Un contesto per la Vergine col Bambino e l’Imago Pietatis del Maestro delle nubi a spiga

di Michael Riddick (*)

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(*)
Questo articolo appartiene a una serie di cinque concernenti il Moderno e la sua scuola che Antiqua pubblica in collaborazione con Renbronze.com ( www.renbronze.com ).
Galeazzo Mondella, detto il Moderno, fu il più prolifico produttore di piccoli rilievi in ​​bronzo del Rinascimento. Mentre alcune delle sue produzioni erano evidentemente concepite come opere d’arte indipendenti, altre erano probabilmente destinate a essere raggruppate in una serie. Ulteriori esempi tentavano apparentemente di preservare creazioni da lui concepite originariamente in materiali più preziosi.
Nel corso degli studi, diverse placchette in bonzo attribuite al Moderno sono state invece riassegnate a seguaci o presunti anonimi collaboratori di bottega. Questi artisti sono oggi identificati da pseudonimi come il Maestro delle Fatiche di Ercole, il Maestro di Coriolano, il Maestro dei Tondi di Orfeo e Arione, il Maestro delle nuvole di spighe di grano, il Maestro di Lucrezia e altri.
Sebbene molti di questi pseudonimi siano stati applicati solo negli ultimi decenni, l’identità proposta di questi artisti o la loro possibile riconsiderazione come Moderno è stata poco esplorata a causa dell’assenza di informazioni o ulteriori critiche. Tuttavia, alcune osservazioni possono fornire ragionevoli suggerimenti riguardo al loro contesto o alla paternità, in particolare per quanto riguarda l’opera di Matteo del Nassaro, un incisore di gemme che Giorgio Vasari notò essere stato allievo del Moderno, nonché allievo del contemporaneo veronese Niccolò Avanzi.
Già pubblicato:
Moderno & Artisti Associati. Associazione tra figlio e nipoti di Galeazzo Mondella (marzo 2024) [Leggi].
Prossimi titoli:
Proposta di Matteo del Nassaro come Maestro dei Tondi di Orfeo e Arione
La medaglia della Battaglia di Canne. Un crossover italo-tedesco?
Riavvicinamento al Maestro di Coriolano come Moderno e collaboratore a Roma.

Un contesto per la Vergine col Bambino e l’Imago Pietatis del Maestro delle nubi a spiga
L’insolito appellativo di Maestro delle nubi a spiga, attribuito da Giuseppe e Fiorenza-Vannel Toderi, dipende dal modo caratteristico in cui, sulle placchette realizzate da questo artista, le nuvole erano rese in forma di spighe di grano (nota 1). Quattro opere sono assegnabili a questo autore: una Deposizione dalla Croce e una Sepoltura [Figura 1], una Vergine col Bambino e un’Imago Pietatis (vedi oltre Figure 3 a 4).

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Figura 1. Maestro delle nubi a spiga (da Andrea Mantegna), Deposizione dalla croce (a sinistra), bronzo, Washington, National Gallery of Art, inv. 1957.14.368) e Sepoltura (a destra), bronzo, Firenze, Museo Nazionale del Bargello. Mantova (?), fine del XV secolo.

Si presume che il Maestro delle nubi a spiga sia stato attivo a Mantova, Ferrara, Venezia o Padova; si ritiene soprattutto che la prima testimoni un riferimento dell’artista alle composizioni di Andrea Mantegna. Ad esempio, le placchette concernenti la Deposizione dalla Croce e la Sepoltura riprendono entrambe le stampe mantegnesche dedicate a quegli stessi soggetti [Figura 2] e sembrano essere state concepite come pendant (nota 2); il Maestro delle nubi a spiga ripropone nel rilievo Imago Pietatis anche la figura di San Giovanni che si osserva alla destra della Sepoltura mantegnesca (vedi oltre Figura 4).

