Mobili lombardi attribuiti ai Ravelli. Parte prima

di Andrea Bardelli

Presso l’Ambasciata italiana a Vienna si conservano un cassettone e un secretaire intarsiati (vedi oltre Figure 1 e 5) che il sito del Ministero degli esteri, in una sezione apposita dedicata alle nostre ambasciate, attribuisce agli ebanisti intarsiatori vercellesi Ignazio e Luigi Revelli (sic), padre e figlio (nota 1) con questa motivazione: “questi capolavori di ebanisteria si avvicinano ad esemplari di certa paternità di questi Maestri, come al cassettone conservato a Torino (collezione privata), firmato da Ignazio Revelli e datato 1790 (Papaldo, 1987, p. 108). La provenienza di questi tre mobili è stata individuata, dalle iscrizioni rinvenute sul retro, nel Castello di Moncalieri (Papaldo, 1987, p. 106)”.
La fonte citata è L’ambasciata italiana a Vienna con testi di S. Papaldo e prefazione di G. Nisio. Roma 1987. Non mi è stato possibile consultare la fonte citata e reperire in altro modo il cassettone datato 1790 che comunque non risulta censito nei principali volumi scritti sul mobile piemontese.
Mi riferisco in particolare a Il mobile piemontese del settecento di Roberto Antonetto, il quale cita i due mobili in questione (pubblicando l’immagine del solo cassettone) e li espunge dal catalogo Ravelli ritenendoli appartenenti “… all’area della tarsia lombarda …” (R. Antonetto R., Il mobile piemontese del settecento, Allemandi, Torino 2010, vol. I, p. 328).
Concordo pienamente, ma come essere più precisi?
Per quanto riguarda il cassettone [Figura 1], dal quale iniziamo l’analisi, viene da pensare a un lavoro di Giovanni Maffezzoli, specializzato in intarsi di tipo architettonico (nota 2).

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Figura 1. Cassettone neoclassico, fine XVIII secolo, cm. 125 x 158 x 91, Vienna Ambasciata Italiana, inv. (2014) n. 253.

Tuttavia, la comparsa sul mercato antiquario di un mobile intarsiato con rovine architettonica ci porta in un’altra direzione pur restando nell’ambito del citato Maffezzoli.
Mi riferisco a un cassettone con la medesima scena di architetture intarsiata al centro della fronte [Figura 2], apparso in occasione della Terza Mostra Mercato dell’Antiquariato tenutasi a Palazzo Nervi a Torino nell’aprile del 1985 e presentato come un lavoro firmato dall’ebanista “Pezzani”.

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Figura 2. Tommaso Pezzoni (attr.), cassettone neoclassico, mercato antiquario.

Tornerò subito sulla questione dell’artefice dopo aver segnalato che lo stesso mobile, spogliato delle copri bocchette, giudicate non pertinenti, è ricomparso in asta da Finarte nel 1994 con un’attribuzione proprio a Maffezzoli [Figura 3, nota 3].

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Figura 3. Tommaso Pezzoni (attr.), cassettone neoclassico, Finarte giugno 1994 n. 240.

A parte la fronte intarsiata, questo mobile è del tutto simile a quello dell’Ambasciata di Vienna per quanto riguarda la riquadratura, la disposizione dei lastrone, il profilo chiaro che segna il perimetro della fronte stessa e l’utilizzo di uno spesso piano in marmo. Differiscono solo nei piedi, a tronco di piramide quelle del cassettone viennese, affusolati quelli dell’altro.
Venendo al probabile artefice, si conosce un intarsiatore che si chiama Tommaso Pezzoni, il quale firma un cassettone in stile Impero apparso sul mercato antiquario e ben noto alla critica [Figura 4].

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Figura 4. Tommaso Pezzoni, cassettone Impero, 1820, mercato antiquario. Vi si legge l’iscrizione: MDCCCXX-TOM.PEZZONI-PIACENZA FECIT”.

Questo artefice è stato “scoperto” in occasione del ritrovamento in una casa privata a Vienna (ancora Vienna!) di un cassettone che Leandro Ozzola pubblica nel 1933 sul Bollettino Storico Piacentino in un articolo dal titolo Tommaso Pezzoni intarsiatore di Piacenza (pp. 177-178 con un’illustrazione).
Nel 1984, Louisa Bandera (già citata alla nota 2) scopre a Parma un pendant cfirmato e datato T. Pezzoni 1820 e lo pubblica in un articolo intitolato Un cassettone dell’intarsiatore piacentino Tommaso Pezzoni sul Bollettino storico piacentino del 1984 ritenendo che i due mobili, questo e quello reso noto da Ozzola, siano stati eseguiti entrambi per gli appartamenti dell’ex imperatrice Marie-Louise, divenuta gran duchessa di Parma.
Presumiamo che il cassettone di cui alla Figura 4, presentato al Ghota di Parma dall’antiquario parmigiano Michelotti nel 1995 sia quello pubblicato dalla Bandera (nota 4).
Non sappiamo se l’attribuzione al Pezzani [sic] del cassettone esposto nel 1985 a Torino sia stata suggestionata dall’articolo della Bandera di una anno prima.
Ritengo di no. Penso che il cassettone fosse in realtà firmato Pezzoni e che la firma sia stata letta Pezzani, piuttosto che pensare che l’antiquario, in assenza di firme, abbia pensato di attribuire il mobile al Pezzoni-Pezzani piuttosto che al ben più noto Maffezzoli (nota 5).
Secondo una possibile ricostruzione, poiché nel 1985 il mobile non era stato venduto, è stato riproposto presso Finarte nel 1994, glissando sul particolare della firma (sperando non sia stata eliminata) e puntando sul richiamo di un’attribuzione al Maffezzoli (vedi ancora nota 3).
Per tutto quanto precede, sono propenso ad attribuire a Tommaso Pezzoni il cassettone che si trova a Vienna presso la nostra Ambasciata.

