Mobili neoclassici napoletani diversamente classificati

della Redazione di Antiqua 

Questo articolo tratta di una tipologia di mobili neoclassici, partendo da alcune errate attribuzioni. Ciò senza alcun intento denigratorio, ma solo a conferma che il mobile napoletano è meno noto di quanto dovrebbe.
Iniziamo da uno scrittoio passato sul mercato antiquario come eseguito da bottega milanese attorno al 1780 [Figura 1].

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Figura 1. Scrittoio neoclassico intarsiato, Napoli, fine XVIII secolo, mercato antiquario.

Il mobile rispecchia una particolare declinazione del neoclassicismo napoletano, con particolare riferimento allo scontorno dei cassetti, dei fianchi e del piano, realizzato con un nastro intarsiato a sottili motivi vegetali su fondo chiaro.
Lo possiamo esemplificare attraverso due mobili correttamente attribuiti all’ambito napoletano [Figure 2 e 3, nota 1].

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Figura 2. Cassettone neoclassico intarsiato, Napoli, fine XVIII secolo, Semenzato febbraio 2001 n. 328.

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Figura 3. Cassettone neoclassico intarsiato, Napoli, fine XVIII secolo, Semenzato ottobre 2004 n. 301.

A parte il nastro intarsiato, possiamo riscontrare il decoro a forma di vaso e il terminale della gamba in metallo dorato, detto sabot alla francese oppure “calzetta”, particolare quest’ultimo che nel mobile lombardo non compare.
Sempre sul mercato è stato presentato come piemontese un comodino [Figura 4] che si deve invece considerare napoletano alla luce del confronto con altri esemplari di sicura origine partenopea di cui forniamo un esempio [Figura 5].

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Figura 4. Comodino neoclassico intarsiato, Napoli, fine XVIII secolo, mercato antiquario.

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Figura 5. Comodino neoclassico intarsiato, Napoli, fine XVIII secolo, collezione privata.

Si noti il medaglione centrale intarsiato con un trionfo di strumenti musicali – tipicamente napoletano – e la stessa impaginazione della fronte, con particolare riferimento all’identica riquadratura, sulla parte alta della lesena, con all’interno l’impiallacciatura a lisca di pesce.
Effettivamente, il mobile piemontese di quest’epoca può condividere con quello napoletano alcuni stilemi tratti dall’ebanisteria Luigi XVI francese, come, ad esempio, la lesena ottenuta abbinando liste parallele di legno chiaro e scuro, che non compare nel comodino di Figura 4, ma che troviamo sia nel comodino di Figura 5, sia nel cassettone di Figura 3.
Sul mercato, si sa, l’errata attribuzione di un mobile a un dato ambito geografico avviene spesso per ignoranza, ma soprattutto per superficialità, poiché l’obiettivo è, prima di tutto, la vendita del mobile.
È meno giustificata quando si verifica nell’ambito di schedature promosse dallo Stato, come nel caso di un cassettone definito “in stile Maggiolini”, attribuito a bottega toscana per il fatto di essere collocato a Reggello nell’area metropolitana di Firenze, presso un ente religioso [Figura 6, nota 2]. Da quanto precede, dovrebbe essere ormai evidente che debba essere attribuito all’ebanisteria napoletana.

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Figura 6. Cassettone neoclassico intarsiato, Napoli, fine XVIII secolo, Reggello (Fi), ente religioso cattolico non identificato.

Lo stesso dicasi per una scrivania che si trova presso la Villa Reale di Monza, anch’essa compresa nel catalogo generale dei Beni Culturali e ivi attribuita a Bottega lombarda [Figura 7, nota 3].

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Figura 7. Scrittoio neoclassico intarsiato, Napoli, fine XVIII secolo, Monza, Villa Reale.

Se resta difficile spiegare come sia potuto finire a Reggello un cassettone napoletano, la presenza di uno scrittoio napoletano nell’appartamento di Umberto I, situato al primo piano dell’ala Sud di Villa Reale a Monza è più facilmente giustificabile.
Infatti, dopo il matrimonio tra Umberto di Savoia e Margherita, celebrato nell’aprile 1868, la coppia si stabilì a Napoli perché vi nascesse l’erede al trono. La scelta fu dettata da motivi politici, al fine di ingraziarsi la popolazione meridionale in gran parte ancora legata alla famiglia Borbone.
Eletto re d’Italia nel 1878, Umberto I fece della Villa Reale di Monza la sua residenza di villeggiatura privilegiata ed è quasi certamente in questa fase che avviene il trasferimento di alcuni mobili da Napoli. Successivamente il sovrano affidò il restauro e l’ammodernamento della Villa all’architetto Achille Majnoni d’Intignano, ma questa fase fu bruscamente interrotta con l’assassinio del re Umberto proprio a Monza, il 29 luglio 1900, per mano dell’anarchico Gaetano Bresci (nota 4).

NOTE

[1] Sul mobile neoclassico napoletano si rimanda all’articolo Il cassettone Luigi XVI a Napoli [Leggi ].

[2] La scheda [Vedi] data il mobile al 1830 su “base stilistica”; anche in questo caso si tratta di un errore perché, se è vero che si continua a produrre mobili neoclassici anche nel XIX secolo, il riferimento stilistico obbligato è al Luigi XVI dell’ultimo quarto del Settecento.

[3] La scheda [Vedi] cade anche in contraddizione per quanto riguarda la cronologia, datando il mobile alla seconda metà del XIX secolo, ma, allo stesso tempo, indicando Giuseppe Maggiolini (1738-1814) come esecutore.

[4] Sono stati consultati i seguenti siti:
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Umberto_I_di_Savoia
https://reggiadimonza.it/storia-della-villa-reale/ .

Novembre 2023

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