Una ceramica della ditta Goldscheider e la deportazione di una famiglia di ebrei milanesi

Prefazione a cura della Redazione di Antiqua (segue un contributo di Gianni Giancane sulla manifattura Goldscheider)

L’oggetto che presentiamo è una figura femminile in ceramica della manifattura viennese Goldscheider. Il precario stato di conservazione, caratterizzato da screpolature e rotture, si lega un episodio di violenza di cui è stata vittima una famiglia di ebrei milanesi nel dicembre del 1943.

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Stephan Dakon, bagnante, maiolica, altezza cm. 28, Manifattura Goldscheider 1930 circa, collezione privata.

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Dettagli.

L’episodio è stato riportato da un certo Ciardi, di professione idraulico, il quale era entrato del tutto casualmente in possesso della scultura.
Gli era stata regalata all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso da una signora in età molto avanzata, la quale aveva prestato servizio come domestica per diversi anni presso una famiglia milanese di religione ebraica. La signora ricordava che poco prima del Natale del 1943 un gruppo di uomini, alcuni dei quali in divisa, si erano presentati in casa di questa famiglia di cui non è stato possibile risalire al cognome chiedendo che i suoi membri presenti in casa, i genitori e una figlia, li seguissero. Il capo famiglia, un medico prossimo alla pensione, aveva prima chiesto spiegazioni poi si era opposto fermamente. Ne era nata una rapida colluttazione, a seguito della quale si era rovesciato un tavolino su cui era collocata la scultura della bagnante che, cadendo, si era rotto in diversi punti. A quel punto, forse vedendo la ceramica in pezzi, il dottore e la sua famiglia, resisi conto della loro impotenza, avevano deciso, seppure sgomenti, di sottomettersi.
La domestica aveva avvisato la sera stessa un’altra figlia che non viveva a Milano e che era prontamente rientrata. È stata questa figlia a farle dono della ceramica, o meglio di ciò che ne restava, come ricordo prima di congedarla. Rifugiatasi in Veneto presso suoi parenti, la domestica non aveva avuto più notizie dei suoi datori di lavoro, né della figlia superstite, anche dopo essere tornata a Milano a guerra finita e aver fatto delle ricerche.
Questa, in sintesi, la triste vicenda di cui questo oggetto è stato testimone e che ci viene tramandata.

La manifattura Goldscheider, una complessa ma prestigiosa storia

di Gianni Giancane

Il fondatore
Siegfried Friedrich Goldscheider (Rousínov, Repubblica Ceca, 1845 – Nizza 1897), figlio di Moritz Goldscheider e Giulia Thieben, già commerciante di porcellane di Karlsbad, ambizioso e molto competente in materia, fondò a Vienna nel 1885 una propria manifattura di porcellane e maioliche che prese il nome di Goldscheidersche Porzellan-Manufactur und Majolica-Fabrik [Figura 1]. Affiancò la neonata attività a un laboratorio di pittura a Karlsbad e a una fabbrica di porcellane e ceramiche a Plzeň (Pilsen, in aerea boema nell’ex Cecoslovacchia) (nota 1).

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Figura 1. Siegfried Friedrich Goldscheider (fonte Golscheider.de).

Sull’onda di un immediato successo, determinato dalla produzione di sculture in terracotta policroma (busti, figure orientali, arabi e berberi, murales), fu ribattezzata, soltanto due anni dopo, Erste Wiener Terracottafabrik (Prima fabbrica di terracotta viennese). Vinse premi alle fiere di Eger e Linz, e nel 1888, partecipò alla grande Esposizione mondiale di Barcellona dove fu premiata con medaglia d’argento.
Importante fu il contributo artistico di Arthur Strasser, del quale si presenta un’opera [Figura 2], unitamente ad altri esponenti meno noti ma alquanto validi.

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Figura 2. Arthur Strasser, terracotta a patina scura (fonte Golscheider.de).

