Le porcellane di Sèvres, 1752-1870
Parte quinta. Confronto tra marchi originali e apocrifi nelle falsificazioni ricorrenti del XIX secolo (1830-1870)
di Gianni Giancane
Richiami storici e considerazioni preliminari
Il secondo e il terzo quarto del XIX secolo furono segnati in Francia da alterne vicende storico-sociali che videro il passaggio dal regno di Luigi Filippo d’Orléans (1830-1848) alla Seconda Repubblica (1848-1852) e da questa all’impero di Napoleone III (Secondo Impero, 1852-1870).
Tali cambiamenti, che scandirono non poco la politica francese interna ed estera, influenzarono ancora una volta il sistema di marcatura della Manifattura di Sèvres che, essendo di fatto e di diritto una manifattura di Stato, non poteva che adeguare il proprio logo ai cangianti governi nel periodo, eccezion fatta per il breve lasso di tempo 1830-1834 nel quale furono adoperati marchi di più “discreta natura”. Dal 1834, e fino al 1845, si ritornò infatti all’antico, con le porcellane di Sèvres corredate dal logo di Luigi Filippo, lettere L e P intrecciate, coronate e racchiuse in doppio cerchio, stampate in blu o in oro sopra vernice (nota 1).
A partire dal maggio del 1845, a seguito dei falsi Sèvres che circolavano alquanto numerosi sui mercati (non solo quelli del XIX secolo più o meno coevi, ma anche quelli del Settecento), il direttore della manifattura, Alexandre Brongniart pensò bene di istituire un nuovo marchio, il primo vero marchio di fabbricazione, in verde cromo da apporsi a stampa sotto vernice (non più dipinto, stampato o comunque apposto sopra vernice), quale deterrente per le fraudolente attività in corso e adattando il precedente (con qualche variante, ma lasciandolo sopra vernice) quale marchio di decorazione e/o doratura (nota 2).
Anche i marchi ufficiali di fabbricazione dei periodi successivi al regno di Luigi Filippo, 1848-1852 e 1852-1870, saranno sempre sottosmalto (o sotto vernice, o sotto vetrina che dir si voglia) confermando l’applicazione sopra vetrina dei soli marchi di decorazione, doratura, ed eventuali marchi “speciali” laddove necessari.
Volendo ora avviare un confronto esplicativo di chiara leggibilità e interpretazione, si propongono dei casi di marcature assolutamente autentiche seguite da altre più o meno false e altre ancora palesemente false.
A tal proposito intenderemo per falsi parziali quei manufatti che hanno qualcosa della manifattura, spesso il solo corpo ceramico, quasi sempre in monocromo bianco (o con semplicissime dorature), ma presentano integrazioni pittoriche postume, e marcature che, partendo dai casi di dubbia interpretazione (al limite con un marchio genuino), giungono all’apocrifia con l’aggiunta successiva di altri marchi a emulazione degli originali.
I falsi totali sono invece rappresentati da quelle opere che tentano di imitare le porcellane di Sèvres, di passare per porcellane di Sèvres, ma che venivano fabbricate, dipinte e siglate con marchi pseudo Sèvres altrove, stabilendone in tal modo l’assoluta falsità.
Marcature originali nel periodo
Iniziamo con qualcosa già presentato dallo scrivente in passato ma che in questa sede vedremo sotto un’altra ottica.
Parliamo infatti di due piattini da gelato, le patelles à glace (nota 3), e dei marchi che li accompagnano, il primo fabbricato ai tempi di Luigi Filippo, il secondo sotto l’impero di Napoleone III. Partiamo dal primo dei due [Figure 1 e 1a].

Figura 1. Piattino da gelato, appartenente al cosiddetto Service des Bals (servizio utilizzato nelle feste danzanti presso le residenze reali), cm 14,7 di diametro per cm 1,8 di altezza, Manifattura di Sèvres, 1846-1847 (foto dell’autore).
Su un campo bianchissimo campeggia al centro dell’ampio cavetto il logo reale di Luigi Filippo, le Chiffre Royal, costituito dalle lettere L e P intrecciate, sormontate da corona e abbracciate da due rami, uno di quercia e uno di alloro, vincolati con coccarda nastriforme e aperti in alto; trenta setti radiali scandiscono la tesa dall’ondulato profilo e impreziosita con sobrietà ed eleganza da un semplice filetto dipinto in oro.