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Figura 2. Andrea Mantegna (attribuita), Deposizione dalla croce (a sinistra), 1465 circa, incisione, Art Gallery of New South Wales, inv. 8512; Sepoltura (destra), 1470-1475, Washington, National Gallery of Art, inv. 1986.98.1.

L’afferenza dell’artista all’opera del Moderno è stata ipotizzata soprattutto per quanto riguarda la placchetta che rappresenta la Vergine col Bambino, che sembra proprio evidenziare l’influenza di quell’autore [Figura 3, nota 3].

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Figura 3. Maestro delle nuvole a spiga, Vergine col Bambino, possibilmente Milano o Venezia (?) anni Novanta del XV secolo, Torino, Palazzo Madama, inv. 1113.

Ciò è particolarmente evidente nel trattamento del volto, dei capelli e delle vesti della Vergine. L’Imago Pietatis è molto più ingenua nella realizzazione ma rivela anche una particolare somiglianza con una placchetta che rappresenta il Cristo morto sorretto dalla Vergine e da San Giovanni considerata vicina al Moderno o realizzata nella sua bottega (nota 4). Il suo bordo riprende stilisticamente quello della placchetta della Vergine col Bambino.
L’influenza del Mantegna collega indirettamente questo artista anche al Moderno, dal momento che le prime placchette di questo autore presentano anch’esse una spiccata influenza del Mantegna.
Oltre alla precoce presenza del Moderno a Mantova per tutti gli anni Novanta del Quattrocento, è ragionevole pensare che il Maestro delle nubi a spiga sia stato attivo in quella città anche per la riproduzione delle composizioni del Mantegna.
In realtà, Mantegna era particolarmente severo circa la riproduzione dei suoi disegni, almeno sotto forma di incisioni. Ciò si evince, ad esempio, dal contratto stipulato con l’orafo Gian Marco Cavalli, al quale egli aveva commissionato l’incisione di lastre di rame tratte dai suoi disegni: tutte le sue composizioni e le incisioni dovevano rimanere private e non potevano essere riprodotte senza la sua autorizzazione, pena sanzioni fiscali. Si dice che, in seguito, egli abbia anche assoldato una banda di sgherri per aggredire gli incisori emiliani Simone Ardizoni e Andrea Zoan che avevano copiato i suoi disegni senza autorizzazione (nota 5). Andrea Zoan sembra essere stato allievo del Mantegna, a un certo punto presumibilmente depositario dei suoi disegni e delle lastre di rame tratte da quei disegni. Per questo motivo si può presumere che i committenti del Mantegna (la famiglia Gonzaga o qualcuno vicino ad essa) o Mantegna stesso, abbiano autorizzato la riproduzione su piccola scala dei disegni mantegneschi in quei piccoli rilievi realizzati dal Maestro delle nubi a spiga presumibilmente alla fine del XV secolo mentre Mantegna era ancora in vita.
Un altro possibile indizio sull’attività del Maestro delle nubi a spiga potrebbe essere dedotto dal rilievo che rappresenta l’Imago Pietatis [Figura 4] che è evidentemente un pendant del rilievo della Vergine col Bambino, anche se presenta un diverso trattamento dei bordi con palmette compatte. I bordi sono eseguiti con uno stile apparentemente diverso dalle scene centrali e potrebbero essere stati concepiti da un artista diverso o da un collaboratore.

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Figura 4. Maestro delle nuvole a spiga, Imago Pietatis (particolare), possibilmente Milano o Venezia (?) anni Novanta del XV secolo, Londra, British Museum, inv. 1915,1216.174.

