Una curiosa antiporta di Giacomo Ruffoni alle Lacrime di Parnaso (1663), raccolta di poesie per commemorare lo scultore vicentino Girolamo Albanese
di Luca Trevisan

Alcuni anni fa venni invitato a partecipare a un convegno tenutosi presso l’Università di Verona (19 e 20 aprile 2007) sui rapporto tra la letteratura e le arti visive. Il tema, affascinante quanto in realtà di assai vasta portata, mi consentì di avvicinare nella relazione che proposi un opuscolo di componimenti poetici – perlopiù sonetti e canzoni – di vari autori raccolti da Carlo Molini (nobiluomo vicentino in stretto contatto con gli ambienti culturalmente dinamici dell’Accademia Olimpica) e composti all’indomani della morte dello scultore berico Girolamo Albanese, avvenuta il 30 giugno 1660; poesie a questi dedicate per esaltarne il genio e le virtù umane, come il titolo del libro immediatamente provvede a dichiarare: Lacrime di Parnaso in Morte del Signor Girolamo Albanese Insigne Statuario (Vicenza, per Giovita Bottelli, 1663).
Da storico dell’arte evitai fin da subito di affrontare nel mio ragionamento questioni di carattere letterario e di filologia del testo, che esulano dalla mia competenza, per privilegiare semmai un’indagine mirata a comprendere le più dirette problematiche relative all’iniziativa editoriale e i motivi che spinsero alcuni illuminati esponenti dell’aristocrazia cittadina a esaltare l’artista di recente scomparso (cercando ad esempio di intendere in che rapporti essi fossero stati con lo scultore finché costui era in vita e cosa potesse aver motivato l’assunzione del loro impegno).
In quest’ordine, destò fin da subito il mio interesse l’antiporta del volumetto [Figura 1].

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Figura 1. Giacomo Ruffoni, Lacrime di Parnaso, incisione, antiporta delle Lacrime di Parnaso in Morte del Signor Girolamo Albanese Insigne Statuario, Vicenza, per Giovita Bottelli, 1663.

La raffigurazione si presentava particolarmente interessante non solo perché essa costituiva un episodio inedito nell’ambito della produzione del ben noto Giacomo Ruffoni, uno dei più raffinati incisori veneti del Seicento, come ebbi cura di segnalare in alcuni miei contributi che seguirono il convegno, ma anche per l’iconografia curiosa che la contraddistingue.
La scena impalcata nella pregevole incisione mette in evidenza, inquadrato tra due cipressi legati in alto da una fascia su cui campeggia il titolo abbreviato della raccolta (lacrime di parnaso), il monte Parnaso con la fonte Ippocrene generata dal colpo di zoccolo di Pegaso, il quale è raffigurato nell’atto di spiccare il volo. Siamo evidentemente di fronte a una rappresentazione sincretica del monte Parnaso (connesso con il santuario di Delfi e con Apollo, e sul quale si trova, invero, la fonte Castalia) col monte Elicona associato alle Muse, geograficamente distinto dal primo e sul quale, sì, fluisce la fonte Ippocrene originata da Pegaso e consacrata ai poeti: una lettura per così dire integrata che trova nobile fondamento e riferimento, tra le fonti iconografiche, nel Parnaso dipinto da Raffaello alle Stanze Vaticane, e che ben presto finì per consolidarsi a livello di comune percezione e rappresentazione al punto tale che sotto l’aspetto metaforico «l’Elicona e il Parnaso sono stati non solo accostati, ma addirittura sovrapposti e identificati nell’immaginario dei poeti, i quali chiamarono in causa indifferentemente l’uno e l’altro per alludere alla medesima cosa, ossia per indicare il luogo sacro dell’ispirazione poetica. Lo stesso dicasi per le due fonti Castalia e Ippocrene che vengono pure metaforicamente identificate come i due monti» (il punto della situazione sul tema è attentamente affrontato da Giovanni Reale nel volume Raffaello. Il “Parnaso”. Una rilettura ermeneutica dell’affresco con la prima presentazione analitica dei personaggi e dei particolari simbolici, Rusconi, Santarcangelo di Romagna 1999, pp. 12-16 e 97-98: in partic., per il passo citato, p. 15). Si spiega così, pertanto, l’assimilazione che viene proposta anche nell’antiporta della nostra raccolta, ove l’Ippocrene (e non può che trattarsi di questa fonte, riconoscibile dalla presenza creatrice di Pegaso) è fatta sgorgare dal Parnaso, sulla cui identità, e a garanzia della stessa, basti il titolo dell’opuscolo medesimo.

L’autore dell’incisione – Giacomo Ruffoni per l’appunto – è deducibile dalla firma apposta in basso a destra: «J. Ruphonus Sculp.». Allo stesso spetta peraltro, accluso nel volumetto in esame, un pregevole ritratto dello scultore Girolamo Albanese [Figura 2] che costituisce un prezioso documento di carattere iconografico, utile peraltro al fine di conoscere le sembianze dell’artista vicentino.

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Figura 2.  Giacomo Ruffoni, Ritratto di Girolamo Albanese, incisione, in Lacrime di Parnaso in Morte del Signor Girolamo Albanese Insigne Statuario, Vicenza, per Giovita Bottelli, 1663.

Bibliografia (per approfondimenti sul tema)

Luca Trevisan, Segno, parola, immagine. L’eternità di Girolamo Albanese nelle Lacrime di Parnaso (1663): dal verso alle incisioni di Giacomo Ruffoni, in “Paratesto”, 5 (2008), pp. 199-216.

Luca Trevisan, «Non può morire, chi visse per sempre vivere». Appunti intorno alle Lacrime di Parnaso in Morte del Signor Girolamo Albanese Insigne Statuario di Carlo Molini (1663), in L’immagine e la parola. Percorsi tra letteratura e storia dell’arte, a cura di C. Battisti, Verona 2010, pp. 183-230.

Luca Trevisan, Il volto inciso. Il ritratto nella grafica veneta tra Rinascimento e Barocco: episodi di un itinerario, in Il ritratto e l’élite: il volto del potere a Verona dal XV al XVIII secolo, a cura di L. Olivato e A. Zamperini, Rovereto 2012, pp. 91-101.