Aggiunte al catalogo dei Ravelli, ebanisti e intarsiatori vercellesi tra Sette e Ottocento

della Redazione di Antiqua 

Ignazio Ravelli (1736-1856) e il figlio Luigi (1776-1858) sono due ebanisti e intarsiatori attivi a Vercelli di cui abbiamo parlato sporadicamente in vari contributi (nota 1).
Essi godono di una letteratura abbastanza ampia (nota 2) per cui, in questa sede, abbiamo pensato di limitarci a registrare alcune aggiunte al loro catalogo dopo che sono stati reperiti o sono comparsi sul mercato alcuni mobili e oggetti a loro riferiti.
La prima segnalazione riguarda una coppia di armadi da sacrestia di cui abbiamo notizia da una scheda dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) del Ministero dei Beni Culturali, redatta nel 1979 e informatizzata nel 2006. I due mobili, proprietà di un ente religioso cattolico in provincia di Vercelli, sarebbero stati eseguiti nel 1793 da Ignazio Revelli [sic] e pagati 558 lire, come risulta da un documento proveniente dall’archivio di una Confraternita [Figura 1].

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Figura 1. Ignazio Ravelli, armadio da sacrestia (uno di una coppia), 1793, massello di noce con intarsi e intagli, cm. 182 x 135 x 349 (altezza), provincia di Vercelli, ente religioso (fonte: ICCD n. 16324).

Ciascuno di essi è un doppio corpo eseguito in legno di noce con profili intarsiati che incorniciano le sei ante e parti intagliate sulla cimasa (due angeli in uno, due fiamme nell’altro). Lo stile risente della produzione piemontese di epoca barocca, come spesso accade negli arredi ecclesiastici che hanno, in genere, un carattere ritardatario; solo l’intarsio “alla greca” in fascia continua prelude a quella che sarà la loro produzione più tipica.
Di questa produzione è un esempio il cassettone che abbiamo trovato sempre in una scheda dell’ICCD (redatta nel 1974, informatizzata nel 2007), collocato anch’esso presso un ente religioso cattolico nel comune di Graglia in provincia di Biella in Piemonte e attribuito a Ignazio Revelli [sic] [Figura 2].

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Figura 2. Ignazio Ravelli (attr.), cassettone intarsiato, fine del XVIII secolo, massello di noce con intarsi e intagli, cm. 93 x 53 x 131 (altezza), Graglia (Bi), ente religioso (fonte: ICCD n. 05726).

La forma mezzaluna contraddistingue la maggior parte dei mobili dei Ravelli, così come sono elementi caratterizzanti l’intarsio con paesaggi architettonici all’interno di riserve ovali e la profilatura “alla greca”.
La ritroviamo in alcuni cassettoni comparsi dopo la pubblicazione del volume di Antonetto del 2010 (vedi alla nota 2).
Il primo è stato esposto come inedito, con attribuzione ad entrambi gli ebanisti, nella mostra Genio e Maestria tenutasi presso la reggia di Venaria Reale nel 2018 (catalogo n. 67), per essere poi proposto in asta da Pandolfini nel 2019. Le immagini di dettaglio consentono di apprezzare il cromatismo dei mobili dei Ravelli, oltre al particolare dei cassetti interni [Figure 3, 3a, 3b-c].

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Figure 3, 3a, 3b-c. Ignazio e Luigi Ravelli (attr.), cassettone intarsiato, fine del XVIII secolo, cm. 96 x 56 x 117 (altezza), collezione privata, mostra Genio e maestria (catalogo n. 67); Pandolfini 12 novembre 2019 n. 7.

Si noti come la forma a mezzaluna, il modello a vanteaux con i cassetti celati dall’anta, la disposizione della lastronatura e il largo dentello che interrompe la fascia di base rispondano al gusto Lugi XVI francese che doveva essere apprezzato presso la corte sabauda di cui i Ravelli erano fornitori ufficiali.

Un secondo cassettone attribuito a Luigi Ravelli, proveniente dalla Villa Pogliaghi-Besozzi di Laveno Mombello (Va), è stato proposto dalla casa d’aste vercellese Meeting Art nel maggio 2022 [Figura 4].