Presumibilmente non discussa è l’iscrizione presente sul rilievo dell’Imago Pietatis che recita:
O DOMINE IESV CRISTE ADORO TE IN CVCE PENDENTEM
o in alternativa,
O DOMINE IESV CRISE ADORO E IN SEPVLCR
La prima iscrizione si riferisce all’inizio di sette preghiere medievali attribuite a San Gregorio; nel corso del Quattrocento, queste sono state associate all’iconografia dell’Imago Pietatis (nota 6).
La seconda iscrizione si riferisce invece alla quarta preghiera della sequenza.
In particolare, i suoi testi rimandano alla meditazione sulla Passione di Cristo della fine del XIV secolo che si trova nelle versioni, stampate o manoscritte, delle Horae (Libri d’Ore) che furono prodotte per tutto il XV secolo e successivamente. Le preghiere devozionali di San Gregorio venivano occasionalmente aggiunte a queste Horae insieme alle devozioni mariane, a seconda dell’intenzione dei proprietari.
Tanto l’Imago Pietatis quanto le devozioni alla Vergine Maria, si ricollegano in modo appropriato alla coppia di placchette pendant del Maestro delle nubi a spiga; secondo Jeremy Warren, questi due rilievi potrebbero essere stati utilizzati per abbellire la legatura (nota 7) di un Libro d’Ore o di un’opera devozionale.
Si potrebbe perfino ipotizzare che il libro per il quale queste raffinate placchette sono state concepite fosse una copia miniata piuttosto costosa corrispondente, peraltro, alla qualità e al valore della committenza.
È peraltro improbabile che le placchette in bronzo siano state esse stesse utilizzate come copertine, in quanto esse riproducono le bugne (preparate separatamente) poste agli angoli che avrebbero dovuto essere utilizzate per fissarle alla legatura. Sembrano invece riprodurre l’impronta di quello che doveva essere un importante originale, forse un’opera realizzata in argento dorato.
Occorre notare anche la scelta della preghiera O Domine Jesu Christe sulla placchetta dell’Imago Pietatis: questa preghiera fu particolarmente diffusa a Milano nell’ultimo quarto del XV secolo, dove le invocazioni devozionali di San Gregorio furono messe in musica con il nome di “mottetti” (nota 8). Oltre che per la devozione personale, queste furono utilizzate anche per impreziosire le funzioni votive che si tenevano nella cappella di corte (nota 9) o che venivano eseguite durante i pasti della nobiltà (nota 10).
Il suo apprezzamento potrebbe essere legato alle prime copie circolanti del Decor Puellarum (nota 11) stampate da Nicolas Jenson a Venezia nel 1471, anche se la sua diffusione popolare è attestata nella pubblicazione della Messa Josquin di Josquin des Prez, stampata da Ottaviano Petrucci nel 1502. In realtà, la “Messa di Prez” era stata concepita per un pubblico femminile e conteneva vari sermoni, preghiere e inni e, in particolare, includeva anche il ciclo di mottetti specificamente articolato in una forma ortografica quasi identica a quella riprodotta sulle placchette:
O Domine iesu christe, adoro te in cruce pendentem
e
O Domine iesu christe, adoro te in sepulchro
Il testo della “Messa di Prez” prosegue poi con diverse devozioni mariane e ribadisce ancora una volta il contesto di queste due placchette e la loro destinazione per simili libri (nota 12).
Sebbene i testi di Josquin siano forse troppo tardivi per essere associati a queste placchette e le dimensioni di queste opere a stampa siano certamente incompatibili con la loro scala, possiamo ipotizzare che la scelta di Prez di utilizzare questo formato ortografico possa essere dovuta alla sua consultazione dei manoscritti cui aveva avuto accesso mentre lavorava a Milano presso la corte degli Sforza (nota 13).
Questo fatto potrebbe far pensare che il Maestro delle nubi a spiga fosse attivo anche a Milano, dove avrebbe potuto riscontrare la crescente popolarità di questo mottetto devozionale e il suo uso da parte di Prez e della corte sforzesca durante l’ultimo decennio del XV secolo.
Il soggetto di queste placchette e il loro uso ipotizzato per un’opera rilegata contenente musica devozionale e preghiere suggerisce che, a commissionarle, sia stata una ricca signora. Ciò coincide anche con l’osservazione di Warren sulle loro dimensioni che sembrano riferirsi a quelle dei libri di preghiere “da cintura” (nota 14): piccoli e lussuosi vademecum devozionali indossati dalle donne che si agganciavano alla cintura intorno alla vita (nota 14). Questo autore conferma l’ipotesi, in particolare per quanto riguarda le bugne insolitamente evidenti che avrebbero contribuito a rinforzare la legatura in pelle utilizzata per formare un’imbracatura annodata grazie alla quale simili libri potevano essere fissati a una cintura [Figura 5].