Figura 1a. Sul retro del piattino, oltre al marchio incusso (a sinistra) e quello inciso (a destra) compaiono tre marchi distinti e nitidamente apposti, così come bisogna attendersi in un’autentica porcellana di Sèvres (foto dell’autore).
La serie dei tre marchi corrisponde perfettamente per associazione, coerenza e tipologie ai marchi originali della manifattura nel periodo 1845-1848 ed in particolare:
-in alto troviamo il vero marchio di fabbricazione, con le iniziali del sovrano L e P combinate e speculari, stampato in verde cromo sottosmalto; a sinistra SV per Sèvres, a destra la cifra 46 per 1846, anno di “formatura” della stoviglia;
-più sotto, a destra, il marchio di doratura, stampato in oro, ma sopra vernice, indicante il 1847, anno nel quale avvenne la decorazione in oro;
-a sinistra, il marchio di “residenza” (marchio speciale), qui per Château des Tuileries, indicante lo specifico “contenitore” (residenza reale) al quale era destinata la particolare stoviglia.
Vediamo ora l’altro piattino [Figure 2 e 2a].

Figura 2. Piattino da gelato, anch’esso appartenente al cosiddetto Service des Bals, cm 13,5 di diametro per cm 1,8 di altezza, Manifattura di Sèvres, 1855-1858 (foto dell’autore).
Confermiamo le stesse considerazioni stilistico-formali del piattino precedente con le sole varianti del logo dell’Imperatore Napoleone III (le Chiffre Imperial, sempre al centro del cavetto) e una dimensione più piccola di circa un centimetro.

Figura 2a. L’insieme dei marchi presenti sul retro della patelle à glace, nitidi e perfettamente leggibili (foto dell’autore).
Al centro, all’interno dell’anello di calibrazione, troviamo il marchio in verde sottosmalto S.56 per 1856 e, sottostante, il marchio di doratura in rosso sopra vernice, la N coronata di Napoleone III con le parole Doré à Sèvres e il numero 58 per 1858.
Entrambi i marchi sono perfettamente in linea con i dettati ufficiali della manifattura nel periodo 1852-1870.
Come testimoniato dai marchi incisi (les marques en creux) presenti in alto, il piattino venne fabbricato nel settembre del 1855 (55-9), sottoposto a smaltatura e cottura nel 1856 e dorato due anni dopo, con ordinaria dilatazione delle tempistiche così come normalmente accadeva nella manifattura.
Per ulteriori approfondimenti tecnici (su tale manufatto e sul precedente) si rimanda a quanto già dettagliatamente presentato dallo scrivente nel lavoro appositamente dedicato e già richiamato in nota 3.
Retrodatazioni e sovra decorazioni
Ma quali erano le più comuni forme di falsificazione delle porcellane di Sèvres che in tempi coevi e soprattutto nella seconda metà dell’Ottocento, senza tralasciare anche l’inoltrato XX secolo, invasero i mercati creando ancor oggi non pochi problemi di corretta attribuzione?
Incongruenze e anacronismi storici sono le principali spie di segnalazione di un problema che partendo da situazioni di falso parziale giunge sino al falso totale.
L’aggiunta di uno o più marchi che vogliono far passare un manufatto per qualcosa di più antico di quanto effettivamente lo sia, ci porta a parlare di retrodatazione così come vedremo nell’oggetto che stiamo per esaminare [Figura 3].

Figura 3. Insieme di dodici piatti, ognuno 23 cm di diametro, nella loro custodia originale, proposti come Manifattura di Sèvres, fine del XIX secolo, mercato antiquario (fonte mayfairgallery).
Dipinti su fondo bianco con scene galanti alla Watteau, siglati da un pittore (Thuillier) e corredati da una tesa con motivi dorati su fondo blu cobalto potrebbero lasciar pensare, teoricamente, alla famosa fabbrica parigina.
Guardiamo ora il retro di uno dei piatti, così come da documentazione fotografica allegata al lotto [Figura 3a].

