippo.
In questo caso la parte svasata ai lati del primo cassetto è allineata con la lesena, con il risultato che il primo cassetto non sormonta parzialmente la lesena, come nel caso precedente, ma risulta il linea con quelli sottostanti.
Anche questo mobile è lombardo, tuttavia risente dell’impostazione che si riscontra nei mobili prodotti nella Lombardia orientale verso il Veneto (Bergamo e Brescia).
Vorrei far notare che la svasatura interessa in modo abbastanza accentuato non solo la parte laterale,  ma anche l’intera fronte del primo cassetto. E’ questa la declinazione più consona allo stile Luigi Filippo.
Notiamo anche che lo spigolo vero e proprio si presenta arrotondato, ma sufficientemente largo da accogliere un decoro a ricciolo allungato, forse una reminescenza della “bretella” Tardo Impero (a cui rimanderebbe l’impostazione squadrata del mobile), che preferiamo tuttavia interpretare come un mero espediente decorativo. Forse potrebbe trattarsi di una citazione del canterano barocco, stile al quale il Luigi Filippo fa riferimento, un rifermento poco riscontrabile nei cassettoni, molto di più in tavoli, sedili e altri tipologie di mobili dove compaiono parti intagliate.

Il prossimo mobile [FIGURA 8], rappresentativo dello stile Secondo Impero (1850-70 circa), ci traghetta oltre la metà del secolo. In questo esemplare lo spigolo è a forma di colonna e si innesta alla base in un cilindro sotto il quale si trova il piede a trottola [Figura 8bis]. Nella parte superiore, la colonna prosegue senza soluzione di continuità, interrotta solo da una piccola sagoma arrotondata in prossimità del primo cassetto, fino al piano il cui spigolo si presenta aggettante e arrotondato [Figura 8ter].

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Figura 8

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Figura 8bis

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Figura 8ter

In qualche caso, in corrispondenza del primo cassetto si identifica un cilindro che fa il paio con quello di base.
Una delle principali caratteristiche del Secondo Impero è proprio la presenza di questo “doppio cilindro”, che potrebbe essere raccordato lungo lo spigolo anche da un elemento tornito.
Questo stile è maggiormente imparentato con il Luigi XVI francese, che era lo stile più in voga all’epoca, di quanto non lo sia con l’Impero (nota 5).
Come abbiamo visto, anche i cassettoni della Restaurazione hanno lo spigolo arrotondato, ma non vi è alcuna possibilità di confusione. Qui lo spigolo non è solo arrotondato, ma forma altresì una colonna e, soprattutto, il bordo del piano sopra il cilindro superiore è arrotondato e aggettante, mentre nella Restaurazione, come abbiamo già scritto, è solo arrotondato.

Il mobile successivo costituisce una rarità perchè è datato e firmato e quindi consente di smentire un errato pregiudizio derivante da una sua osservazione superficiale e confermare un’importante ipotesi per quanto riguarda la datazione.
Si tratta di un cassettone [FIGURA 9] che a prima vista potremmo definire Impero o Tardo Impero per l’impianto e soprattutto per la forma del piede.

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Figura 9

Il mobile è firmato da un per ora sconosciuto Libero Rota ed è datato 1892, quindi si colloca nell’ambito dello stile cosiddetto Umbertino (nota 6).
C’è un particolare che spesso sfugge e che invece è determinante ai fini della datazione: lo spigolo scantonato cui corrisponde un’analoga conformazione del bordo del piano.
Questo taglio dello spigolo in obliquo, questa “scantonatura”, caratterizza la  produzione dell’ultimo quarto dell’Ottocento. E’ un importante dettaglio che prevale anche sulle considerazioni di carattere costruttivo cui abbiamo fatto cenno nella nota 4. In altre parole, il cassettone sarebbe da collocare alla fine dell’Ottocento anche se non fosse datato e fosse costruito con criteri propri della prima metà del secolo.

Eccoci all’ultimo mobile che ci consente di confermare per altra via quanto sopra. Questo bel cassettone [FIGURA 10] presenta lo spigolo scantonato, in questo caso arricchito da un intarsio a losanghe.

