Mobili intarsiati in stile Luigi XIV: Brescia o Modena (o Rolo)

di Mauro Beltrametti e Andrea Bardelli

Nell’ambito della vasta produzione di mobili intarsiati, impropriamente definiti “lombardo- veneti”, stilisticamente riferibili allo stile Luigi XIV, ma eseguiti durante il XVIII secolo, un posto di riguardo è occupato dagli esemplari bresciani.
L’unico mobile certamente bresciano che si conosce in quanto firmato è stato eseguito in Franciacorta da un artigiano di nome Geronimo Gaia che vi appone la data del 1769, a dimostrazione di come lo stile Luigi XIV si prolunghi di molto nel corso del Settecento [Figura 1, nota 1].

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Figura 1. Geronimo Gaia, cassettone, Brescia 1769, Semenzato febbraio 1989 n. 160.

La prassi antiquariale, alimentata principalmente dall’esperienza sul campo degli antiquari bresciani, ha consentito di identificare come bresciani diversi mobili in base ad alcune caratteristiche morfologiche, decorative e costruttive (nota 2).
Mostriamo alcuni esemplari di cassettoni che si discostano da quello di Figura 1 convergendo su alcuni tratti comuni. Per quanto riguarda la datazione, pur prendendo atto della data relativa al cassettone di Figura 1, preferiamo indicare “prima metà del XVIII secolo” che la dicitura che meglio gli si addice da un punto di vista stilistico.
Il primo esemplare che portiamo all’attenzione può dirsi emblematico [Figura 2]: fronte leggermente convessa, spigoli scantonati, piedi a cipolla, ampio ricorso all’ebanizzatura per evidenziare il bordo del piano, le sagome di base e i piedi; la fronte del cassetto è tripartita con due cartelle laterali convergenti su una centrale, all’interno di una riserva in radica di pioppo (nota 3).

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Figura 2. Cassettone, Brescia, prima metà del XVIII secolo, Il Ponte novembre 1998 n. 88.

Un successivo cassettone si presenta assai simile sia da un punto di vista morfologico, sia decorativo [Figura 3]; si noti la “paletta” retrostante il piede che costituisce una caratteristica frequente nei mobili bresciani di quest’epoca.

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Figura 3. Cassettone, Brescia, prima metà del XVIII secolo, mercato antiquario.

In questo caso, la fronte è pentapartita con una cartella centrale più grande e due semi-cartelle laterali, intercalate da una riserva lastronata in radica di pioppo dove si alloggia il pomello. Quest’ultimo compare nei mobili bresciani con maggior frequenza rispetto alla maniglia di gusto veneto che vediamo nel cassettone di Figura 2.
Anche nel cassettone seguente la fronte è pentapartita [Figura 4], ma la cartella centrale e le due laterali assumono maggiore evidenza rispetto al mobile di Figura 3. Notiamo, inoltre, un nuovo elemento morfologico: la fronte ha un andamento sempre convesso, ma la linea è spezzata.

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Figura 4. Cassettone, Brescia, prima metà del XVIII secolo, Finarte 19-20 marzo 2008 n. 86.

Le stesse caratteristiche si riscontrano anche nei cassettoni a ribalta e in quelli a ribalta con alzata.
Si veda ad esempio una ribalta più volte pubblicata come bresciana, contraddistinta da un’unica grande cartella in radica di pioppo sulla fronte dei cassetti e sulla facciata esterna dell’asse ribaltabile [Figura 5, nota 4], oppure una ribalta che, per quanto riguarda la disposizione dei decori, presenta diverse analogie con il cassettone di Figura 3 [Figura 6].

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Figura 5. Ribalta, Brescia, prima metà del XVIII secolo, già collezione privata.

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Figura 6. Ribalta, Brescia, prima metà del XVIII secolo, mercato antiquario.

In una terza ribalta ritroviamo la fronte pentapartita con andamento linea è spezzata, simile a quella del cassettone di Figura 4.

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Figura 7. Ribalta, Brescia, prima metà del XVIII secolo, mercato antiquario.