Figura 3a. Sul retro del piatto sono presenti tre marchi il cui insieme lascia già molti dubbi (fonte mayfairgallery).
Decorazione pittorica a parte, basare un’ipotetica attribuzione alla manifattura di Sèvres sulla presenza di tali marcature sarebbe quanto meno azzardato. Vediamo perché.
Il marchio al centro del piatto, S 64 in verde cromo in ovale sottosmalto, recita 1864 e pertanto saremmo nel periodo dell’impero di Napoleone III; fin qui niente da eccepire, il marchio sembra decisamente “buono”.
In alto a sinistra troviamo però il marchio di Sèvres in uso tra il 1834 ed il 1845 sotto il regno di Luigi Filippo (!), qui ipoteticamente per 1844; come se non bastasse compare anche un fantomatico marchio di residenza, quello per Chateau des Tuileries (normalmente in uso 1845-1848).
In altri termini un insieme alquanto eterogeneo ma soprattutto impossibile. Anacronismo puro!
In realtà, il piatto, così come c’è da pensare l’intero set, venne fabbricato a Sèvres nel 1864, ma fu subito ritenuto un pièce de rebut (pezzo di scarto), testimoniato dal chiaro tratto di incisione alla mola che attraversa il marchio, lasciato in bianco e destinato alle diverse forme di alienazione, dalla vendita alle stesse maestranze interne (dai formatori ai decoratori) a quelle più organizzate in grandi stock all’esterno: collezionisti, artisti, negozianti di porcellane e anche ad altri fabbricanti (nota 4).
Finito fuori dalla manifattura fu decorato a firma Thuillier (nota 5) alcuni decenni dopo e, nella circostanza, furono aggiunti i due marchi apocrifi presenti in alto. In particolare, confrontando il marchio di residenza Chateau des Tuileries di questo manufatto con quello autentico del piattino in precedenza presentato (vedi ancora Figura 1a), risulta immediata l’incerta grafia e apposizione dello stesso, con lettere disallineate e irregolari, mai presenti in un marchio originale che al contrario si presenta perfetto.
E quella dei marchi sbiaditi, distorti, spesso graficamente incoerenti, è una “firma” caratteristica di quasi tutti i marchi apocrifi di “residenza”, utilizzati su scala praticamente industriale in tantissimi falsi Sèvres.
In definitiva siamo davanti ad un pezzo fabbricato a Sèvres nel 1864, ritenuto di scarto, lasciato bianco, uscito legalmente dalla manifattura e dipinto in seguito in maniera apocrifa e con marchi apocrifi aggiunti.
Lo potremo definire pertanto un falso parziale, ma con una forte dose di rilevanti apocrifie e incongruenze.
Un altro caso di “falsi parziali” è rappresentato dalle cosiddette sovra decorazioni (les surdécors). Si tratta in genere di pezzi sfornati dalla fabbrica, ma la cui decorazione (in parte o totalmente) avvenne al di fuori dell’opificio.
Appartengono, in particolare, a questa insidiosa categoria di porcellane i pezzi bianchi, spesso decorati con semplici filetti o altri motivi dorati sull’orlo della tesa di piatti e similari stoviglie e/o anche corredati dallo stemma reale o imperiale qualora destinati alle residenze dei sovrani (vedi ancora Figure 1 e 2).
Questi oggetti, una volta venduti come sopra esplicitato (vedi ancora nota 4), potevano essere ampiamente “ripresi” da chiunque ne fosse entrato in possesso, dagli stessi decoratori della manifattura (che nel tempo libero a casa, una volta formalmente acquisiti, li sovra dipingevano utilizzando quasi sempre la stessa paletta di colori ufficiali), ai commercianti-falsari che li “arricchivano”, si fa per dire, con ogni sorta di decoro, facilmente ospitabile negli ampi spazi bianchi, e con marchi apocrifi sul retro.
In particolare, l’iconografia abitualmente utilizzata per tali decori postumi era quella di scene con angeli, puttini vari, quasi sempre seduti su cuscini di nuvole a contornare quanto eventualmente già presente sul manufatto o stabilirne una nuova identità in mancanza di qualsiasi forma di preesistente decoro, così come nel caso che ci accingiamo a documentare [Figura 4].

Figura 4. Coppia di piatti, 23 cm di diametro, con putti giocherellanti su nuvole e abbraccianti lo stemma reale (piatto di sinistra) e quello imperiale (piatto di destra); mercato antiquario (fonte Proantic).
La coppia di piatti veniva proposta dal venditore come: “Coppia di piatti in porcellana di Sèvres, 1844, Château Des Tuileries – Angelot”.
Su parte del cavetto è steso un fondo celeste, piuttosto pallido, scandito da due differenti livelli di dorature, con un decoro a foglie di edera sull’orlo a richiamare i più noti girali intrecciati presenti sulle stoviglie dei services des Princes, i servizi dei Principi (nota 6).
Molto insolito, tra l’altro, un insieme di due stoviglie con impianto scenico similare, frutto di una stessa mano, ma con i loghi di due differenti regnanti, testimoni di due diversi periodi storici …
Lo definirei decisamente incongruente.
Approfondiamo pertanto lo studio con un ingrandimento di uno dei due piatti, quello a sinistra [Figura 4a].