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Figura 5. Legatura da cintura per un breviario miniato, fine anni Cinquanta del XV secolo, New York, Public Library, inv. MS39.

In alternativa, essi potevano essere sostenuti da sottili catene, come si può osservare in un ritratto di Lady Phillippa Speke del XVI secolo [Figura 6]. I libri di preghiere costituivano una comodità alla moda per la lettura quotidiana che consentivano anche di dimostrare una elevata posizione sociale.

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Figura 6. Ritratto anonimo di Lady Philippa Speke nata Rosewell, 1592, olio su tavola (collezione privata).

Viene spontaneo pensare che la committente dell’opera possa essere stata Beatrice d’Este, della nobile famiglia degli Sforza che, assieme alla sorella Isabella, a Mantova erano entrambe interessate alla moda, al lusso, al mecenatismo, allo status sociale e condividevano la passione per il canto e per gli strumenti musicali (nota 16).
In particolare, Isabella si occupò con grande cura dei pochi libri documentati che sappiamo aver commissionato, enfatizzandone in particolare la qualità e l’aspetto mediante legature di pregio. In un caso conosciuto, essa ha espresso la scelta di far rilegare una copia dell’originale del Petrarca da un maestro non identificato di Mantova invece che da un rilegatore veneziano o fiammingo che le era stato raccomandato (nota 17).
L’importante biblioteca che la nobildonna possedeva testimonia il suo interesse per i libri; essa aveva una insolita moltitudine di manoscritti, anche se, nella sua collezione, la quantità di testi devozionali era relativamente piccola (nota 18). Il suo gusto squisito, il mecenatismo nei confronti di una varietà di artisti e il suo stesso talento come cantante e polistrumentista potevano incoraggiare questa ipotesi invece della sorella Beatrice o di un’amica come Antonia del Balzo, che è nota per aver usato quotidianamente un’Horae miniata ereditata dalla biblioteca di suo padre (nota 19). L’importanza di questi libri e delle loro elaborate legature ha certamente indotto a conservarli e valorizzarli attraverso i calchi in bronzo che oggi troviamo in varie collezioni private e museali.
Rimane anche possibile che i rilievi dell’Imago Pietatis e della Vergine col Bambino, sebbene chiaramente correlati, abbiano costituito due copertine di libri commissionate singolarmente e ciò potrebbe spiegare perché la rifinitura dei loro bordi così come la qualità dell’esecuzione varino leggermente, suggerendo una certa evoluzione artistica del Maestro delle nubi a spiga.
Potremmo sostenere qui l’idea che la Vergine col Bambino sia la più matura delle sue quattro opere conosciute e che essa sia stata forse realizzata dopo aver incontrato il Moderno o avere potuto vedere le opere del maestro.
Da tutte queste riflessioni si può ipotizzare che il Maestro delle nubi a spiga possa essere stato attivo inizialmente a Mantova e successivamente a Milano. Si potrebbe anche ipotizzare che il Maestro abbia operato in prossimità con una figura come Andrea Zoan (detto anche Giovanni Antonio da Brescia), che si pensa sia stato inizialmente attivo a Mantova sotto la guida di Mantegna e che, negli anni successivi, pare non abbia disdegnato di copiare i suoi disegni, per poi essere attivo a Milano a partire dagli anni Novanta del Quattrocento (nota 20).
Le opere conosciute del Maestro delle nubi a spiga, derivate da stampe del Mantegna e la sua produzione di due placchette per legature, forse realizzate a Milano, potrebbero logicamente collegarlo all’orbita di Andrea.
Se il Maestro delle nubi a spiga lavorava con Andrea o lo conosceva, si potrebbe anche associare Andrea a Giovanni Pietro da Birago, il miniaturista di corte degli Sforza, le cui produzioni di pregio richiedevano legature eccezionali. I putti alati e il Cristo bambino raffigurati nella placchetta della Vergine col Bambino richiamano in particolare la tipologia delle invenzioni del suddetto Giovanni Pietro, compresi forse anche i bordi ornati di ispirazione miniaturistica presenti su questa e su quella dell’Imago Pietatis. Nella configurazione della Vergine col Bambino si riscontra anche una leggera influenza leonardesca, che ricorda le opere dei suoi allievi come Marco d’Oggiono o Giovanni Pietro Rizzoli, detto il Giampietrino.
La possibile influenza del Moderno su questa placchetta, se realizzata a Milano, potrebbe ancora una volta dare credito ai suggerimenti di Paola Venturelli sulla possibile attività di questo Autore a Milano in alcuni momenti della sua carriera (nota 21).
Mentre le suddette  proposte circa i luoghi di attività del Maestro delle nubi a spiga rimangono speculative, anche se particolarmente attendibili, il recente suggerimento di un’origine veneziana da parte di Warren (nota 22) e l’ipotesi, a lungo sostenuta, di un’origine a Padova non possono essere escluse; altrettanto dicasi per l’ipotesi proposta da Francesco Rossi di una possibile coincidenza con il fonditore padovano di campane, Pietro Di Gaspare detto Pietro delle Campane, che rimane comunque interessante (nota 23).