In un periodo di eclettismo storicistico furono utilizzati diversi materiali per la produzione dei vari modelli, presentando essi differenze stilistiche anche di grande impatto ma sempre di notevole livello qualitativo.
Questa ricerca di sperimentazioni lo portò intorno al 1890 a brevettare un processo per la realizzazione di manufatti in bronzo; le relative opere, analoghe per tipologia a quelle delle terrecotte, ottennero grandi consensi alle fiere di Lipsia, Dresda e Budapest del 1891.
Mosso da entusiasmo e lungimiranza nell’anno successivo fondò a Parigi una fonderia, fabbrica della quale si interessò il figlio Arthur Goldscheider.
I successi ormai internazionali lo indussero ad un’ulteriore espansione territoriale delle attività con nuove filiali o negozi a Firenze, Lipsia, Berlino [Figura 3].

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Figura 3. Biglietto pubblicitario della Manifattura Golscheider del 1895 (fonte Golscheider.de).

Instancabile ed orgoglioso dei meritati successi, Siegfried Friedrich Goldscheider venne a mancare, prematuramente, nel 1897.
Le nuove generazioni
La scomparsa del suo fondatore avrebbe potuto sancire un duro colpo per la manifattura, cosa che non avvenne affatto, anzi…, ma prima di addentrarci nell’iter seguito dalla stessa negli anni e decenni successivi, vediamo un sintetico quadro genealogico di Friedrich Goldscheider con la sua immediata discendenza e dal quale si evince come ben sette furono i figli che egli ebbe dalla moglie Regine, anche se  non tutti ebbero un ruolo di prosecutori dell’importante attività paterna nel nuovo secolo [Figura 4].

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Figura 4. Quadro genealogico della famiglia Goldscheider.

Privata del suo fondatore, le redini della manifattura furono prese inizialmente dalla vedova Regine Schwarz, insieme al fratello di Friedrich, Alois Goldscheider, ed al figlio quartogenito Walter Goldscheider.
Essi continuarono alacremente le attività ed in un periodo storico che abbracciava l’Art Nouveau con le sfumature tipiche dello Jugendstil tedesco, aprirono le porte dell’opificio ai contributi di giovani artisti formatisi alla Kunstgewerbeschule di Vienna (Scuola di arti applicate), allievi di validi professori ed artisti del periodo quali Josef Hoffmann, Koloman Moser, Michael Powolny e il già citato Arthur Strasser.
I busti orientaleggianti del primo periodo furono affiancati da maschere, personaggi storici, soggetti religiosi e figure femminili, sovente distese, allungate, fluenti, sensualmente espressive e tanto care alla nuova corrente artistica. Ovviamente non mancavano vasi, lampade, suppellettili varie destinate ad un pubblico esigente che intendeva arredare con gusto ed arte le proprie dimore.
Tra i materiali utilizzati comparve anche il marmo che si unì ai più classici e consolidati bronzo e terracotta; l’esaltazione plastica delle figure fu però destinata alla maiolica (con metodi di decorazione che utilizzavano diversi processi di smaltatura) ed ebbe un ruolo determinante nei successi artistici e commerciali.
Il sopraggiungere della guerra determinò, purtroppo, un notevole rallentamento della produttività. Intanto Arthur Goldscheider a Parigi, oltre a vendere i modelli realizzati a Vienna e riproposti nella Ville Lumière in bronzo e marmo, si dedicava altresì alla commercializzazione di manufatti disegnati da altri artisti francesi, realizzati negli stessi materiali ed ai quali aggiunse anche la terracotta. La propensione ad avvicinarsi sempre maggiormente alla “corrente francese” lo porto ad un progressivo allontanamento dalle sue origini (si definiva Éditeur d’Art), sino a rinnegarle quasi del tutto alla fine della Prima guerra mondiale quando preferì chiamare la sua azienda “maison franco-tchèque” con sede in Rue de Paradis.
Nella sua attività privilegiò un maggior coinvolgimento degli artisti nella fase di produzione (ottimizzazione del percorso contributivo tra idea e realizzazione), incrementando le riproduzioni in serie, più economiche ma pur sempre di qualità (nota 2).
Regine Schwarz Goldscheider morì nel 1918 e, due anni dopo la sua scomparsa, accanto a Walter, ormai parte fondante della manifattura, comparve il fratello Marcell Goldscheider che si interessò ben presto della sezione tecnico-artistica lasciando al primo la parte gestionale.
I prodotti realizzati da Walter e Marcell Goldscheider in bronzo e in maiolica (nello specifico una sorta di impasto chiaro a grana media e medio-fine) erano rappresentati da putti e gruppi con animali, figure umane in varie posture, aggraziate, talvolta leggiadre, talvolta diremmo un po’ osé, abbigliate con modelli tipici del periodo, e poi lampade, vasi e altre suppellettili.
L’utilizzo dell’aerografo nella decorazione sottosmalto assunse notevole importanza tecnica e consentì di sfornare opere di elevato livello qualitativo. Diversi artisti disegnarono e/o modellarono opere per la manifattura; su tutti diremmo sicuramente Josef Lorenzl, ma anche Hertha Bucher, Ena Rottenberg, Dina Kuhn, Grete Neuwalder, Herlinger-Schwarz, Karin Jarl.
Nell’ Exposition Internationale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes del 1925 a Parigi il successo fu eclatante.
Nel gennaio del 1928, tuttavia, a seguito di sopraggiunti dissapori tra i due fratelli, in quanto Marcell pretendeva esaltare il livello artistico-espressivo della produzione, mentre Walter era più concretamente interessato alla “risposta dei mercati”, essi decisero di separare le loro strade, il che sancì di fatto la fine del più importante periodo storico della manifattura (nota 3).