Figura 4a. Dettaglio del piatto con lo stemma reale, le chiffre royal di Luigi Filippo sostenuto da due angeli in volo tra nuvole (fonte Proantic).
Un’attenta analisi visiva consente di stabilire come la scena sia stata interamente dipinta ex novo su un preesistente fondo bianco; gli angeli, infatti, sono stati pensati prima dello stemma reale che al pari delle altre dorature chiude in questo caso la stesura pittorica. Non risulta, tuttavia, in nessun atto ufficiale che la manifattura di Sèvres abbia prodotto siffatta combinazione scenografica e inoltre il livello qualitativo è alquanto modesto, molto lontano dagli standard pittorici certificati, tanto nelle figure quanto nel logo reale.
Vediamo adesso il retro dello stesso piatto con il dettaglio dei marchi [Figura 4b].

Figura 4b. Marchi presenti sul retro del piatto.
La prima cosa che occorre notare è il marchio al centro che apparentemente reciterebbe S. 36. in verde cromo sottosmalto per Sèvres 1836. Completano la serie il marchio di residenza a sinistra e un altro marchio di fabbrica a destra per Sèvres 1844, entrambi sopra smalto e che, a un occhio poco allenato, potrebbero apparire come autentici.
Ma come spiegare due date diverse in due marchi diversi, Sèvres 1836 e Sèvres 1844? Come possibile?
Un ulteriore ingrandimento del marchio centrale ci aiuta a svelare l’arcano [Figura 4c].

Figura 4c. Forte ingrandimento del marchio all’interno di due anelli di calibrazione.
Il dettaglio che si presenta è abbastanza eloquente e risolutore. Il vero marchio, originale è S.76. e non 36! Si vede infatti la correzione sopra smalto apportata manualmente che ha trasformato il 7 in 3 e i conseguenti ritocchi manuali.
Se ne deduce pertanto come il piatto sia stato fabbricato a Sèvres nel 1876, falsamente retrodatato al 1836 (per renderlo coerente con il logo apocrifo del Re Luigi Filippo al recto) quando peraltro questa tipologia di marchio non esisteva affatto; nel periodo 1834-1845 doveva infatti presentarsi un marchio come quello a destra (vedi Figura 4b), nel nostro caso, però, sicuramente aggiunto a posteriori e apocrifo così come quello di residenza (Figura 4b, a sinistra).
Vediamo anche il retro del secondo piatto [Figura 4d].

Figura 4d. I marchi sul retro del piatto con il logo di Napoleone III.
In questo caso, il falsario non ha modificato il marchio al centro, per nostra fortuna, consentendoci una disamina ancor più puntuale e sicura.
Abbiamo la conferma di un marchio originale Sèvres 1876, con i palesi segni di abrasione o incisione tipici dei pièces de rebut, di scarto, e ancora due marchi aggiunti, incoerenti e apocrifi.
Potremo pertanto ritenere i due piatti realizzati sì a Sèvres nel 1876, ma sovra dipinti totalmente al di fuori dell’opificio con angeli, dorature, fondo blu chiaro (azzurrino pallido) a imitazione del più celebre Bleu céleste della manifattura e stemmi di sovrani, tutti assolutamente e apocrifamente anacrostici.
A tale proposito si segnala un singolare aspetto: molti falsi retrodatati riportano sempre il marchio Sèvres 1844 sovrastampato in blu, così come nel caso della coppia di piatti appena vista e nel set di Figura 3, associato quasi sempre a uno dei diversi marchi di residenza (cachet), sovrastampato in rosso e in particolare quello di Château Des Tuileries.
Verrebbe da chiedersi: ma Sèvres ha lavorato solo nel 1844? Solo per le residenze dei sovrani? E con quali stili pittorici, poi?
A volte, inoltre, tali marchi sono apposti anche in modo sbagliato, in una posizione “impossibile” e cioè sugli anelli di calibrazione laddove presenti, cosa che mai mi è capitato di riscontrare su un oggetto assolutamente genuino formato e dipinto presso la Manifattura di Sèvres.
Ulteriore testimonianza dei massicci interventi falsificatori postumi e soprattutto seriali, su grande scala insomma …
Occupiamoci ora di un altro caso decisamente interessante [Figura 5].