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Figura 4. Luigi Ravelli (attr.), cassettone intarsiato, fine XVIII inizi XIX secolo, Meeting Art 14 maggio 2022 n. 90.

Il terzo, pur presentando la forma demi-lune cara ai Ravelli, è veramente insolito per il tipo di decorazione che, in genere, non si riscontra nella loro produzione [Figura 5].

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Figura 5. Ignazio Ravelli (attr.), cassettone intarsiato, 1800-1815 circa, cm. 94,5 x 55 x 131,5 (altezza) (fonte InOpera, Milano).

Proviene da Villa Pellico a Moncalieri (To) (nota 3) ed è probabile che il cromatismo scuro, conferito dalla lastronatura in ebano rosso (noto anche come granatiglia), sia un omaggio allo stile Impero nonostante la forma sia tipicamente Luigi XVI.
Che la realizzazione del mobile spetti a Ravelli – citiamo testualmente dalla scheda tratta dal sito InOpera.eu – “… lo suggeriscono le modalità costruttive del mobile, ma soprattutto la tecnica con la quale gli intarsi sono realizzati, caratterizzata da tessere tagliate con precisione nel caldo bosso dalla Valsesia, e ombreggiature scure e profonde come quelle ricorrenti nelle più consuete tarsie con prospettive architettoniche del maestro di Vercelli”.
È molto importante poter riconoscere un artefice dalle tecniche costruttive e dalle essenze lignee impiegate, soprattutto in presenza di un mobile desueto per i Ravelli. Ciò consente di allargare la gamma di soluzioni nell’ambito di una produzione che appare piuttosto monocorde, costituendo un termine di riferimento per l’identificazione di altri esemplari “fuori serie”.

Per chiudere con i cassettoni, vorremmo segnalare un articolo di James Yorke intitolato A signed and dated commode by Ignazio Ravello, (Yorke 2004, pp. 73-82), che rivela come il mobile che si conserva presso il Victoria and Albert Museum di Londra, attribuito nel 2010 da Antonetto a Ignazio o a Luigi Ravelli, sia in realtà firmato da Ignazio [Figure 6 e 6bis, nota 4].

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Figure 6 e 6bis. Ignazio Ravelli, cassettone intarsiato, 1786, cm. 95,5 x 50,5 x 100,5 (altezza), Londra, Victoria and Albert Museum (VAM), inv. 6813-1860; l’immagine della firma è tratta da Yorke 2004, p. 78 Figura 1.

Facendo riferimento alle date, sorprende il confronto tra la commode del VAM datata 1786, perfettamente neoclassica, e il mobile da sacrestia di Figura 1 eseguito in stile decisamente arcaico nel 1793.

Passiamo ora a considerare i pannelli intarsiati con architetture, un’altra produzione caratteristica di Ignazio, ma soprattutto di Luigi Ravelli.
Proveniente dalla stessa Villa Pogliaghi-Besozzi, sempre la vercellese casa d’aste Meeting Art ha battuto nella stessa sessione del 14 maggio 2022 un pannello raffigurante “una prospettiva con grande ponte e architetture …” attribuendolo a Ignazio Ravelli [Figura 7].

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Figura 7. Ignazio Ravelli (attr.), pannello intarsiato, fine del XVIII secolo, cm. 41,5 x 55,5, Meeting Art, 14 maggio 2022 n. 89 (cornice non coeva).

Come riportato nella didascalia in catalogo, il soggetto è tratto da un’incisione del 1776 contenuta nel volume Caprici di scene teatrali di Vincenzo Mazzi, di cui si hanno notizie dal 1748 al 1790 [Figura 8]. La derivazione degli intarsi dei Ravelli dalle incisioni di Vincenzo Mazzi, così come di altri incisori come Giovanni Battista Piranesi (1720-1778) è nota alla critica.

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Figura 8. Vincenzo Mazzi, Paesaggio architettonico con ponti, 1776, acquaforte, cm. 222 x 27,7, in Caprici di scene teatrali.

