Nicola Fenili e il san Francesco di Vivarini

della Redazione di Antiqua

La collezione Cagnola di Gazzada (Va) possiede un dipinto su tavola a fondo oro raffigurante san Francesco [Figura 1], quasi concordemente attribuita ad Antonio Vivarini, proveniente dall’importante raccolta d’arte di Robert J. Nevin, americano, fondatore della sede romana della chiesa episcopale.

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Figura 1. Antonio Vivarini, San Francesco, 1465 circa, tavola cm. 140 x 57, Collezione Cagnola, inv.DI.28 (Foto di Lucia Laita).

Il conte Guido Cagnola effettuò l’acquisto della tavola nella galleria Sangiorgi di Roma, presso la quale venne messa all’asta nel 1907 l’intera collezione Nevin [Figura 2], formatasi nei circa trentanni precedenti (nota 1).

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Figura 2. Copertina del catalogo dell’asta Nevin organizzata dalla galleria Sangiorgi a Roma nel 1907 (Biblioteca Cagnola, segnatura Of 5).

Sul retro della tavola si legge molto chiaramente la scritta PROPRIETA’ DI NICOLA FENILI [Figura 3].

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Figura 3. Retro della tavola con il dettaglio della scritta (Foto di Lucia Laita).

Chi è Nicola Fenili ?
La questione appare del tutto secondaria, e in qualche misura lo è, se non fosse che chiunque abbia affrontato il San Francesco Cagnola si sia posto la stessa domanda senza darsi risposte.
Abbiamo ragione di credere che si tratti di un esponente di un’antica famiglia di origine romana, oggi estinta, che si stabilì a Grottammare (Ap) alla fine del Settecento. Nicola Fenili (1765-1829) era stato inviato nella Diocesi di Fermo come ispettore amministrativo dello Stato Pontificio e aveva scelto Grottammare come residenza.
A Grottammare i Fenili insediarono numerose attività commerciali, a cominciare dalla produzione del cremontartaro per iniziativa dello stesso Nicola, il quale, grazie a un privilegio ottenuto dalla Camera Apostolica nel 1818, aprì con un socio una fabbrica per estrarre il succo di liquirizia.
Il figlio di Nicola, Carlo Fenili (1799-1874), ricoprì varie cariche pubbliche e ottenne il titolo di conte da Vittorio Emanuele II come riconoscimento per aver ospitato nel suo palazzo lo stato maggiore dell’esercito e il ministro Farini nel 1860, anno in cui impiantò una filanda a vapore per la produzione della seta che resterà attiva fino al 1913 (nota 2).
Sappiamo che il reverendo Nevin dal quale siamo partiti aveva effettuato numerosi acquisti per la sua collezione proprio in Umbria, presso i marchesi Ranghiasci Brancaleono di Gubbio e nelle Marche, presso il conte Augusto Caccialupi di Macerata (nota 3).
Quindi la pista marchigiana è del tutto plausibile. Resta da verificare se il Nevin abbia acquistato il San Francesco Cagnola direttamente dai Fenili oppure dai Caccialupi come ipotizza Minardi (nota 4).
Per tutto l’Ottocento i Fenili investono nelle loro attività ed è quindi possibile che abbiano deciso di vendere alcune opere d’arte per finanziarsi. Se ciò è avvenuto attorno al 1860, è anche possibile che il san Francesco sia transitato per la collezione di Augusto Caccialupi (1834-1897) poché Nevin inizia la sua collezione, come già ricordato all’inizio, dopo il 1870. Se invece la transazione è avvenuta più tardi, è probabile che la trattativa per l’acquisto sia avvenuta tra il reverendo e Carlo Fenili.

NOTE

[1] Sulla collezione Nevin e sull’opera in discorso, vedi: Mauro Minardi, Studi sulla collezione Nevin: i dipinti veneti del XIV e XV secolo, in Saggi e memorie di storia dell’arte, vol. 36, Fondazione Cini, Venezia 2012, p. 315-350.

[2] Le notizie sono state tratte dal sito del comune di Grottammare a proposito del Palazzo Fenili (1779) e possono costituire lo spunto per ricerche più approfondite (vedi).

[3] Minardi, op. cit., p. 315.

[4] Minardi, op. cit., p. 332.

Prima pubblicazione: Antiqua.mi, dicembre 2013

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