Figura 5. Servizio da the tête à tête nella sua custodia, diametro del piatto 30 cm, mercato antiquario (fonte galerie-athena).
Il servizio in porcellana policroma è costituito da un grande vassoio polilobato, da una teiera, una lattiera, una zuccheriera ed una coppia di tazzine con il loro piattino.
Nell’insieme accattivante, impreziosito dalla custodia originale e da uno stato di conservazione decisamente buono, viene proposto dal venditore come set del 1850 circa, correttamente presentato “nello stile di Sèvres” (a meno degli angeli, aggiungeremo noi) e con marchi apocrifi della stessa manifattura. Entrando in alcuni dettagli coglieremo meglio siffatta descrizione e le caratteristiche specifiche del servizio. Vediamo la zuccheriera con il suo decoro [Figure 5a e 5b].

Figura 5a. La zuccheriera a forma di vaso a urna, biansata, con il suo coperchio con pinnacolo sommitale; altezza di 13 cm, larghezza massima di 12 cm, mercato antiquario (fonte galerie-athena).
Così come gli altri pezzi del servizio, su un lato compaiono, in riserva su campo bianco, gli ormai noti amorini con le immancabili nuvole, a circoscrivere le chiffre royal di Luigi Filippo, e dorature multiple, tra le quali consueti girali di foglie d’edera. Anche in questo caso, spicca il contrasto cromatico tra il bianco, l’oro ed il fondo celeste (sempre ad imitazione del Bleu céleste della fabbrica parigina), per quanto il livello pittorico e la qualità delle dorature siano ancora una volta piuttosto “povere”.

Figura 5b. Il retro della zuccheriera con decoro floreale.
Guardando il bouquet di fiori presente sull’altro lato della piccola stoviglia, si resta quasi scioccati dal più che modesto livello pittorico dell’insieme, quasi dilettantistico, mai presente su un manufatto originale di Sèvres. Lo stesso tipo di decoro floreale compare anche al verso della teiera.
Dicevamo marchi apocrifi, vediamoli con attenzione così come da documentazione fotografica proposta dal venditore, dalla quale, tuttavia, è possibile associare con certezza la sequenza di marchi al solo vassoio [Figura 5c], mentre per gli altri pezzi, possiamo solo tentarne la corrispondenza [Figure 5d, 5e, 5f].

Figura 5c. Serie di marchi presente sul retro del vassoio.
Oltre ai soliti e ormai noti marchi in basso, troviamo un fantomatico S. 40 con puntini in ovale verde; tutti i marchi sono apposti sulla massa ceramica senza invetriatura, normalmente inesistente sulla base inferiore dei vassoi.
Marchi assolutamente falsi, in particolare il marchio in alto è inesistente nel 1840, comparendo a partire dal 1848 (!) e mai consociato agli altri due.

Figura 5d. Serie di marchi presente su un pezzo non identificabile del servizio di Figura 5.
Qui, oltre ai due soliti marchi (in basso), troviamo un altro ipotetico S. 41, come già visto impossibile, inesistente, corredato inoltre da ritocco manuale nella cifra 4 e da un tratto inciso sulla lettera S; nella parte inferiore, si intravedono dei segni interpretabili come marchi incisi; occorrere approfondire …

Figura 5e. Serie di marchi presente su un pezzo non identificabile (bricco del latte?) del servizio di Figura 5.
Questi marchi, appartenenti probabilmente al bricco del latte, costituiscono un’accozzaglia di assurdità! Sono tutti sopra smalto, compreso quello al centro in verde che reciterebbe Sèvres 1876, modificato manualmente (maldestro tentativo) in 36. In un pezzo originale del periodo (1876), esso sarebbe stato rigorosamente sotto vetrina e mai sarebbero comparsi i due restanti “corpi del reato”. Si noti anche come S. 76. copra gli altri marchi essendo stato apposto dal falsario per ultimo.
Anche su questo oggetto si intravedono in alto a sinistra dei marchi incisi ma non interpretabili.

