Scene e personaggi intarsiati sui mobili neoclassici lombardi. Parte II

di Andrea Bardelli

Riprendiamo il discorso iconografico interrotto a settembre 2021 [Leggi], partendo proprio da uno dei mobili che aveva innescato il processo.

Elettra e Oreste
Sul medaglione al centro di un cassettone che si conserva a Villa Monastero a Varenna (Lc) si vede un personaggio femminile che regge un vaso posato su una colonna fatta di blocchi di pietra e, di fronte a lei, un uomo in arme [Figure 1 e 1bis].

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Figura 1 e 2bis. Medaglione intarsiato e cassettone neoclassico lombardo di cui costituisce un particolare, Varenna (Lc), Villa Monastero.

Apparentemente, la donna sembra essersi recata a prendere l’acqua a una fonte, mentre l’uomo compie con la mano destra il gesto dell’admonitor, in genere viene interpretato come un espediente per attrarre l’attenzione degli astanti (nota 1).
La figura femminile, anche se qui resa in modo sbarazzino, ricorda il personaggio ben più triste, raffigurato da Antonio Canova per la stele funeraria di Giovanni Battista Mellerio [Figura, nota 2].

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Figura 2. Antonio Canova, Stele funeraria di Giovanni Battista Mellerio, 1812-13, marmo, Palermo, Museo di Palazzo Ajutamicristo.

Ciò potrebbe far pensare a un soggetto autonomo rispetto alla figura dell’uomo in arme a cui si accompagna, ipotesi suffragata dal fatto che in altri esemplari di mobili neoclassici troviamo la stessa donna raffigurata da sola all’interno di un medaglione [Figura 3], come pure in un rilievo in gesso [Figura 4, nota 3].

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Figura 3. Medaglione tratto da un cassettone neoclassico lombardo di repertorio.

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Figura 4. Medaglione in gesso (uno di una coppia), fine del XVIII secolo, Il Ponte asta 427 n. 2142.

Tuttavia, pensiamo che la donna che regge il vaso e l’uomo in arme – intarsiati sul medaglione al centro della fronte del cassettone da cui siamo partiti – non siano stati accostati casualmente e che la scena riprodotta possa essere quella che vede protagonisti Elettra e Oreste sulla tomba di Agamennone (nota 4).
Il personaggio di Elettra è stato tratteggiato da tutti e tre i più grandi tragediografi greci, Eschilo, Sofocle, Eudipide, ma la scena di cui sopra sembra fare riferimento alla versione offerta del primo nelle Coefore: Elettra, recatasi a portare offerte sulla tomba del padre Agamennone, fatto uccidere dalla madre Clitennestra, incontra il fratello Oreste, da tempo lontano, riconoscendolo dal ricciolo che ha deposto sul sepolcro e dalle impronte dei suoi piedi (nota 5).
Troviamo una scena del tutto simile in un disegno ottocentesco intitolato Elettra e Oreste, probabilmente la copia di un decoro vascolare antico, di cui non è stato possibile reperire la fonte [Figura 5]. In questo caso, come in altre raffigurazioni vascolari (nota 6), Oreste è raffigurato come un pellegrino.

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Figura 5. Elettra e Oreste davanti alla tomba di Agamennone, riproduzione di soggetto vascolare, disegno, XIX secolo, fonte non identificabile.

Lo troviamo in arme, anche se nudo, in un rilievo in pietra, tratto da monumento funerario, che si conserva al Metropolitan di New York [Figura 6].

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Figura 6. Elettra e Oreste davanti alla tomba di Agamennone, pietra, Taranto seconda metà del IV secolo a. C., New York, Metropolitan Museum.

Piace pensare che Canova, nell’ideare la stele funeraria di Giovanni Battista Mellerio, avesse presente questi modelli classici.
La stessa scena, seppure con una configurazione completamente diversa, potrebbe essere riconosciuta in un’incisione di Giovanni Battista Tiepolo [Figura 7] in cui, davanti a una tomba, si vede una donna che regge un vaso appoggiato su una bassa colonna e due uomini, uno dei quali in arme; l’atro potrebbe essere Pilade, l’amico di Oreste che lo aiuta a vendicare il padre uccidendo Clitennestra e l’amante Egisto (nota 7).

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Figura 7. Giovanni Battista Tiepolo, Elettra e Oreste (?), 1785, acquaforte su carta, cm. 13,8 x 17,5, Londra, National Gallery, inv. P 2432.5.

Pirra e Deucalione
L’interpretazione del medaglione intarsiato al centro di un secondo cassettone appare meno complessa. Si vedono due figure nell’atto di lanciare pietre, mentre, alle loro spalle, altre figure emergono dal terreno [Figure 8 e 8bis].

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Figura 8 e 8bis. Medaglione intarsiato e cassettone neoclassico lombardo di cui costituisce un particolare, collezione Maurizio Faustini.

Si tratta della raffigurazione di Pirra e Decaulione, due anziani coniugi rispettivamente figli di due Titani, Epimeteo e il meglio noto Prometeo. Il loro mito è la trasposizione nella cultura greca del diluvio universale di cui sono superstiti. Per rigenerare l’umanità, essi gettano pietre che, toccato il terreno, si tramutano in uomini quelle scagliate da Deucalione, in donne quelle scagliate da Pirra.
Non è stata reperita una fonte iconografica di epoca neoclassica, ma possiamo fornire l’immagine di un’incisione di Virgil Solis (1514-1562) che rappresenta efficacemente la stessa scena intarsiata al centro della fronte del cassettone [Figura 9].