Veniamo ora al secretaire [Figura 5] che trova riscontro in un mobile della stessa tipologia apparso sul mercato con un’attribuzione a Giovanni Maffezzoli [Figura 6], almeno per quanto riguarda le architettura intarsiate sulla facciata esterna dell’anta ribaltabile che sono identiche.

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Figura 5. Ambito di Giovanni Maffezzoli, secretaire neoclassico, inizi XIX secolo, cm. 100 x 45 x 98, Vienna Ambasciata Italiana, inv. (2014) n. 252.

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Figura 6. Giovanni Maffezzoli (attr.), secretaire neoclassico, mercato antiquario (Bartolozzi, Firenze).

Anche l’idea del decoro floreale sulle lesene è la stessa, ma si rilevano altresì notevoli differenze sul piano decorativo che rendono il mobile di Figura 6 eseguito con maggior cura nei dettagli, facendo sì che quest’ultimo si avvicina molto ai mobili che la letteratura più accreditata attribuisce a Maffezzoli.
Mi riferisco, ad esempio, alla fronte del cassetto in alto che riprende il decoro del cassetto sotto il piano di una coppia di cassettoni attribuiti a Maffezzoli da A. Gonzales Palacios e alla sequenza di festoni floreali che separa le due tavole intarsiate, riscontrabile in un altro cassettone che beneficia della stessa autorevole attribuzione (nota 6), nonché, va detto, in numerosi altri mobili neoclassici lombardi in attesa di una paternità certa.
A questo proposito, le due figure intarsiate sulle ante della parte inferiore del secretaire viennese, dall’immagine non meglio decifrabili, si trovano nella stessa posizione e assumono le stesse movenze delle ninfe che compaiono intarsiate in una serie di mobili neoclassici contraddistinti da fauni, ninfe e grifoni [Leggi].
Sono quindi propenso ad attribuire il secretaire presso la nostra Ambasciata a Vienna all’ambito di Giovanni Maffezzoli, probabilmente a qualche suo imitatore attivo nei primi decenni del XIX secolo.

NOTE

[1] Tratto dal sito del Ministero degli esteri dedicato al patrimonio artistico delle ambasciate [Vedi].

[2] Di Giovanni Maffezzoli (1776-1818), allievo di Giuseppe Maggiolini, la critica si è già abbondantemente occupata a partire dallo storico articolo di Luisa Bandera, Giovan Maffezzoli intarsiatore cremonese, pubblicato su Antichità Viva n. 7-8, settembre-ottobre 1964. Manca ancora però su di lui uno studio monografico aggiornato. Sappiamo però di una tesi di laurea magistrale in storia della critica d’arte di Riccardo Arcari, relatore Giuseppe Beretti, che fornisce importanti notizie d’archivio e un catalogo ragionato dell’opera di Maffezzoli.

[3] Che si tratti dello stesso mobile è assai probabile, anche se il confronto può essere effettuato solo sulla base delle immagini a nostra disposizione. Esiste la remota possibilità che si tratti di un gemello è questo avrebbe un certo rilievo ai fini del discorso che segue-.

[4] Notizie su Pezzoni si possono trovare sui volumi dedicati all’Ottocento da Enrico Colle (Il mobile Impero in Italia, Electa, Milano 1998, p. 340 n. 112; Il mobile dell’Ottocento in Italia, Electa, Milano 2007, p. 453), il quale cita l’articolo di Luisa Bandera del 1984, nonché due contributi, rispettivamente di Ludovico Caumont Caimi e di Giuseppe Cirillo, contenuti nel catalogo della mostra Maria Luigia Donna e Sovrana. Una Corte Europea a Parma 1815-1847 (Parma 1982).
Stranamente, Pezzoni non viene citato nel bel volume Il mobile piacentino di Longevi e Pighi (Tipleco, Piacenza 2003).

[5] Entrambi gli antiquari titolari dello stand all’interno della Mostra di Palazzo Nervi dove il cassettone in questione è stato esposto, ossia In Arte di Milano e Febo Antichità di Roma, non sono più in attività ed è stato quindi impossibile fare degli accertamenti.

[6] A. Gonzales Palacios, Il tempio del gusto (Il Granducato di Toscana e gli Stati Settentrionali, Longanesi, Milano 1986, p. 275, testo, ill. n. 636-637).

Ringrazio Manuela Carbone e Claudio Cagliero per i vari confronti sui temi trattati.
Nella seconda parte si parlerà di due cassettoni attribuiti ai Rovelli che si trovano nella Palazzina di caccia di Stupinigi (To).

Novembre 2020

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