Figura 5f. Serie di marchi presente su un pezzo non identificabile (zuccheriera?) del servizio di Figura 5.
La serie di questi marchi si riferisce probabilmente alla zuccheriera e, come stiamo per vedere, risulta molto illuminante!
Il trio degli ormai “soliti noti” non fa più notizia e valgono le stesse considerazioni appena avanzate. Eppure, c’è una grande e importante novità!
In alto compare un’intera sequenza di marchi incisi (così come in basso a destra, ma in questo caso poco visibile), les marques en creux. La loro tipologia di incisione, la loro sequenza e disposizione rimanda infatti ai marchi che tornianti, formatori, riparatori, apponevano sul corpo ceramico ancora umido nella manifattura di Sèvres, ai quali lo scrivente, lo ricordiamo, ha dedicato uno specifico contributo (vedi ancora articolo citato nella nota 3, Parte terza). Si riscontra anche una lettera D (capovolta) incussa, riferibile probabilmente a determinate specifiche tecniche dell’impasto ceramico.
Tutto questo induce a riflessioni e necessari approfondimenti diagnostici.
Iniziamo con un ingrandimento della figura nella zona di nostro interesse [Figura 5g].

Figura 5g. Ulteriore dettaglio dei marchi incisi e di quello incusso nella Figura 5f.
A questo punto non c’è più nessuna ombra di dubbio.
A B 79 e ancora una lettera B sono gli elementi risolutori del nostro caso.
Le iniziali A e B così come in figura si riferiscono senza dubbio alcuno a Alexis-Louis Bernardin (Parigi 22.01.1847-Sèvres 22.01.1901), allievo torniante nel 1859 presso la Manufacture de Porcelaine de Sèvres, torniante occasionale (a richiesta in base all’intensità delle commesse da evadere) a partire dal 1868 e torniante in servizio permanente effettivo dal 25 giugno del 1872; cessa la sua attività il 1° Aprile del 1898 (Chevallier 1980, p. 8).
Il numero 79 sta per 1879 e la lettera B a destra è un ulteriore suggello del Bernardin.
Non abbiamo altri dati di simile portata per i restanti pezzi del servizio, ma a parere di chi scrive, l’intero set è assolutamente omogeneo, potendosi eventualmente discostare soltanto di qualche anno per la realizzazione dei diversi componenti, cosa abituale e di ordinario protocollo nel celebre opificio.
A tal punto, pertanto, è lecito ritenere che pur in presenza di marchi tutti assolutamente apocrifi (quelli che è stato possibile esaminare dalla documentazione fotografica del venditore, così come dallo stesso correttamente avanzato), il servizio possa essere stato prodotto in realtà nella Manifattura di Sèvres sul finire degli anni Settanta dell’Ottocento, alienato dalla stessa in una delle circostanze in precedenza segnalate nel presente contributo, uscito dalla fabbrica rigorosamente in bianco senza decoro e senza marchio alcuno, e sul finire del secolo, finito in altre mani, dipinto e corredato dai marchi oggetto della presente disamina.
Concludiamo la nostra passeggiata tra i falsi ottocenteschi con un manufatto che di Sèvres non ha proprio niente, né corpo ceramico, né dipinture (pertanto), ma corredato ancora una volta da marchi totalmente falsi, un falso totale, insomma [Figura 6].

Figura 6. Tazzina con piattino, dimensioni non note, mercato antiquario.
La tazzina presenta la figura di una nobildonna a mezzo busto in una grande riserva a fondo chiaro contornata in oro su fondo blu cobalto; nel piattino prevalgono decori floreali sempre collocati in riserve bordate da grosse dorature. Poco convincente, direi meglio “per niente convincente”, l’espressione artistica della figura; occupiamoci dello studio dei marchi [Figura 6a].

