Le raffigurazioni di San Donnino

della Redazione di Antiqua

Scherza coi fanti … e lascia stare i santi, ma, qualche volta, proprio non si riesce.
La fantasia di alcuni artisti, non si sa quanto ingenui o quanto semplicemente desiderosi di rendere comprensibile il loro messaggio figurato, si esplica con risultati talvolta grotteschi.
Qui la questione si complica perché il personaggio in questione, Donnino, è stato “fante” prima di essere santificato. È infatti raffigurato spesso in divisa militare con gli attributi che lo contraddistinguono, come vedremo.
In realtà, Donnino era un “cubiculario”, ossia il funzionario imperiale che aveva il compito di custodire la corona imperiale e con questa cingere il capo dell’imperatore, a quell’epoca Massimiano Erculeo, in occasione delle grandi cerimonie.
Fattosi cristiano, Donnino decise di lasciare l’incarico e di fuggire con alcuni compagni di fede, ma fu intercettato dagli uomini dell’imperatore nei pressi di Fidenza e decapitato sulle rive del torrente Stirone. La tradizione vuole che fosse il 9 ottobre del 293 (nota 1).
A Donnino fu dedicata una piccola chiesa subito dopo l’editto costantiniano del 313 che concedeva libertà di culto ai cristiani, cui seguirono edifici e ampliamenti successivi fino all’erezione dell’attuale splendida basilica a Fidenza nel XII secolo per custodire le reliquie del santo martire, divenuto patrono della città. La devozione popolare ne ha poi fatto un santo taumaturgo, quindi assai venerato durante le varie calamità (nota 2).
La sua immagine, tramandata da varie raffigurazioni artistiche lo mostra spesso in costume di militare romano e capocefaro, ossia reggente la propria testa come San Dionigi di Parigi.
Qui lo vediamo ritratto da Francesco Lucchi (nota 3) nel Duomo di Fidenza [Figura 1].

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Figura 1. Lucchi Francesco, San Donnino, olio su tela, 1611 circa, Fidenza, Duomo.

Sicuramente involontario è l’effetto “umoristico” che lo accomuna ad alcuni personaggi della tradizione horror, come il fantasma del giustiziato che se ne va a spasso con la propria testa sottobraccio. Non mancano tuttavia esempi anche nella tradizione “più alta” come il Bertran de Born illustrato da Gustave Doré per il XXVIII canto dell’Inferno dantesco [Figura 2].

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Figura 2. Gustave Dorè, Bertran de Born, illustrazione, Dante Aligieri, Commedia, Inferno, capitolo XXVIII.

Ancora più sconcertante è l’immagine che ne viene data per assonanza al nome.
Guidozzo Cozzarelli (Siena 1450-1517) lo raffigura come un paggio efebico, facendolo sembrare una donna vestita da ragazzo come certe rappresentazioni di Giovanna d’Arco [Figura 3].

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Figura 3. Guidozzo Cozzarelli, San Donnino, già Firenze presso l’antiquario Giovanni Salocchi (Fondazione Zeri).

Qui la testa è saldamente fissata al corpo e il santo regge la palma del martirio come nella prima immagine. Notiamo anche la presenza di due cani, che si collega direttamente alle sue doti taumaturgiche, in particolare contro i morsi dei cani rabbiosi e dei rettili. Il santo regge nella mano destra un oggetto che possiamo interpretato come un calice, tenuto di traverso nell’atto di versare un liquido al quale si abbeverano i due cani; sembra quasi un’immagine blasfema.
Si racconta che Donnino abbia guarito un uomo affetto da idrofobia dandogli da bere acqua e vino, come si vede nel dipinto di Cristoforo Savolini [Figura 4]. Anche in questo caso, il santo regge tra le mani un calice con il quale somministra la pozione miracolosa, qui con più evidenti implicazioni eucaristiche, legate al valore salvifico del sangue di Cristo.

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Figura 4. Savolini Cristoforo (1639-1677), San Donnino cura un idrofobo assistito da S. Carlo Borromeo e Sant’Appollonia, olio su tela, Cesana, chiesa di San Domenico.

Tra le reliquie più preziose che si conservano nel Duomo di Fidenza c’è proprio un calice reliquiario in cui è stato incastonato un dente del santo [Figura 5].

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Figura 5. Anonimo orefice d’ambito renano, calice biansato detto di San Donnino, argento sbalzato, cesellato e dorato, XII secolo, Fidenza, Duomo.

Le due anse sono a forma di rettile con funzione sia ornamentale che simbolica, dal momento che i rettili sono, nell’iconografia medioevale, una rappresentazione del male (come i draghi), sia per sottolineare ancora una volta la capacità del santo di guarire dal morso dei serpenti. Ricordiamo che san Donnino era considerato anche protettore dei viandanti e che Fidenza era una tappa importante lungo la via Francigena.

Ma il culmine di una certa ambiguità sessuale connessa al suo nome proprio è raggiunto da una raffigurazione del santo dipinta ad affresco su un pilone della chiesa di San Michele in Pozzo Bianco a Bergamo che contiene il ciclo di affreschi di Lorenzo Lotto sulla vita di Maria.
L’affresco [Figura 6] è attribuito al poco noto Bartolomeo Cabrini in base alle sigle B.C. collocate accanto alla data 1496 (nota 4).
Lo riferisce Costanza Barbieri nel suo splendido volume sugli affreschi di San Michele (nota 5), la quale commenta che il santo è stato raffigurato “… a causa del suo nome, con aspetto affatto diverso da quello di un legionario romano” (!).

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Figura 6. Bartolomeo Cabrini (?), San Donnino, 1496, affresco, Bergamo, chiesa di San Michele al Pozzo Bianco (foto: Foto: C. Barbieri).

NOTE

[1] L’anno non è certo; altre fonti parlano del 299, altre ancora del 304.

[2] San Donnino di Fidenza non deve essere confuso con un santo e martire omonimo nato a Cesarea in Palestina e vissuto nel IV secolo. Questi era un giovane medico condannato ai lavori forzati per la sua adesione al cristianesimo e relegato nelle miniere di Mismiya per cinque anni, dopo i quali fu arso sul rogo dal prefetto Urbano per aver conservato la sua fede. Viene celebrato dalla Chiesa cattolica il 5 novembre.

[3] Francesco Lucchi, detto “Lo Scartoccino” è nato a Borgo S. Donnino (Fidenza) il 13.11.1583 e morto a metà XVII secolo. È ritenuto allievo del pittore cremonese G.B. Trotti, detto il Malosso, ma si ispirò più probabilmente all’opera di Bernardino Campi, anch’esso celebre pittore dalla scuola cremonese, alla quale il Lucchi parrebbe attingere, sia nell’Ultima cena della Cappella del Santissimo del Duomo di Fidenza (1614) che nella coeva Vergine col Bambino S. Giuseppe e S. Cristoforo della collegiata di Busseto.

[4] Franco Mazzini, in AAVV, Pittori Bergamaschi, Il Quattrocento, Bergamo 1994, vol. II p. 522, scheda 3.

[5] Costanza Barbieri, Specchio di virtù. Il Consorzio della Vergine e gli affreschi di Lorenzo Lotto in San Michele al Pozzo Bianco, Lubrina, Bergamo 2000.

Settembre 2021

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