NOTE

[1] Giuseppe and Fiorenza-Vannel Toderi (1996): Placchette Secoli XV-XVIII nel Museo Nazionale del Bargello, Firenze, no. 250, p. 138.

[2] Vedi, per esempio, le due placchette fuse insieme, conservate a Torino nelle collezioni di Palazzo Madama, inv. 1154.

[3] Ernst Bange suggerì per primo l’ambito dell’artista verso il Moderno, mentre John Pope-Hennessey considerava la possibilità di una loro esecuzione da parte del Moderno medesimo. Vedi: Ernst Bange (1922): Die Italienischen Bronzen der Renaissance und des Barock, Zweiter Teil: Reliefs und Plaketten, Berlino e Lipsia, n. 518, p.71; John Pope-Hennessy (1965), Renaissance Bronzes from the Samuel H. Kress Collection. Reliefs, Plaquettes, Statuettes, utensils and mortars, Londra 1965, no. 316, p. 90.

[4] Douglas Lewis (1989): The Plaquettes of ‘Moderno’ and His Followers in Studies in The History of Art, vol. 22, National Gallery of Art, Washington, pp. 105-41. Vedi la placchetta conservata a Washington presso la stessa National Gallery of Art, inv. 1957.14.369.

[5] Keith Christiansen (2009): The Genius of Andrea Mantegna, Metropolitan Museum of Art and Yale University Press, New York, pp. 48-51.

[6] Kathryn Rudy (2017): The Mass of St Gregory, the Man of Sorrows, and Prayers for the Arma Christi in Rubrics, Images and Indulgences in late Medieval Netherlandish Manuscripts, Brill, pp. 101-36.

[7] Jeremy Warren (2014): Medieval and Renaissance Sculpture in the Ashmolean Museum, Vol. 3: Plaquettes. Ashmolean Museum Publications, UK, n. 380, pp. 918-19.

[8] Warren Drake (1997): A New Source for the Text of Josquin’s Passion Motet Cycle O Domine Jesu Christe in Journal of Music Research n. 13, pp. 35-46.