Figura 6a. Il fondo della tazzina con il nome della nobildonna M.me Duchâtelet e la serie dei marchi applicati, mercato antiquario.
Il nome dipinto in alto è riportato malamente, in realtà si tratta di Émilie du Châtelet (Parigi, 17 dicembre 1706 – Lunéville, 10 settembre 1749), donna di grande cultura (matematica, fisica, letterata) e amante di Voltaire con effigie reale molto distante da quella dipinta sul corpo ceramico.
Quanto ai marchi nessun dubbio: tutti apposti sopra vetrina e tutti rigorosamente falsi, a partire dal solito anacronismo dell’S. 37 in ovale verde perché inesistente (come discusso in questa sede per quell’anno, e impossibile in qualsiasi combinazione temporale) e i restanti palesemente apocrifi; anche sul retro del piattino compare la stessa, identica sequenza dei marchi.
Qualcuno, sul finire del XIX secolo, pensò bene, su un corpo ceramico fabbricato chissà dove, certamente non a Sèvres, di riportare delle espressioni pittoriche di dubbio gusto e di basso livello qualitativo. L’oggetto doveva rappresentare un forte richiamo sul mercato dell’epoca, vista la predisposizione all’acquisto di manufatti di Sèvres (o presunti tali) da parte di tanti acquirenti anche se sprovvisti delle necessarie conoscenze storico-collezionistiche e tale predisposizione era sfruttata dai numerosi falsari in circolazione un po’ in tutta Europa.
A tale proposito occorre segnalare quanto segue.
Quella dei volti o busti di figure nobiliari è una delle iconografie maggiormente diffuse nelle falsificazioni dei manufatti di Sèvres. Sono presenti tutt’oggi sul mercato antiquario, proposti frettolosamente o incautamente come porcellane di Sèvres, numerosi servizi, a volte molto ricchi nel numero dei pezzi e più o meno completi, oppure elementi singoli come nel nostro caso.
La fabbrica di Sèvres ha dedicato ampio spazio a tali soggetti, ma in manufatti caratterizzati dal consueto spirito qualitativo, elevatissimo, tanto nel corpo ceramico quanto nelle dipinture, lasciando poco margine a dubbi attributivi, così come nell’esempio sotto riportato [Figura 7].

Figura 7. Strepitoso insieme, denominato Cabaret des femmes célèbres, formato da quattro pezzi di servizio e otto tazzine con il loro piattino in policromia su fondo verde cromo e oro. Manifattura di Sèvres 1811-1812 (fonte Osenat).
Di eccezionale livello qualitativo, i corpi ceramici furono realizzati nella manifattura parigina ma le dipinture furono commissionate dal direttore Alexandre Brongniart a Madame Marie-Victoire Jaquotot (Parigi 1772-Tolosa 1855) che egli riteneva pittrice su porcellana di grande livello, specializzata in ritratti femminili. La Jaquotot, fu autorizzata a dipingerle nel suo studio, al civico 48, rue de Bondy a Parigi e, solo al termine dell’impresa, i pezzi tornarono nella manifattura per avviarne la destinazione finale, in questo caso, udite, udite, all’Imperatrice Giuseppina di Beauharnais (nota 7).
L’importante servizio, stimato 80.000-100.000 euro, fu battuto presso le aste Osenat (Osenat, Maison de vente aux enchères) a Fontainebleau, lunedì 22 marzo 2021, per 262.500 euro (commissioni incluse), cifra di elevatissima rilevanza commerciale ma ben poca cosa dinanzi alla dimensione storico-antiquariale dello stesso, a mio parere, non quantificabile.
Osserviamone un elemento di dettaglio per cogliere al meglio l’esatta portata dell’opera [Figura 7a].