Una caratteristica delle ribalte bresciane finora considerate è una fascia “di riposo”, collocata tra il primo cassetto in alto e l’asse ribaltabile, in genere intarsiata, da cui fuoriescono gli elementi estraibili su cui poggia l’asse, una volta aperta, per formare il piano di scrittura.

Lo stesso ruolo predominante della cartella centrale – nell’ambito della ripartizione della fronte e di un decoro molto simile dei cassetti che caratterizza tutti gli esemplari fin qui considerati – si riscontra in due cassettoni, tra loro molto simili, che sono invece da attribuire all’area estense ossia al Ducati di Modena e Reggio, governato tra alterne vicende dalla famiglia d’Este per tutto il XVIII secolo [Figure 8 e 9, nota 5].

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Figura 8. Cassettone, Ducato di Modena Reggio, prima metà del XVIII secolo, Finarte 7 novembre 1988 n. 230 (pubblicato in Lino Vergara, I mobili d’antiquariato, De Vecchi, Milano 1999, p. 61, come lombardo).

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Figura 9. Cassettone, Ducato di Modena Reggio, prima metà del XVIII secolo, Wannenes asta novembre 2019 n. 557 (ivi non classificato).

Non è del tutto semplice ed intuitivo distinguere gli esemplari bresciani da quelli estensi perché l’impostazione del decoro è veramente molto simile. Da un punto di vista morfologico, possiamo dire che nel Bresciano prevale la fronte convessa senza interruzioni per cui la fronte spezzata (vedi Figure 4 e 7) rappresenta un’eccezione laddove, invece, in ambito emiliano pare costituire la regola.
Negli esemplari bresciani prevale il piede tornito a cipolla, mentre in Emilia è di routine il piede a mensola che prosegue, senza soluzione di continuità lungo il fianco.
Notiamo nel mobile di Figura 8 le maniglie pendenti di tipo veneto, consoni all’Emilia, mentre nel mobile di Figura 9 i pomelli sono all’uso lombardo (a meno che non siano stati sostituiti).

Sempre con l’ausilio degli esperti del Museo della Tarsia di Rolo, siamo in grado di restringere la provenienza di alcuni esemplari proprio al comune Rolo, celebre centro di produzione del mobile almeno dal XVIII secolo, all’epoca compreso nel territorio del Ducato di Modena e Reggio (nota 6).
Cominciamo da un cassettone pubblicato da Graziano Manni nel 1993 come proveniente da Bologna o Ferrara [Figura 10].

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Figura 10. Cassettone, Rolo (Re), prima metà del XVIII secolo (G. Manni, Mobili antichi in Emilia-Romagna, Artioli, Modena 1993, p. 131 n. 269).

Si può notare come le cartelle che scandiscono la fronte siano interpretate con una maggiore esuberanza degli intarsi floreali, certamente più ricchi di quelli bresciani, quasi stilizzati, ma anche di quelli estensi (vedi ancora Figure 8 e 9). Inoltre, il piede a mensola si prolunga lungo il fianco, ma è interrotto al centro da un motivo intagliato. Le maniglie sono di gusto veneto.
Proseguiamo con due cassettoni assai simili, attribuibili all’ebanista rolese Giuseppe Preti [Figure 11 e 12].

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Figura 11. Giuseppe Preti (attr.), cassettone, Rolo (Re), Rolo, Museo della tarsia (sito web).

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Figura 12. Giuseppe Preti (attr.), cassettone, Rolo (Re), mercato antiquario.

Ancora una volta, con l’aiuto degli esperti di Rolo è stato possibile attribuire a Rolo, possibilmente a Giuseppe Preti, anche una ribalta transitata sul mercato antiquario come proveniente, più genericamente, dall’area Modena-Reggio [Figura 13]. Anche in questo caso, come nei due precedenti, si ricorre ai pomelli anziché alle maniglie.

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Figura 13. Giuseppe Preti (?), ribalta, Rolo (Re), mercato antiquario.