[9] Howard Mayer Brown (2018): Mirror of Man’s Salvation in Renaissance Quarterly n. 43, Cambridge University Press, pp. 756-57.

[10] Anthony Cummings (1981): Towards an interpretation of the sixteenth-century motet in Journal of the American Musicological Society n. 34, pp. 43-59.

[11] Francesco Trevisan (attr.): Questa sia una opera la quale si chiama decor puellarum zoe honore de le donzelle: la quale da regola forma e modo al stato de le honeste donzelle: [D]ilectissime fiole in Christo Iesu, Nicolas Jenson, Venice 1471.

[12] Il popolare “O Domine Jesu Christe” di Prez è successivamente ospitato nella raccolta di mottetti di vari compositori pubblicata da Petrucci del 1503 (Motetti de passione de cruce de sacramento de beata virgine et huiusmodi B), attestando la sua popolarità in questo momento.

[13] Si veda, ad esempio l’analisi di Julie Cumming delle fonti manoscritte relative alla pubblicazione di Ottaviano Petrucci del 1503 (Motetti de passione de cruce de sacramento de beata virgine et huiusmodi B), all’interno della quale è stampato il mottetto “O Domine Jesu Christe” di Josquin Prez in Julie Cumming (2010): Petrucci’s Publics for the First Motet Prints in Making Publics in Early Modern Europe: People, Things, Forms of Knowledge, Routlledge pp. 96-122. Per quanto riguarda l’impiego di Josquin presso gli Sforza, vedi Lora Matthews and Paul Merkley (1994): Josquin Desprez and his Milanese Patrons in The Journal of Musicology, vol. 12, n. 4, pp. 434-63.

[14] J. Warren (2014): op. cit.(note 7).

[15] Hugh Tait (1985): The Girdle-Prayerbook or Tablet: An Important Class of Renaissance Jewelry at the Court of Henry VIII in Jewellery Studies, 2, pp. 29-57.

[16] Sara Jacomien van Dijk (2015): Beauty Adorns Virtue. Dress in portraits of women by Leonardo da Vinci, PhD thesis, Universiteit Leiden. See chapter 4, pp. 109-37.

[17] Giuseppe Campori (1872): Notizie dei miniatori dei principi estensi, Tipografia Carlo Vincenzi, Modena, pp. 18-19.

[18] Brian Richardson (2012): Isabella d’Este and the Social Uses of Books in La Bibliofilia, vol. 114, no. 3, pp. 293-326.

[19] D.S. Chambers (2007): A Condottiere and his Books: Gianfrancesco Gonzaga (1446-96) in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, vol. 70, pp. 33-97 (vedi p. 83).

[20] Devon Maker (2016): Printing Beyond Boundaries: The Use of Northern Prints in Renaissance Milan in Athanor XXXIV, pp. 25-31.

[21] Paola Venturelli (1999): Leonardo e i leonardeschi: temi di arte applicate, Marsilio, Venezia.

[22] Vedi J. Warren (2014): op. cit. (nota 7). Warren commenta la possibile modalità veneziana dei bordi presenti sui rilievi della Vergine col Bambino e dell’Imago Pietatis del “Maestro delle nubi a spiga”, e si può ulteriormente pensare a un’origine veneziana se si ipotizza che la caratteristica del testo delle placchette dell’Imago Pietatis non abbia nulla a che fare con il loro sviluppo in mottetti a Milano, ma sia semplicemente volta a riprodurre la preghiera di San Gregorio presente nell’edizione del 1471 del Décor Puellarum pubblicata a Venezia e presumibilmente utilizzata per un’Horae rilegata in quella città.

[23] Francesco Rossi (2011): La Collezione Mario Scaglia. Placchette, Vol. I-III. Lubrina Editore, Bergamo, III.3-5.

Aprile 2024
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Ringraziamo il prof. Alessandro Ubertazzi per la sua versione dall’inglese.