Walter Goldscheider
Walter introdusse una nuova linea di produzione, detta “moderna”, atta a sfornare oggetti in linea con le richieste di un pubblico più vasto e non esclusivamente elitario, attento alle nuove esigenze degli ambienti domestici e in linea con i tempi (nel pieno stile dell’Art Deco’).
Oltre ai più tradizionali manufatti furono prodotte opere quali motivi in rilievo, oggetti d’uso quotidiano, suppellettili per arredi, ad opera di Walter Bosse, Benno Geiger e Ida Meisinger.
Del moderno dipartimento divenne responsabile, nel 1932 e fino al 1936, un’importante figura quale Rudolf Knörlein.
Gli anni Trenta videro l’affermarsi della Walter Goldscheider sui mercati internazionali grazie ad altri grandi artisti del periodo, alcuni dei quali già citati, oltre allo stesso Rudolf Knörlein (teste femminili, maschere, busti), come Josef Lorenzl (danzatori, nudi), Kurt Goebel, Adolf Prischl (maschere da parete), Karin Jarl (animali), Klára Herczeg e Stephan Dakon (ballerini, figure umane, maschere).

Il modello 7669
Ed è proprio di Stephan Dakon, la statuina proposta all’attenzione del lettore agli inizi del presente lavoro (nota 4).
Essa si presenta in una delle tante espressioni dell’Art Déco, accovacciata, braccia e tronco unidirezionali e confluenti, sopracciglia distese e sottili, occhi languidamente socchiusi, acconciatura del periodo a capelli ondulati e discretamente cascanti sulle nude spalle.
Alla base compaiono tutti marchi utilizzati dalla manifattura e che vanno così interpretati [Figura 5].

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Figura 5. Marchi sotto la base della Bagnante.