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Figura 10

Nonostante la svasatura del primo cassetto e altri particolari che lo rendono simile al cassettone Luigi Filippo illustrato nella Figura 7, è un mobile da datare al 1880 circa.
Questa datazione può essere confermata anche dalla presenza di uno schienale costruito a telaio, come mi è stato comunicato dal proprietario. Anche il cassettone di Figura 7 potrebbe essere databile alla fine del secolo qualora fosse stato costruito con i medesimi criteri.
Tuttavia, indipendentemnte dagli aspetti tecnici e costruttivi, la differenza stilistica tra i due mobili deve essere evidente: il cassettone di figura 7 presenta lo spigolo arrotondato, mentre in questo di Figura 10 lo spigolo è tagliato in obliquo.

NOTE

[1] L’associazione stile-epoca viene fatta avendo con riferimento la durata del periodo politico da cui prende il nome, tenendo però conto di un arco temporale calcolato per “lustri” (cinque anni). Va ovvimente tenuto conto che, a parte il fenomeno dei cosiddetti mobili ritardatari, ossia prodotti in un certo stile ben oltre la sua epoca, la datazione puntuale di un mobile deve essere fatta con una certa elasticità.

[2] Il piede a cilindro (qui non documentato) può essere indice di un Impero avanzato, ma in qualche ambito (Piemonte) è perfettamente compatibile con i limiti cronologici del primo Impero (ante 1815).

[3] Il cosiddetto stile Carlo X (1825-1830 circa) si caratterizza per l’intarsio scuro su fondo chiaro. Va detto che in Italia è uno stile assai circoscritto nel tempo e nello spazio (è diffuso prevalentemente in Ligura, Piemonte e Lombardia). Non deve essere confuso con uno stile che si afferma solo dopo il 1830, quindi in piena epoca Luigi Filippo, caratterizzato da intarsi chiari su fondo scuro. Emblematico è il cosiddetto stile “Smith” diffuso soprattutto a Napoli.

[4] Non è questa la sede per un approfondimento di tipo tecnico, tuttavia, solo per fare qualche cenno, l’uso di legni di maggior spessore (per lo schienale), incastri con grosse “code di rondine”, assemblaggi con chiodi, ecc. suggeriscono una datazione entro la metà del XIX secolo, mentre la riduzione degli spessori, gli incastri realizzati con fitte serie di code di rondine, gli schienali costruiti a telaio ci fanno propendere per una datazione ben oltre la metà dello stesso secolo.

[5] Appartengono allo stile e all’epoca Secondo Impero anche quei cassettoni che presentano forme molto simili all’Impero e al Tardo Impero, ma che sostituiscono alle colonne e alle mezze colonne frontali, nonchè ai quelle incurvate, colonne tornite o lesene intagliate. Va detto subito che il cilindro del Secondo Impero, che prevede un sottostante piede a trottola, è cosa diversa dal piede a cilindro di cui alla nota 2 che, nell’Impero e Tardo Impero, sostituice il piede a plinto.
Allo stesso periodo appartengono anche due tipologie di mobili assai diverse.
I primi sono mobili di gusto francese intarsiati guardando allo stile “Boulle” dal nome dell’ebanista di Luigi XIV che vengono comunemente definiti Napoleone III.
I secondi sono mobili in stile Luigi XV, si tratta soprattutto di tavoli e sedili, destinati ad avere larga fortuna e diffusione lungo tutta la seconda metà dell’Ottocento. Si parla in genere di stile Tardo Luigi Filippo oppure di stile neo barocchetto, definizioni in entrambe i casi poco soddisfaacenti.

[6] E’ mia intenzione dedicare a questo mobile e al suo artefice un articolo specifico nell’ambito della sezione Mobili firmati. Chiunque fosse in possesso di notizie su Libero Rota o su altri ebanisti con questo cognome è pregato di mettersi in contatto tramite la mail del sito.

2 Maggio 2020 © riproduzione riservata