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Figura 9. Virgil Solis, Reparatio generis humani (Pirra e Deucalione), 1563, xilografia.

Nei due ultimi casi che esaminiamo, la trascrizione di una fonte iconografica risulta, invece, puntuale e coeva.

Ganimede
Il medaglione collocato sull’anta di un comodino, talvolta collocato sul fianco di un cassettone, raffigura Ganimede, giovinetto troiano rapito da Zeus in forma di aquila e portato sull’Olimpo per servire da coppiere agli Dei [Figura 10].
L’immagine è tratta abbastanza fedelmente da un’incisione di Antonio Suntach (1744-1828), tratta da Giovanni Battista Mengardi (1738-1796) [Figura 11, nota 8].

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Figura 10. Comodino neoclassico lombardo, Lecco, Teatro della Società.

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Figura 11. A. Suntach (da G. B. Mengardi), Ganimede, acquaforte, cm. 35 x 23 (foglio), Milano, Raccolta Bertarelli.

Ebe
Dea della giovinezza, figlia di Zeus e di Era, aveva un incarico simile a quello di Ganimede, ossia di servire nettare e ambrosia agli Dei dell’Olimpo.
Anche la sua figura è stata incisa da Suntach sulla base di un’invenzione di Mengardi (Figura 12], per poi essere utilizzata come modello per intarsiare medaglioni collocati su mobili neoclassici lombardi come sulle ante di questo secretaire [Figura 13].

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Figura 12. A. Suntach (da G. B. Mengardi), Ebe, acquaforte, cm. 35 x 23 (foglio), Milano, Raccolta Bertarelli.

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Figura 13. Figura 10. Secretaire neoclassico lombardo, collezione privata.

NOTE

[1] Il significato del gesto viene spiegato nel De Pictura di Leon Battista Alberti, pubblicato nel 1540, ma già circolante in forma manoscritta, il quale l’aveva desunto dall’Institutio Oratoria di Quintiliano (XI, 3, 87, 89, 95-95).

[2] La stele di Giovanni Battista Mellerio fu commissionata ad Antonio Canova dal conte Giacomo Mellerio per ricordare lo zio, insieme a quella della propria moglie Elisabetta Castelbarco prematuramente scomparsa, destinate entrambe alla cappella della Villa Il Gernetto di Lesmo (MB). Le due opere, di cui esistono le copie in gesso presso il museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (Tv), sono state asportate negli anni Settanta del Novecento e finite in un museo gestito della Regione Sicilia. Si veda in proposito la bella ricerca della dottoressa Valeria Tantardini intitolata Un profumo, una contessa e una strada a Domodossola … portano ad Antonio Canova, pubblicato il 21.1.2020 sul sito del Museo Canova di Possagno [Leggi].

[3] La figura femminile in gesso che fa da pendant a quella di Figura 4 trova riscontro in uno dei tanti medaglioni raffiguranti le quattro stagioni intarsiati, utilizzati per decorare parti di mobili neoclassici [Figure A e B].

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Figura A. Medaglione in gesso (uno di una coppia), fine del XVIII secolo, Il Ponte asta 427 n. 2142.

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Figura B. Medaglione tratto da un cassettone neoclassico lombardo di repertorio.

Vediamo la stessa figura, isolata da un contesto, in un orologio in marmo apparso in asta a Genova da Wannenes nel maggio 2017, ivi identificata come “allegoria dell’Amor Perduto” [Figura C].

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Figura C. Orologio in marmo con quadrante in porcellana firma Robert & Courvoisier, XIX secolo, Wannenes maggio 2017 n. 828.

[4] Non possiamo sapere se il marmo canoviano abbia potuto costituire una fonte di riferimento per la figura femminile. Se così fosse, dovremmo datare il mobile non prima del 1815 circa.

[5] Massimo Di Marco, Elettra, Treccani, Enciclopedia dei ragazzi (2005).

[6] Ad esempio: il vaso del tipo pelike a figure rosse, proveniente dalla Lucania, 380-370 a. C. (Parigi, Museo del Louvre) [Figura D], oppure il cratere a figure rosse, proveniente da Paestum, 340-330 a. C. (Madrid, Museo Archeologico Nazionale) [Figura E].

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Figura C. Pelike a figure rosse, Lucania, 380-370 a. C., Parigi, Museo del Louvre.

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Figura D. Cratere a figure rosse, Paestum, 340-330 a. C., Madrid, Museo Archeologico Nazionale.

[7] La scheda della National Gallery che accompagna l’incisione di Tiepolo non identifica il soggetto fornendo il titolo di Donna con entrambe le mani su un vaso (Woman with her two hands on a vase).

[8] Da incisioni di Antonio Suntach (o del fratello Giovanni) sono stati tratti i riquadri con episodi della parabola del figliol prodigo, intarsiati sul piano di un tavolino firmato “Giuseppe Maroni, 1790, Milano”. Su Giuseppe Maroni, vedi in questo sito l’articolo Un tavolino neoclassico firmato Giuseppe Maroni (dicembre 2011) [Leggi].

Luglio 2022

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