Figura 7a. Una delle otto tazze del servizio passato in asta Osenat con il ritratto di Madame Des Houlières, Manifattura di Sèvres, 1811-1812.
Detta anche M.me Deshoulières (Parigi 1634 o 38 – Ivi 1694), importante letterata dell’epoca, nacque come Antoinette du Ligier de la Garde e andò in sposa nel 1651 a un distinto funzionario Guillaume de Lafon de Boisguérin, signore des Houlières dal quale prese il nome.
Nella tazza, al di là di piccole sbeccature sul piede cannellato e dorato, si colga l’impeccabile livello qualitativo della dipintura dove tenui contrasti chiaroscurali esaltano tanto le delicate cromie quanto i tratti pittorici dalla prospettica profondità, determinandone un unicum di indicibile bellezza.
Il confronto con il falso presentato in Figura 6 risulta impietoso ma di certo determinante ai fini del nostro dire.
Considerazioni finali
Quanto esaminato nel presente contributo non gode certamente del dono dell’esaustività (potendo altri casi arricchire il panorama dei falsi Sèvres ottocenteschi), tuttavia gli esempi riportati rappresentano la principale chiave di lettura del fenomeno e delle problematiche a esso legate ed è da qui che occorrerebbe partire per estendere i propri orizzonti esplorativi.
Inoltre, tutto quanto possa essere emerso dalle cinque parti costituenti l’intero progetto spero abbia avvicinato il lettore all’insieme delle diverse problematiche legate alle porcellane di Sèvres, senza nessuna pretesa di trasformarlo contestualmente in un esperto, non era certamente questo lo scopo.
Sarebbe troppo pretendere la distinzione immediata tra un Sèvres falso e uno autentico, ma se le parole stese tra le righe del mio lavoro possa averlo incuriosito a tal punto da muoverlo verso progressivi step di ricerca, di approfondimento, che normalmente muovono verso una conoscenza anche critica, beh allora abbiamo colto nel segno.
Quanto ai collezionisti, avvicinandosi a un pezzo di Sèvres o presunto tale, si consiglia sempre molta prudenza non per scoraggiare qualsiasi tentativo di scoperta, ma come recitano Marcelle Bunet e Tamara Préaud alla fine della loro importante opera: “Notre but n’est certainement pas de décourager les amateurs, mais de leur éviter les déconvenues que peut entraîner un examen trop rapide et sans méfiance” (Brunet – Préaud, 1978, p. 340), ossia: “Il nostro scopo non è certamente quello di scoraggiare i collezionisti ma evitare loro le delusioni derivanti da un esame troppo veloce (superficiale) e senza sospetti (poco attento)”.
Parole quanto mai opportune.
NOTE
[1]
Si faccia riferimento all’articolo Le porcellane di Sèvres. Parte prima (marzo 2024) [Leggi], ivi Figura 7.
Per una ottimale lettura del presente contributo si suggerisce, inoltre, di attingere all’intera sequenza delle Figure, dalla 7 alla 9a ivi presentata, con dettagliata sintesi dei marchi e relativi sistemi di apposizione nei quattro decenni che vanno dal 1830 al 1870, e alla quale pertanto si rimanda per ogni confronto e riferimento.
[2] Vedi ancora articolo citato nella nota 1, ivi Figura 7a.
[3] A queste porcellane facenti parte di una particolare e raffinata produzione vascolare di Sèvres, lo scrivente ha dedicato tre articoli: Alcune porcellane di Sèvres alla Corte di Francia, tra feste, balli e “…gelati”… Parte prima (settembre 2020) [Leggi], Parte seconda (aprile 2023) [Leggi], Parte terza (giugno 2023 [Leggi].
[4]
Dagli inizi del XIX secolo sotto la direzione di Alexandre Brongniart furono effettuate ripetute e grandi vendite (les grandes ventes de Brongniart) di pezzi bianchi di scarto, les pièces de rebut (Brunet, 1953, p. 10); (Brunet-Préaud, 1978, pag. 339); il tutto continuò con ripetuti episodi fino al 1880 circa.
Nello specifico i pezzi bianchi, non di scarto, potevano essere venduti generalmente solo se privi di qualsiasi marchio della manifattura; quelli di scarto erano corredati invece dal marchio di fabbrica ma “segnato” rigorosamente dal tipico tratto di incisione (uno o più) effettuato con la mola.
Non è dato sapere, tuttavia, se tali regole siano state sempre rigidamente rispettate o talvolta, magari occasionalmente, anche disattese in fase di vendita.
Da segnalare, inoltre, come pezzi di scarto, o pezzi alquanto semplici senza decoro, venivano ceduti ai decoratori al momento della fine della loro attività artistica presso la manifattura, in altri termini il giorno del pensionamento (Bernard Chevallier, 1980, p. 6).
[5] Non esiste nei repertori della manifattura nessun pittore con tale nome; l’unico Thuillier ivi documentato è Paul Thuillier, montatore-cesellatore di bronzi, attivo tra il 1915 ed il 1935 (Brunet-Préaud, 1978, pag. 381), che ovviamente niente ha a che vedere con l’ipotetico nostro.
[6] Si rimanda all’articolo Alcune porcellane di Sèvres alla Corte di Francia, tra feste, balli e “…gelati”… Parte prima, richiamato nella nota 3, ivi figura 5.
[7] Per un ampio ed interessante arricchimento conoscitivo su tale sevizio e sulla complessità della sua storia, si invita a far riferimento a quanto dettagliatamente riportato sul sito della Maison Osenat e al quale si rimanda [Vedi].
Bibliografia citata (oltre a quella espressamente richiamata)
-Marcelle Brunet, Les marques de Sèvres, G. Le Prat Editeur, Parigi 1953.
-Marcelle Brunet-Tamara Préaud, Sèvres. Des Origines à nos Jours, Office du Livre, Fribourg 1978.
-Bernard Chevallier, Les marques en creux de la porcelaine de Sèvres (1801-1871), Rivista degli Amici svizzeri della ceramica, n. 94, Zurigo 1980.
Giugno 2025
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