Assai interessante è un tavolo da centro passato in asta da Sotheby’s nel novembre 2004 con un’attribuzione all’ebanista Gabriele Capello detto Moncalvo (1823-1873), probabilmente su disegno dell’architetto Pelagio Pelagi (1775-1860), per il quale si ipotizza un intervento di Luigi Ravelli per l’esecuzione dell’intarsio architettonico al centro del piano [Figure 9 e 9bis].

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Figure 9 e 9bis. Gabriele Capello e Luigi Ravelli (su disegno di Pelagio Pelagi) (attr.), tavolo intarsiato, altezza cm. 77, secondo quarto del XIX secolo, Sotheby’s 6 novembre 2004 n. 138.

Infine, mostriamo un oggetto passato in asta da Cambi: un quadretto intagliato con una scena di Crocifissione. Purtroppo, il catalogo non è stato rintracciato e dobbiamo basarci su una nota a corredo dell’immagine in cui l’oggetto viene attribuito a Luigi Ravelli. La presunta paternità di Luigi Ravelli è stata probabilmente desunta da alcuni ritagli incollati sul retro che, per altro, si riferiscono a Ignazio [Figure 10 e 10bis].

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Figure 10 e 10bis. Luigi Ravelli (attr.) (?), Crocifissione, cambi asta 321 n. 355.

Si parla, infatti di una mostra degli intarsi del Ravelli [Ignazio] tenutasi in occasione di un’Esposizione d’Arte e Mostra d’Oreficeria, verosimilmente a Vercelli in epoca imprecisata, e Luigi viene citato solo alla fine.
Poiché l’oggetto non è particolarmente raffinato, se non per la cornice traforata, ammesso che sia effettivamente riconducibile ai Ravelli, lo si può considerare una sorta di esercizio, eseguito a scopo devozionale, forse un omaggio agli antenati valsesiani che erano scultori (nota 5).

NOTE

[1] In particolare, si vedano gli articoli Mobili intarsiati “a paesini” (giugno 2019) [Leggi], Mobili lombardi attribuiti ai Ravelli. Parte I (novembre 2020) [Leggi], Mobili lombardi attribuiti ai Ravelli. Parte II (aprile 2021) [Leggi], Mobili di Rolo attribuiti al Piemonte (giugno 2023) [Leggi].

[2] Ci si riferisce, in particolare al volume pubblicato da Antonetto nel 2010 – preceduto da quello del 1985 che conteneva alcune attribuzioni non esatte che sono state corrette – e si rimanda alla bibliografia ivi citata.

[3] Già Villa dei conti di Barolo, attualmente di proprietà Lanza di Trabia, è nota come Villa Pellico perché Silvio Pellico, ospite di Giulia di Barolo, vi compose Le mie prigioni, iniziato nel 1831 e pubblicato a Torino presso Giuseppe Bocca nel 1832.

[4] Si legge chiaramente la scritta “Ignazio Ravello di Vercelli Lano 1786” inducendo Yorke a chiamare l’ebanista Ravello e non Ravelli. Se è pur vero che Ignazio si firma spesso Ravello, mentre Luigi si firma Ravelli, ci uniformiamo all’adozione di Ravelli per entrambi sancita da Antonetto.
Per un caso simile, si rimanda all’articolo Antonio e Luigi Mascarone (o Mascaroni) ebanisti neoclassici (marzo 2023) [Leggi].

[5] Roberto Antonetto ricorda un Gaudenzio Ravelli, nato a Varallo Sesia (Vc) nel 1560 e attivo all’inizio del XVII secolo insieme al figlio Bartolomeo. Il nipote Giovanni si trasferisce a Vercelli nel 1634 e i suoi discendenti Ignazio e Michelangelocontinuarono l’arte dell’intaglio su arredi sacri e profani” (Antonetto 2010, p. 316).

Bibliografia citata
-R. Antonetto, Minusieri ed ebanisti in Piemonte, Daniela Piazza 1985.
-R. Antonetto, Il mobile piemontese nel Settecento, Allemandi, Torino 2010.
-J. Yorke, A signed and dated commode by Ignazio Ravello, Furniture History, vol. 40, The Furniture History Scociety, 2004.
-Genio e Maestria. Mobili ed ebanisti alla corte sabauda tra Settecento e Ottocento, Allemandi, Torino 2018.

Ottobre 2023

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