Tra le parole stampate e leggibilissime “Goldscheider” e “Wien” compare un logo con le lettere W ed M, contrapposte sull’asse mediano (barretta orizzontale) della lettera G che le abbraccia; W ed M stanno per Wiener Manufaktur, G ovviamente per Goldscheider.
A sinistra troviamo, incussi nella pasta ceramica, tre numeri in successione verticale (ruotando di circa 90° in senso antiorario l’oggetto): 7669 rappresenta il numero del modello, 15 il numero dell’esemplare in oggetto, 4 il modellatore (nota 5)
Al centro ed in basso compaiono, dipinti, un simbolo grafico accanto ad una N, attribuibili al pittore-decoratore ed incussi in alto a dx, un 8 ed una A (probabilmente) al momento non meglio interpretabili. Chiude il panorama la firma dell’artista Dakon incussa in corsivo nella ceramica.

L’avvento nel Nazismo
Le vicissitudini legate all’incalzare della Seconda Guerra Mondiale sancirono per la Goldscheider un durissimo colpo.
Nel marzo del 1938 il Reich germanico annesse l’Austria e la famiglia Goldscheider, ritenuta ebrea, fu oggetto di azioni antisemite che condussero il 5 maggio del 1938 alla “arianizzazione” della manifattura e l’assegnazione al Dr. Stefan Schwartz del ruolo di amministratore. Walter fu costretto nell’agosto dello stesso anno ad accettare di fatto il “passaggio” della fabbrica ad un acquirente che non fosse di origine ebraica. Dopo varie trattative con alcuni pretendenti e notevoli difficoltà burocratiche, tutte gestite dal Vermögensverkehrsstelle (autorità competente nell’espropriazione forzata dei beni di provenienza semitica) venne individuato Josef Schuster di Monaco quale valida figura affidataria della transazione e nel dicembre del ’38 egli ne divenne proprietario insieme alla sua consorte.
Agli inizi del 1939 Walter e la moglie Lilly emigrarono prima in Inghilterra per trasferirsi poco dopo a Trenton negli Stati Uniti (a Miami viveva il figlio Erwin), dove avviarono la nuova manifattura della American Goldscheider Inc., sfruttando la ormai affermata notorietà del prestigioso marchio anche oltreoceano.
Intanto Schuster, che dal 1942 aveva chiamato la manifattura Wiener Manufaktur Josef Schuster, rimase attivo a Vienna fino al 1944-45.

Dal 1945 ai giorni nostri
Alla fine del conflitto, pur in uno scenario catastrofico, i dipendenti della fabbrica viennese decisero di rilevare l’azienda, istituendone una specie di consorzio; le difficoltà di esercizio erano molteplici e tutti chiedevano il ritorno in patria di Walter, ritorno che avvenne di fatto nel maggio del 1950 insieme alla moglie, mentre il figlio Erwin rimase negli States a gestire la fabbrica americana.
Pur in condizioni alquanto difficili e “tristi” la manifattura cercò di rialzare la testa ma le problematiche tecnico-realizzative ed amministrativo-gestionali (mercati cambiati a seguito delle nuove e prioritarie esigenze di una società postbellica ed ai nuovi ingressi di altre manifatture da differenti aree del pianeta, tipo quella giapponese) resero molto difficile il percorso di ripresa tanto auspicato dalle maestranze.
Nel 1953 avvenne un passaggio di mano alla manifattura Cartens di Fredelsloh (in Sassonia) dove si trasferirono alcuni dei dipendenti viennesi per garantire una necessaria “formazione” in loco presso la nuova azienda la Kunstkeramische Manufaktur Goldscheider GmbH, che avviò formalmente l’attività nel mese di giugno dello stesso anno, per terminarla successivamente nel 1963.
Il 26 aprile del 1954 la Wiener Manufaktur Friedrich Goldscheider chiuse definitivamente i battenti, Walter si ritirò a Rottach in Baviera dove morì nel marzo del 1962.
Nel 1985, dopo oltre vent’anni di oblio, Peter Goldscheider (nipote di Camillo e pronipote di Walter) in occasione del centenario dalla fondazione della Friedrich Goldscheider donò al Museo Storico di Vienna oltre trecento opere originali della fabbrica istituendo un’importante mostra sulla manifattura.
Due anni dopo, nel 1987, sulla scia di un grande successo ottenuto dalla manifestazione, Peter Goldscheider, insieme a Michael Sommer, fondò a Stoob (nell’area più orientale dell’Austria al confine con l’Ungheria) la Goldscheider Keramik GmbH dedita alla riproduzione a tiratura limitata (1000-3000 copie) di capolavori già realizzati nei vari periodi precedenti, destinati ad una clientela elitaria e pertanto dai costi molto elevati; questa produzione riscosse comunque buon successo in tutto il mondo.
Ad essa ne fu affiancata una seconda, basata su opere d’arte contemporanee firmate da notevoli artisti quali Helmuth Leherb, (ma anche l’italiano Wander Bertoni) a tiratura limitatissima.
Infine, una terza linea di produzione vide opere minori senza particolari limiti nella tiratura, oggetti per lo più d’uso destinati ad un pubblico universale, accolti favorevolmente dai mercati e che assicuravano buoni introiti economici.
Ma nel 1994, tuttavia, si registrò un nuovo crollo delle vendite e la manifattura Goldscheider, dopo un secolo di complessa ma sempre prestigiosa attività chiuse per sempre.