Sembrano emergere, in contraddittorio con gli equivalenti bresciani, le principali caratteristiche di questi mobili di ambito emiliano (modenese-reggiano): la fronte spezzata e i piedi a mensola.
Per quanto riguarda specificamente i cassettoni a ribalta, un altro elemento che in genere distingue mobili di ambiti diversi è la composizione del cosiddetto “scarabattolo” interno. In questo caso però, troviamo due file sovrapposte di tre tiretti ciascuna sia negli esemplari bresciani, sia in quelli emiliani [Figure 6bis e 13bis].

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Figura 6bis. Scarabattolo della ribalta di Figura 6.

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Figura 13bis. Scarabattolo della ribalta di Figura 13.

Un’ultima considerazione è dedicata alle tecniche di costruzione e ai materiali impiegati.
Mentre Brescia usa sia il pioppo, sia l’abete, talvolta in combinazione, per realizzare la scocca del mobile e le assi dello schienale sono disposte sia in verticale, sia in orizzontale (all’uso veneto), l’ebanisteria emiliana privilegia nettamente il pioppo per la struttura e le assi dello schienale vengono disposte in senso verticale. Condiviso da entrambi e quindi fonte di incertezza attributive è l’uso della radica di pioppo per impiallacciare l’interno di cartelle e riserve.
Ovviamente, quelle indicate per distinguere mobili bresciani ed emiliani sono semplici linee guide destinate ad infrangersi contro le eccezioni che sono frequenti.
Solo per fare un esempio, troviamo mobili bresciani con piedi a mensola, come è il caso del cassettone qui riprodotto [Figura 14] che presenta, tra l’altro, una scansione della fronte dei cassetti diversa da tutte quelle finora considerate.

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Figura 14. Cassettone, Brescia, prima metà del XVIII secolo, collezione privata.

Non possiamo infine trascurare o il caso di mobili ibridi, realizzati in zone che si collocano su un “asse” che collega idealmente Brescia a Modena e Reggio. Ci riferiamo a Cremona, Mantova e Verona che, oltre a produrre mobili con caratteri peculiari, possono prendere prestiti da altre ebanisterie loro prossime.
A riprova della difficoltà di orientarsi con strumenti certi in un terreno così impervio, concludiamo con un cassettone a ribalta passata in asta da Sotheby’s nel dicembre 1996 come mobile di manifattura emiliana e ricomparso l’anno successivo sul mercato antiquario con un’attribuzione a Brescia, che condividiamo [Figura 15]. Si connette infatti in modo diretto, principalmente per la stessa concezione di decoro, proprio al cassettone firmato da Geronimo Gaia da cui siamo partiti.

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Figura 15. Ribalta, Brescia, prima metà del XVIII secolo, collezione privata.

NOTE

[1] Si rimanda all’articolo Cassettone intarsiato firmato Gaia, Brescia 1769 (agosto 2007) [Leggi].

[2] Per un approccio generale, che sconfina anche in altre epoche, si rimanda all’articolo Cassettoni bresciani tra Sei e Settecento [Leggi].

[3] Il mobile è stato pubblicato in Lino Vergara, I mobili d’antiquariato, De Vecchi, Milano 1998 a pagina 60 come bresciano, riprendendo la classificazione operata dalla casa d’aste Il Ponte. Con la stessa identificazione è stato riproposto da Semenzato nel novembre 1999, lotto n. 100.

[4] Andrea Disertori-Anna Maria Necchi Disertori, Il mobile lombardo, De Vecchi, Milano 1992, p. 175.

[5] Dobbiamo questa attribuzione a Gianni Truzzi e Davide Ferretti del Museo della Tarsia di Rolo (Re) che ringraziamo sentitamente.

[6] Sul mobile di Rolo si veda: AAVV, L’arte della tarsia a Rolo, Comune di Rolo, Rolo (Re) 1996 e D. Ferretti-G. Truzzi, L’arte dell’intarsio a Rolo, Comune di Rolo, Rolo (Re) 2009.

Novembre 2023

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