NOTE

[1] A Pilsen esisteva già una piccola fabbrica di maioliche, mattoni e refrattari fondata da Moritz Goldscheider e probabilmente se ne interessarono, almeno inizialmente, i due figli di Moritz, Friedrich ed Edward. Dopo il ritorno di Friedrich in Austria, probabilmente a seguito del suo matrimonio con Regine Schwarz nel 1873, se ne occupò Edward. Essa rimase attiva fino al 1892, quando egli si tolse la vita a soli 39 anni a seguito dei modesti successi commerciali e dei numerosi debiti contratti. Peraltro, dopo la scomparsa di Edward, il nome Golscheider non comparve più nelle cronache e/o nei repertori della cittadina boema.

[2] Un altro dei figli di Friedrich, Camillo Goldscheider (del quale non mi è noto il ruolo nell’azienda dopo la morte del padre), nel 1909 manifestò forti dissapori con il resto della famiglia e fondò nella capitale austriaca una propria fabbrica, la Camillo Goldscheider, Friedrich Goldscheider Sohn, intenta alla produzione di sculture in differenti materiali: bronzo, legno, marmo, avorio ai quali aggiunse un materiale innovativo il petrazit, una sorta di composito artificiale che ben si adattava alle plastiche dei modelli raffiguranti gruppi.
Decisamente buono era il livello qualitativo delle opere proposte che gli valse subito una adeguata pubblicità, ma i sopracitati dissensi familiari ed uno stato psicologico tutt’altro che “esaltante”, dovuto ad altre problematiche personali, lo portarono già l’anno successivo a dover chiudere il neonato opificio.

[3] Dopo la separazione da Walter, nella sede di Hasenauerstrasse 16 di sua esclusiva proprietà, Marcell fondò il proprio opificio (15 dipendenti al seguito), la Vereinigten Ateliers für Kunst und Keramik (Ateliers Uniti per l’Arte e la Ceramica), dedito alla realizzazione di figure in maiolica, vasi, lampade. Influenzato dalle idee “parigine” del fratello Arthur e dai motivi della Wiener Werkstätte, produsse anch’egli, soprattutto tra il 1929 ed il 1931 importanti oggetti firmati da valenti firme quali i già citati Hertha Bucher e Rudolf Knoerlein (attivi come già visto nei precedenti sodalizi).
Il periodo non era certo dei migliori (la grande crisi finanziaria del 1929 e anni seguenti) e le scelte verso una produzione non alla portata di tutti, con clientela selezionata, ma ovviamente ristretta, ne condizionarono fortemente i programmi, determinarono una riduzione del personale (nel 1937) e costrinsero Marcell alla chiusura dell’attività nel 1939, anche in concomitanza delle subentrate vicende storico-politiche (annessione dell’Austria alla Germani).
Con la moglie Rosemarie si trasferì in Inghilterra nello Staffordshire dove grazie ad alcune manifatture locali (si appoggiò all’azienda Myott) riavviò una sua produzione, che riscosse presto buon successo, anche negli Stati Uniti; nel 1950 fondò ad Hanley (uno a dei sei aggregati di Stoke-on-Trent nello Staffordshire) la Goldscheider Art Pottery ribattezzata tre anni dopo in Goldscheider (Staffordshire) Pottery, Ltd.
Rimase attivo fino alla metà del decennio quando subentrò un rallentamento significativo del mercato e si ritirò stanco a Worthing (nel sud dell’Inghilterra) dove scomparve il 23 aprile del 1964.

[4] Stephan Dakon nacque a Vienna il 14 Novembre del 1904 ed ivi morì il 27 Febbraio del 1992.
Nella capitale studiò scultura e fece apprendistato presso la fonderia di minerali dell’Arsenale di Vienna dove conobbe Josef Lorenzl che ebbe un ruolo determinante per il suo inserimento presso la Friedrich Goldscheider nel 1924 circa. Divenne presto uno dei nomi più importanti nel panorama dei designer della manifattura. Celebri i suoi lavori ed in particolare le maschere e/o figure realizzate tra gli anni Trenta e Sessanta del Novecento; si pensi come all’atto del passaggio dalla Walter Goldscheider alla Cartens nel 1953 furono trasferiti a quest’ultima numerosi modelli di Dakon con tali soggetti. Dakon lavorò anche per altre manifatture quali le tedesche Hertwig a Katzhütte (in Turingia) e la Goebel ad Oeslau (Alta Franconia).

[5] Nel corso di un’asta della casa d’aste Jart di Praga che si è tenuta in data 22 aprile 2017 è stato presentato un esemplare della Bagnante (Bathing Belle) che consente di apprezzare la figura nella sua integrità [Figura A].

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Figura A. Stephan Dakon, bagnante, maiolica, altezza cm. 28, Manifattura Goldscheider, 1930 circa, Jart, Praga 22.4.2017.

Appendice. Alcuni marchi della manifattura
I marchi utilizzati dalla manifattura sono molteplici e differenti nei vari periodi; cambiano inoltre tanto nella forma strutturale che nei dettagli significativi, anche a seconda dei materiali utilizzati. Oltre a quello già visto nelle Figura 5, utilizzato dal 1922 al 1942 e tralasciando quelli utilizzati in Inghilterra e negli Stati Uniti, ne vengono di seguito presentati degli altri (rimandando alla letteratura specializzata per un quadro esaustivo degli stessi).

Friedrich Goldscheider Erste Wiener Kunst-Terracotta-Fabrik und kunstgewerbliche Ateliers (Prima fabbrica viennese di terrecotte artistiche e botteghe artigiane), Austria, Vienna(fonte museumek.eu)

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1887-1897

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1900-1920

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1942-1945
Dopo l’acquisizione da parte di Joseph Schuster in seguito al processo di arianizzazione (fonte theoldstuff.com) .

Bibliografia e Sitografia
La maggior parte delle notizie riportate nell’articolo è stata tratta da:
Robert E. Dechant – Filipp Goldscheider, Goldscheider. Firmengeschichte und Werkverzeichnis. History of the Company and Catalogue of Works”, Arnoldsche Art Publishers, Stuttgart, 2007.
e ancora dai siti:
goldscheider.de e museumek.eu (qui nelle aree e sezioni dedicate a Goldscheider), fonti alle quali si rimanda per ulteriori approfondimenti.

Gennaio 2023

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